Ordinanza n. 439/98

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ORDINANZA N. 439

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 43, comma 2, del codice di procedura penale, promossi con n. 4 ordinanze emesse il 20 febbraio, il 16, il 26 ed il 23 marzo 1998 del Tribunale per i minorenni di Messina, rispettivamente iscritte ai n. 299, 366, 435 e 489 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 18, 22, 25 e 27, prima serie speciale, dell’anno 1998.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

  Udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1998 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che con quattro ordinanze dal medesimo contenuto - emesse rispettivamente il 20 febbraio 1998 (reg. ord. n. 299 del 1998), il 16 marzo 1998 (reg. ord. n. 366 del 1998), il 26 marzo 1998 (reg. ord. n. 435 del 1998) ed il 23 marzo 1998 (reg. ord. n. 489 del 1998) - nel corso di altrettanti dibattimenti penali, il Tribunale per i minorenni di Messina ha sollevato, in riferimento all'art. 25 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 43, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che la rimessione del procedimento ad altro ufficio giudiziario, nel caso in cui non sia possibile la sostituzione del giudice astenuto o ricusato, sia del tutto eccezionale e non esclude che tale rimessione possa essere sistematica e si verifichi in tutti i processi nei quali si siano determinate incompatibilità a seguito di provvedimenti relativi a misure cautelari personali;

che la disposizione denunciata, dopo aver previsto che il giudice astenuto o ricusato é sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario (comma 1), stabilisce che, qualora tale sostituzione non sia possibile, il procedimento sia rimesso al giudice egualmente competente per materia che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello individuato in base all’art. 11 dello stesso codice (comma 2);

che a seguito della estensione del regime delle incompatibilità del giudice per effetto di dichiarazioni di illegittimità costituzionale dell’art. 34 cod. proc. pen. (sentenze n. 131 del 1996 e n. 311 del 1997), il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria ha rimesso a quello di Messina numerosi procedimenti penali, con imputazioni di rilevante gravità, ciò che contrasterebbe con il principio del giudice naturale (art. 25 della Costituzione), giacchè l’imputato minorenne verrebbe giudicato fuori dal proprio contesto socio-culturale; mentre, sotto altro profilo, l’imputato potrebbe scegliere il giudice che ritenga più vantaggioso, chiedendo strumentalmente il riesame delle misure cautelari per determinare l’incompatibilità e, quindi, le condizioni per lo spostamento del processo;

che la disposizione denunciata é diretta a far fronte, mediante la rimessione del processo, a situazioni eccezionali; questo istituto sarebbe stato applicato impropriamente nei casi sottoposti all’esame del giudice rimettente, giacchè i processi avrebbero potuto essere celebrati dal Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, originariamente competente per territorio, integrando il collegio con un giudice applicato o supplente, con una sostituzione che il Presidente della Corte d’appello di Reggio Calabria avrebbe, invece, immotivatamente ritenuto impossibile;

che in tutti i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

Considerato che le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale per i minorenni di Messina investono, tutte, l’art. 43, comma 2, del codice di procedura penale ed hanno identico contenuto, sicchè possono essere decise con unica pronuncia;

che l’istituto della rimessione del procedimento ad altro ufficio giudiziario, predeterminato con criteri obiettivi, quando si verifichi la impossibilità di sostituire il giudice astenuto o ricusato con altro magistrato dello stesso ufficio, é stato già esaminato nella configurazione datane dalla disciplina anteriore all’attuale codice (art. 70, ultimo comma, cod. proc. pen. del 1930), che prevedeva un analogo spostamento del processo. E’ stato in quel caso escluso un contrasto con l’art. 25, primo comma, della Costituzione, giacchè lo spostamento della competenza non é demandato all’insindacabile discrezionalità di un organo giudiziario, ma dipende necessariamente dall’accertamento obiettivo di fatti ipotizzati dalla legge e mira ad assicurare la continuità e l’efficienza della funzione giurisdizionale (sentenza n. 168 del 1976, ordinanza n. 132 del 1977);

che il Tribunale per i minorenni di Messina denuncia sostanzialmente la omessa applicazione, nei processi dei quali é stato investito a seguito della rimessione disposta dal Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, delle norme dell’ordinamento giudiziario sulla sostituzione del giudice astenuto o ricusato, la cui osservanza avrebbe consentito di celebrare i dibattimenti nella sede naturale, riservando alla rimessione il carattere proprio della eccezionalità;

che le questioni hanno origine da una situazione prospettata come patologica, mentre solo la corretta applicazione delle norme può essere alla base dello scrutinio di legittimità costituzionale (sentenze n. 40 del 1998 e n. 175 del 1997; ordinanza n. 255 del 1995); d’altra parte, la non corretta applicazione dell’art. 43 cod. proc. pen., e delle norme relative alla sostituzione del giudice impedito o ricusato, può essere verificata, secondo le regole del processo penale (art. 28 cod. proc. pen.), mediante il conflitto di competenza che può proporre alla Corte di cassazione lo stesso giudice cui sia rimesso il procedimento;

  che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 43, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento all’art. 25 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Messina con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Cesare MIRABELLI

Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998.