ORDINANZA N. 165
ANNO 1998
Commento alla decisione diAdolfo Angeletti
(per gentile concessione della Rivista telematica Lexitalia.it)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2043 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 1996 dal Tribunale di Isernia nel procedimento civile vertente tra l’E.R.I.M. e il Comune di Civitanova del Sannio, iscritta al n. 1341 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1998 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che nel corso del giudizio promosso dall’Ente Risorse Idriche Molisane (ERIM) contro il Comune di Civitanova del Sannio, avente ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimo diniego della concessione edilizia per la realizzazione delle opere relative alla captazione delle acque del gruppo "Pincio", il Tribunale di Isernia ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dell’art. 2043 del codice civile;
che — premesso che l’attore ha ritualmente impugnato il diniego di concessione edilizia avanti al giudice amministrativo competente ottenendo il provvedimento cautelare incidentale di sospensione del diniego, e che l’accoglimento della questione comporterebbe la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 del cod.proc.civ. in attesa della risoluzione della controversia amministrativa — il giudice rimettente ha precisato che l’oggetto della causa civile riguardava il risarcimento dei danni conseguenti alla revoca da parte del CIPE del finanziamento di £.5.903.000.000 concesso per l’esecuzione delle opere indicate, nonchè il danno relativo al sottodimensionamento dello sfruttamento delle potenzialità delle condotte idriche oltre al mancato introito di entrate connesse alla captazione delle acque, e, da ultimo, alla non avvenuta consegna dei lavori all’impresa appaltatrice;
che il giudice a quo si richiama all’orientamento costante della Corte di cassazione, che si assume univocamente consolidato nel senso di escludere la risarcibilità del pregiudizio patrimoniale sofferto dal titolare di interesse legittimo conseguente all’illegittimo esercizio di attribuzioni amministrative e quindi la risarcibilità dei danni conseguenti all’illegittimo diniego della concessione edilizia, salvo che, ricorrendo situazioni di affievolimento, quali l’annullamento del provvedimento che ha illegittimamente degradato la posizione giuridica soggettiva riespansa per effetto della concessione o autorizzazione, sia ammessa la tutela risarcitoria, e segnatamente nelle ipotesi di annullamento giurisdizionale dei provvedimenti c.d. di secondo grado, quali l’annullamento o revoca della concessione edilizia;
che il giudice a quo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2043 del cod. civ. nella parte in cui non prevede la "risarcibilità dei danni derivati a terzi dall’emanazione di atti o provvedimenti illegittimi, lesivi di interessi legittimi", aggiungendo che vi sarebbero "diritti soggettivi con essi coesistenti" "quali ad esempio il diritto di iniziativa economica o quello all’integrità patrimoniale";
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o la manifesta infondatezza della questione.
Considerato che preliminarmente deve essere sottolineato quanto già affermato da questa Corte (sentenza n. 85 del 1980) in ordine al problema della responsabilità civile delle pubbliche amministrazioni per il risarcimento dei danni derivanti ai soggetti privati dalla emanazione di atti e provvedimenti amministrativi illegittimi, lesivi di situazioni di interesse legittimo: problema di indubbia gravità e di particolare attualità — anche nel settore urbanistico-edilizio — che si é cominciato ad imporre alla concreta attenzione non solo del legislatore, ma anche della giurisdizione ordinaria di legittimità (v. Cass. sez. I, 3 maggio 1996, n. 4083), che ha avvertito "l’inadeguatezza dell’indirizzo interpretativo sul danno ingiusto";
che il "problema di ordine generale" "richiede prudenti soluzioni normative, non solo nella disciplina sostanziale ma anche nel regolamento delle competenze giurisdizionali" (sentenza n. 85 citata) e nelle scelte tra misure risarcitorie, indennitarie, reintegrative in forma specifica e ripristinatorie ed infine nella delimitazione delle utilità economiche suscettibili di ristoro patrimoniale nei confronti della pubblica amministrazione;
che, peraltro, il legislatore nazionale non é rimasto nel frattempo inerte, ma ha adottato una serie di interventi settoriali: v. in materia di violazione del diritto comunitario in tema di appalti legge 19 febbraio 1992, n. 142, art. 13; per l’estensione ai settori esclusi legge 19 dicembre 1992, n. 489, art. 11, comma 1; per gli appalti di servizi legge 22 febbraio 1994, n. 146, art. 11, lettera i) e d.lgs 17 marzo 1995, n. 157, art. 30; per gli appalti di opere pubbliche in genere legge 11 febbraio 1994, n. 109, art. 32 peraltro successivamente modificata dal d.l. 3 aprile 1995, n. 101 convertito nella legge 2 giugno 1995, n. 216 senza tuttavia ulteriore previsione espressa in ordine alla risarcibilità; per la responsabilità in materia di ritardo temporale sul rilascio di concessione edilizia d.l. 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 493; d.l. 26 gennaio 1995, n. 24, non convertito in legge ma i cui effetti sono stati fatti salvi dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2; in caso di procedimento su istanza di parte previsione di indennizzo per il mancato rispetto del termine del procedimento o degli obblighi e prestazioni a carico dell’amministrazione attraverso una delegificazione e rinvio a regolamenti, legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 20, comma 4, lettera h); e, in attuazione della delega legislativa contenuta nell’art. 11, comma 4, lettera g) della citata legge n. 59 del 1997 (prorogata con legge 15 maggio 1997, n. 127, art. 7, comma 1, lettera f)), estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alle controversie, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, aventi ad oggetto diritti patrimoniali conseguenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, artt. 33, 34 e 35, nonché art. 45, comma 18, che mantiene ferma la giurisdizione prevista dalle norme in vigore per i giudizi pendenti al 30 giugno 1998;
che la questione, come prospettata dal giudice rimettente, é manifestamente inammissibile in quanto non si é verificato il presupposto in ogni caso necessario alla configurazione di una responsabilità dell’amministrazione in conseguenza di un atto amministrativo, cioè l’accertamento della illegittimità dell’atto o del comportamento dell’amministrazione, che la medesima ordinanza sottolinea essere ancora all’esame del giudice amministrativo di primo grado in sede di ricorso per l’annullamento;
che infatti la previa definizione della controversia sulla illegittimità dell’atto di diniego della concessione edilizia (attività provvedimentale devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) costituisce — in mancanza di diversa regolamentazione del legislatore, anche se é stata auspicata una unificazione per evitare una duplicità di giudizi con competenza bipartita — un indispensabile antecedente logico giuridico (v. per riferimento art. 13 della legge n. 142 del 1992) dal quale dipende la decisione della causa;
che di conseguenza la dichiarata rilevanza della questione é meramente ipotetica, e non attuale, essendo prematuro il dubbio di legittimità costituzionale: per applicare l’art. 295 del cod.proc.civ. — come prospetta il giudice a quo — in attesa della risoluzione della controversia amministrativa, non doveva, infatti, necessariamente essere affrontato e risolto in via preliminare il dubbio sulla legittimità costituzionale dell’art. 2043 del cod. civ., anche perchè — secondo la valutazione dello stesso giudice rimettente — si configuravano nel contempo "posizioni di diritti soggettivi coesistenti con interessi legittimi".
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2043 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dal Tribunale di Isernia con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Riccardo CHIEPPA
Depositata in cancelleria l'8 maggio 1998.