SENTENZA N.139
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 15 della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 16 maggio 1997 ed il 19 dicembre 1996 dal Magistrato di sorveglianza di Modena, iscritte ai nn. 465 e 466 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 1998 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto in fatto
Con due ordinanze di identico contenuto, il Magistrato di sorveglianza di Modena, chiamato a pronunciarsi su due distinte istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in due procedimenti di sorveglianza, entrambi relativi alla conversione di una pena pecuniaria, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), nella parte in cui non prevederebbe il gratuito patrocinio per tutti i procedimenti che si svolgono avanti al magistrato di sorveglianza.
L’art. 15 stabilisce, al comma 1, che "le disposizioni degli articoli precedenti si applicano, in quanto compatibili, anche nella fase dell’esecuzione, nel procedimento di revisione nonchè nei procedimenti relativi all’applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione o per quelli di competenza del tribunale di sorveglianza, semprechè l’interessato possa essere assistito da un difensore o da un consulente", prevedendo, al comma 2, che "competente a ricevere l’istanza [ ...] , ad adottare i provvedimenti relativi alla ammissione al patrocinio a spese dello Stato e a liquidare i compensi é, a seconda dei casi, il giudice dell’esecuzione o l’autorità giudiziaria procedente".
Il giudice a quo, premesso che la magistratura di sorveglianza é ordinata in due gradi di giurisdizione, il magistrato di sorveglianza e il tribunale di sorveglianza, rileva che la esplicita previsione della ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei soli procedimenti di competenza del tribunale di sorveglianza relativi alla applicazione delle misure di sicurezza comporterebbe la inapplicabilità dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti di competenza del magistrato di sorveglianza. Nè, ad avviso del remittente, tale conseguenza potrebbe essere evitata sulla base del rilievo che la disposizione impugnata consente l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche nella fase della esecuzione, dal momento che, all’evidenza, tale previsione andrebbe ricondotta ai soli procedimenti di competenza del giudice dell’esecuzione previsti dal capo I del titolo III del libro X del codice di procedura penale e non a tutti i procedimenti previsti da detto libro (tra i quali rientra quello relativo alla conversione di pena pecuniaria), perchè altrimenti non avrebbe senso la espressa limitazione della applicabilità delle norme sul patrocinio a spese dello Stato ai procedimenti di competenza del tribunale di sorveglianza concernenti le misure di sicurezza.
Così interpretata la disposizione impugnata e rilevato che molti dei procedimenti di competenza del magistrato di sorveglianza sono stati ormai giurisdizionalizzati, sicchè in essi é necessaria la presenza del pubblico ministero e del difensore del condannato, il giudice a quo ritiene che la disposizione stessa contrasti con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, risultandone violati sia il diritto di difesa, sia il principio di eguaglianza per la disparità di trattamento tra chi é sottoposto al procedimento di conversione della pena pecuniaria e chi é sottoposto ad un procedimento relativo alla applicazione delle misure di sicurezza.
Quanto alla rilevanza, il giudice a quo osserva, in entrambe le ordinanze, che la stessa sussisterebbe, trattandosi di assicurare la difesa del condannato nel procedimento di conversione della pena pecuniaria.
Considerato in diritto
1. Il Magistrato di sorveglianza di Modena, chiamato a pronunciarsi su due distinte istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in altrettanti procedimenti di conversione di pena pecuniaria, solleva, con due ordinanze di identico contenuto, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 15 della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), nella parte in cui non prevederebbe il patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti di competenza del magistrato di sorveglianza. In tale assunta omissione legislativa, il giudice remittente ravvisa una violazione sia dell’articolo 24, sia dell’articolo 3 della Costituzione; quanto al primo, risulterebbe leso il diritto di difesa del condannato nel procedimento di sorveglianza, da ritenere ormai pienamente giurisdizionalizzato; quanto al secondo, la disposizione censurata comporterebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra chi é sottoposto a procedimento di sorveglianza per l’applicazione di misure di sicurezza, per il quale é prevista l’applicabilità delle disposizioni sul patrocinio a spese dello Stato, e chi é sottoposto ad altri procedimenti di competenza del magistrato di sorveglianza.
