SENTENZA N.84
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 4, del decreto legge 20 settembre 1996, n. 489, recante "Interventi programmati in agricoltura per l’anno 1996", convertito dalla legge 5 novembre 1996, n. 578, promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento, notificato il 13 dicembre 1996 e depositato in Cancelleria il successivo 18 dicembre, ed iscritto al n. 51 del registro ricorsi 1996.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 13 gennaio 1998 il Giudice relatore Valerio Onida;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso notificato il 13 dicembre 1996 e depositato il successivo 18 dicembre la Provincia autonoma di Trento ha proposto questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 8, numero 21, e all'art. 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonchè alle relative norme di attuazione, ed in particolare all'art. 4 del d. lgs. 16 marzo 1992, n. 266, dell'art. 2, commi 1 e 4, del d.l. 20 settembre 1996, n. 489 (Interventi programmati in agricoltura per l'anno 1996), come convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 5 novembre 1996, n. 578.
Il decreto legge in esame, all'art. 1, autorizza la spesa di 517 miliardi "al fine di dare continuità all'azione di programmazione per gli interventi pubblici nel settore agricolo e forestale per l'anno 1996", a completamento delle somme destinate da precedenti leggi di programmazione in agricoltura. Detta somma, ai sensi del comma 2 dell'art. 1, é destinata in parte alla realizzazione di programmi di rilevanza nazionale, da svolgersi da parte del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali (oggi soppresso e sostituito dal Ministero per le politiche agricole, ai sensi del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143); in parte alla copertura finanziaria di rate di mutui di miglioramento fondiario contratti dalle Regioni; e, per lire 147 miliardi, alla "realizzazione di programmi interregionali" (comma 2, lettera b). Tali somme sono assegnate dal CIPE su proposta del Ministro delle risorse agricole d'intesa con il Comitato permanente delle politiche agro-alimentari di cui all'art. 6 della legge 4 dicembre 1993, n. 491, istitutiva del predetto Ministero (comma 3).
L'art. 2 del decreto legge, oggetto dell'odierna impugnazione, disciplina appunto i "programmi di rilevanza interregionale": a norma del comma 1, essi "possono essere proposti dal Ministero o da almeno tre Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano", e "individuano le azioni attuate rispettivamente, dalle Regioni e dalle Province autonome e dal Ministero e sono approvati dal Comitato permanente" delle politiche agro-alimentari. Il comma 4 del medesimo art. 2 a sua volta prevede che, "qualora i programmi di cui al presente articolo riguardino azioni da realizzare nelle Regioni a statuto speciale o nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, le stesse finanziano la spesa relativa agli interventi ricadenti nei propri territori".
Ad avviso della Provincia ricorrente, tali disposti ledono la sua autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria.
Una prima censura investe il comma 1 dell'art. 2 "in quanto dispone che i programmi di rilevanza interregionale interessanti la Provincia autonoma di Trento possano essere proposti dal Ministero e approvati dal Comitato permanente".
La ricorrente non contesta la possibilità della collaborazione tra le Regioni e le Province autonome per la realizzazione di programmi di comune interesse, nè nega pregiudizialmente l'ipotesi che tali programmi possano esser concepiti, su base consensuale, anche con la collaborazione del Ministero, ove richiesta; e afferma che il problema non si porrebbe se il programma potesse essere proposto dalle sole Regioni o Province autonome interessate, o se, da chiunque proposto, esso richiedesse necessariamente, per l'approvazione, il consenso della Regione o Provincia autonoma interessata. Ma ritiene che il testo della disposizione in esame consenta che i programmi siano proposti e persino approvati a prescindere dal consenso specifico della Regione o Provincia autonoma interessata, dato che proponente può essere il Ministero, e l'approvazione é devoluta al Comitato permanente delle politiche agro-alimentari, in cui sono presenti i rappresentanti delle Regioni e Province autonome, ma che potrebbe deliberare a maggioranza, senza il voto della Regione o Provincia autonoma interessata.
Sarebbero così lese la potestà legislativa primaria della Provincia, in quanto modalità e regole di un'azione amministrativa interna a questa sarebbero decise al di fuori della legislazione provinciale, e la corrispondente potestà amministrativa, in quanto specifiche azioni amministrative verrebbero decise da un soggetto diverso dalla Provincia; sarebbero altresì violate le garanzie previste dall'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, secondo cui, nelle materie di competenza provinciale, la legge non può attribuire agli organi statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto e le norme di attuazione, e le amministrazioni statali non possono disporre spese nè concedere finanziamenti per attività nell'ambito del territorio provinciale.
