ORDINANZA N.244
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), promosso con ordinanza emessa il 9 giugno 1997 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Perugia, iscritta al n. 684 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 aprile 1998 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che, con ordinanza del 9 giugno 1997, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Perugia, chiamato a pronunciarsi nel corso di un procedimento penale su un'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ha sollevato, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), nella parte in cui non prevede che il giudice possa valutare, ai fini della ammissione al beneficio, elementi diversi da quelli risultanti dalla documentazione prodotta dall'interessato, e, in particolare, dalla autocertificazione prevista dall'art. 5, comma 1, lettera b), della stessa legge;
che, ad avviso del remittente, la disposizione censurata, attribuendo al giudice il compito di verificare soltanto la regolarità della richiesta e la completezza della documentazione da allegare alla domanda, con conseguente dovere di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ove ricorrano le condizioni di reddito alle quali detta ammissione é subordinata, contrasterebbe con l'art. 3, primo comma, della Costituzione sotto il profilo della irragionevolezza della disciplina, poichè non consentirebbe al giudice alcuna valutazione che non sia puramente formale in ordine all'ammontare dei redditi del richiedente;
che, infatti, alla stregua dell'art. 6, comma 1, della legge n. 217 del 1990, il patrocinio a spese dello Stato, secondo il remittente, verrebbe accordato anche in presenza di concreti e seri elementi, emergenti dagli stessi atti del procedimento penale, che dimostrino, come nel caso di specie, in contrasto con il tenore dei documenti presentati, redditi incompatibili con il godimento del beneficio;
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.
Considerato che questa Corte, con sentenza n. 144 del 1992, nel dichiarare non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, analoga questione di costituzionalità degli artt. 3 e 4 della legge 30 luglio 1990, n. 217, ebbe già a rilevare che la snella procedura di ammissione al beneficio prevista dall'art. 6, benchè non lasci spazio ad alcuna verifica o controllo preventivi da parte del giudice competente, é da ritenere pienamente attuativa del dettato costituzionale, poichè la garanzia del patrocinio dei non abbienti deve essere assicurata in tempi brevi, incompatibili con controlli e indagini di una qualche durata sull'effettivo reddito dell'istante;
che la limitatezza dell'accertamento compiuto in sede di ammissione — osservò ancora questa Corte — non vanifica le ragioni dell'erario: il legislatore ha previsto che copia dell'istanza dell'interessato e del decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, unitamente alle dichiarazioni e alla documentazione allegate, siano trasmesse all'Intendente di finanza, il quale "verifica l'esattezza […] dell'ammontare del reddito attestato dall'imputato" (art. 6, comma 3), e può anche disporre un controllo a mezzo della Guardia di finanza;
che in sede di successivo accertamento assumono rilievo anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposta e, tra questi, i redditi per i quali sia stata elusa l'imposizione fiscale o che, come si ipotizza nel caso di specie, provengano da attività illecite;
che, se a seguito di tali accertamenti e verifiche risulta un reddito superiore al limite legale, l'Intendente di finanza propone al giudice competente la revoca o la modifica del beneficio, con gli effetti recuperatori stabiliti dall'art. 11 in favore dello Stato e con l'eventuale applicazione delle sanzioni penali previste dall'art. 5, comma 7, a carico dell'indebito beneficiario;
che nessun argomento nuovo risulta addotto nell'ordinanza di rimessione rispetto a quanto non sia già stato oggetto di vaglio da parte di questa Corte nella sentenza citata;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Perugia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° giugno 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Carlo MEZZANOTTE
Depositata in cancelleria il 3 luglio 1998.