Poichè le due ordinanze pongono la medesima questione, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
2. La questione é infondata.
Il giudice remittente muove dalla premessa che nel procedimento di conversione delle pene pecuniarie sarebbe di ostacolo alla applicazione del beneficio del patrocinio a spese dello Stato la formulazione dell’articolo 15 della legge n. 217 del 1990, che consentirebbe di accordare tale beneficio, fra i procedimenti di competenza del magistrato di sorveglianza, esclusivamente in quelli relativi all’applicazione di misure di sicurezza, i soli esplicitamente menzionati. La locuzione "fase dell’esecuzione", che compare nel citato articolo 15, andrebbe pertanto letta restrittivamente, nel senso tecnico di "giudice dell’esecuzione", competente per i procedimenti previsti nel capo I (Giudice dell’esecuzione) del titolo III (Attribuzione degli organi giurisdizionali) del libro X (Esecuzione) del codice di procedura penale.
Questa premessa é contrastata da insuperabili argomenti di carattere testuale, logico e sistematico.
In primo luogo, sotto il profilo testuale, non é privo di significato il fatto che l’articolo 15 non parli di giudice dell’esecuzione ma di fase dell’esecuzione, espressione, tecnica anch’essa, nella quale l’esecuzione viene in rilievo, appunto, come fase del procedimento per la sua connotazione sostanziale in rapporto alle altre fasi; l’espressione, quindi, non identifica un organo piuttosto che l’altro, ma comprende tutti gli organi della giurisdizione penale chiamati a compiere, oggettivamente, attività di esecuzione.
3. L’interpretazione logica non contraddice quella testuale: la conversione della pena pecuniaria riguarda, infatti, logicamente, la esecuzione di tale pena per l’ipotesi in cui se ne sia accertata la impossibilità di esazione. Non a caso, l’articolo 660, che regola l’istituto sotto la pertinente rubrica "Esecuzione delle pene pecuniarie", trova la sua collocazione nel libro X del codice di procedura penale dedicato all’"Esecuzione". E in questo medesimo libro é regolata la magistratura di sorveglianza secondo una tradizione sistematica già accolta dal codice Rocco.
Si deve aggiungere che, ove pure gli anzidetti argomenti lasciassero adito a un qualche residuo dubbio, l’ammissibilità del patrocino a spese dello Stato nel procedimento di cui si tratta andrebbe riconosciuta in forza del principio di superiorità della Costituzione, che vieta ai giudici, in presenza di più interpretazioni possibili, di adottare quella che farebbe risultare la disposizione della legge in contrasto con la Costituzione e impone loro di scegliere la soluzione interpretativa costituzionalmente conforme. Sotto questo profilo non può essere trascurato il fatto che la legge n. 217 del 1990 costituisce attuazione della garanzia posta dal terzo comma dell’articolo 24 della Costituzione, secondo il quale sono assicurati ai non abbienti, mediante appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, e che tale garanzia, come questa Corte ha già riconosciuto, assume una ancor più marcata cogenza quando riguardi la difesa dell’imputato (sentenza n. 144 del 1992). I principî desumibili dalla Costituzione vengono quindi in rilievo quale chiave interpretativa della normativa vigente, nel senso che, a meno che il tenore delle disposizioni considerate non imponga di escluderne l’ammissibilità, il patrocinio a spese dello Stato deve essere ritenuto operante tutte le volte in cui si sia in presenza di un procedimento giurisdizionale nel quale l’imputato abbia diritto di farsi assistere dal proprio difensore.
Orbene, il meno che si possa dire del censurato articolo 15 della legge n. 217 del 1990 é che esso non impone espressamente di escludere l'ammissibilità del patrocinio a spese dello Stato nel procedimento di conversione di pene pecuniarie davanti al magistrato di sorveglianza: l’art. 24 della Costituzione induce allora a ritenerlo senz’altro ammissibile sulla semplice constatazione che in tale procedimento é richiesta, dall'articolo 678 del codice di procedura penale attraverso il rinvio alle disposizioni che regolano il procedimento di esecuzione (art. 666), la presenza del difensore.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Magistrato di sorveglianza di Modena con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Carlo MEZZANOTTE
Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998.