Una seconda censura riguarda parimenti il comma 1 dell'art. 2, "in quanto dispone che i programmi di rilevanza interregionale interessanti la Provincia autonoma di Trento possano individuare azioni attuate nella Provincia stessa dal Ministero". Tale previsione, già illegittima, ad avviso della ricorrente, in via di principio, in quanto consente una attività amministrativa ministeriale in sede locale, contrasterebbe in ogni caso col divieto, posto dal citato art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, di attribuire agli organi statali nuove funzioni amministrative e di concedere finanziamenti statali per attività nell'ambito del territorio provinciale.
Una terza censura ha ad oggetto il comma 4 dell'art. 2 del decreto legge, "in quanto dispone il finanziamento da parte provinciale … dei programmi interregionali riguardanti azioni da realizzare nel proprio territorio", qualora si tratti di interventi decisi senza il consenso della Provincia, o comunque non realizzati nell'ambito di una decisione e responsabilità di questa, sicchè essa "verrebbe paradossalmente – e del tutto illegittimamente – chiamata a 'pagare il conto' di ciò che altri hanno proposto, deciso e realizzato".
2.— Si é costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, che, in una memoria presentata successivamente, chiede che sia dichiarata cessata la materia del contendere ovvero che il ricorso sia respinto come infondato.
Secondo l'Avvocatura erariale le censure della ricorrente sarebbero frutto di un equivoco.
Essa osserva che con la istituzione del Comitato permanente delle politiche agro-alimentari (ora soppresso dal d.lgs n. 143 del 1997, istitutivo del Ministero delle politiche agricole) si era stabilito il principio della cogestione della politica agricola e agro-alimentare nazionale, con la conseguenza che Regioni e Province erano chiamate a concertare e definire, tra l'altro, tutti gli atti di rilevanza politica avviati dal Ministero, compresi quelli a carattere legislativo: così sarebbe avvenuto per il provvedimento in esame, preventivamente istruito a livello tecnico e approvato dal Comitato senza osservazioni contrarie di alcuna Regione o Provincia autonoma.
Il Comitato aveva poi definito anche i criteri per la realizzazione dei programmi, precisando che essi avrebbero dovuto essere non sostitutivi ma sussidiari di iniziative regionali o nazionali in atto; e per la loro realizzazione era stata prevista una "azione di partenariato" fra le Regioni o Province e fra queste e soggetti pubblici e privati, nonchè, per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome – che non potevano, in forza della legge n. 38 del 1990, fruire della assegnazione di fondi statali derivanti da leggi pluriennali di spesa –, l'utilizzazione di risorse proprie di queste ultime per gli interventi ricadenti nei rispettivi territori.
Tutto ciò, ad avviso dell'Avvocatura erariale, portava ad escludere, nella pratica attuazione della normativa, la possibilità che una decisione ministeriale o del Comitato potesse essere assunta senza il consenso della Regione o Provincia interessata, tanto più per le Regioni speciali, che dovevano finanziare per intero la spesa per gli interventi nel proprio territorio.
In effetti – prosegue la difesa del Presidente del Consiglio – nella fase attuativa, ormai conclusa, della normativa in questione, i programmi interregionali sono stati proposti e realizzati di piena intesa, e, per quanto riguarda la Provincia di Trento, non si é dato corso all'attuazione di alcun programma interregionale riguardante il suo territorio, in quanto si é ritenuto di esaminare solo proposte avanzate dalla stessa Provincia, e nessuna proposta é stata avanzata.
L'Avvocatura erariale conclude dunque osservando che la norma avrebbe esaurito i suoi effetti senza toccare gli interessi della Provincia autonoma ricorrente, onde potrebbe ritenersi cessata la materia del contendere.
Considerato in diritto
1.— La questione proposta dalla ricorrente Provincia autonoma di Trento investe l'articolo 2, commi 1 e 4, del decreto legge 20 settembre 1996, n. 489 (Interventi programmati in agricoltura per l'anno 1996), come convertito dalla legge n. 578 del 1996. Dette disposizioni, in quanto prevedono la possibilità che programmi interregionali di interventi in agricoltura, interessanti il territorio della Provincia, e destinati ad essere finanziati dalla Provincia stessa, siano proposti dal Ministero e approvati dal Comitato permanente per le politiche agro-alimentari e forestali senza il consenso specifico della Provincia autonoma medesima, e che essi individuino anche azioni amministrative destinate ad essere attuate dal Ministero nel territorio provinciale, lederebbero la potestà legislativa e quella amministrativa della Provincia in materia di agricoltura, e violerebbero il divieto, posto, nelle materie di competenza provinciale, dalle norme di attuazione contenute nell'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, di attribuire ad organi statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo Stato in base allo statuto e alle norme di attuazione, e di disporre finanziamenti statali per attività nell'ambito del territorio provinciale.
2.— Non può accogliersi la richiesta del Presidente del Consiglio di dichiarare cessata la materia del contendere, per il fatto che le norme impugnate avrebbero ormai ricevuto completa attuazione senza che alcun programma interregionale approvato contempli interventi da attuare nel territorio della Provincia autonoma di Trento.
Nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale, infatti, si può pervenire ad una pronuncia di cessazione della materia del contendere solo quando le disposizioni di legge impugnate siano state private di ogni effetto, anche per il passato (cfr. sentenze n. 253 del 1989; n. 215 del 1985): il che nella specie non si é verificato.
Ma nemmeno può giungersi ad una dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, secondo una prospettazione adombrata dalla difesa erariale nella discussione orale. Infatti, anche ammesso che l’applicazione delle disposizioni impugnate si sia effettivamente esaurita con l’adozione e l’attuazione di programmi, nessuno dei quali investe il territorio della Provincia ricorrente, non si potrebbe dire per questo venuta meno l’efficacia del disposto legislativo, che ha di per sè dato luogo alle censure di illegittimità costituzionale sollevate dalla ricorrente. Senza dire che l’art. 14, comma 4, del decreto legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, ha autorizzato, per il 1997, l’ulteriore spesa di 517 miliardi "da ripartirsi secondo le finalità e con le modalità stabilite nel decreto legge 20 settembre 1996, n. 489", cioé, appunto, nel provvedimento impugnato in questa sede: onde l’efficacia delle norme censurate risulta prorogata ed estesa ad ulteriori procedimenti di programmazione, diversi da quelli in cui si é concretata l’applicazione delle medesime secondo la loro portata originaria.
3.— La questione, che deve dunque essere decisa nel merito, é fondata nei termini di seguito precisati.
I programmi "di rilevanza interregionale" di cui é giudizio contemplano interventi almeno parzialmente rientranti nell’ambito di competenza delle Regioni e delle Province autonome (infatti agli interventi di rilevanza nazionale da svolgersi da parte del Ministero é destinata un’altra quota del finanziamento, prevista dall’art. 1, comma 2, lettera a, del decreto legge n. 489 del 1996); essi sono finanziati, in generale, con risorse ricadenti in parte nell’ambito della percentuale dell’80 per cento dei fondi destinati agli interventi in agricoltura, che veniva riservata alle Regioni ai sensi dell’art. 2, comma 10, della legge n. 491 del 1993, e in particolare, per quanto riguarda le Regioni speciali e le Province autonome, esclusivamente con risorse di queste ultime, come dispone espressamente il comma 4 dell’impugnato art. 2, in coerenza con la esclusione di tali enti dal riparto del fondo per l’attuazione degli interventi programmati in agricoltura, disposta, a partire dal 1990, dall’art. 20, comma 1, lettera b, del decreto legge 28 dicembre 1989, n. 415, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 38.
Alla stregua di quanto precede, in tanto può ammettersi la legittimità di un procedimento di programmazione come quello qui configurato, in quanto i programmi stessi siano approvati ed attuati con il necessario specifico consenso, in ordine al loro contenuto, delle Regioni o Province autonome nel cui territorio ricadono gli interventi da essi previsti. Nè tale consenso potrebbe essere sostituito dall’approvazione del programma – a maggioranza – da parte del Comitato per le politiche agro-alimentari e forestali, istituito nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni dall’art. 2, comma 6, della legge n. 491 del 1993, ed oggi presumibilmente destinato ad essere sostituito, dopo l’abrogazione della predetta legge n. 491 del 1993 (ad opera dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 143 del 1997), dalla stessa Conferenza Stato-Regioni, nell’ambito dei compiti riordinati dall’art. 2 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Diversa é infatti la funzione esercitata dall’organismo collettivo di rappresentanza delle Regioni, nell’ambito di procedimenti di concertazione con lo Stato che riguardino tutte le Regioni o parte di esse, da quella che deve essere esercitata dalla singola Regione o Provincia interessata allo specifico procedimento o provvedimento, quando le norme costituzionali, statutarie o di attuazione richiedano l’intesa o la partecipazione procedimentale della medesima (sentenza n. 121 del 1997).
La formulazione testuale dell’art. 2, comma 1, lascia invece aperta la strada alla possibile approvazione di programmi interregionali proposti dal solo Ministero e approvati dal comitato anche al di fuori dello specifico consenso della Regione interessata: così contrastando inevitabilmente con l’ordine costituzionale delle competenze.
Tale specifico consenso deve dunque essere acquisito, perchè il programma possa essere legittimamente approvato, chiunque ne sia il proponente, vale a dire, secondo la previsione del comma 1 dell’art. 2, il Ministero, ovvero almeno tre Regioni o Province autonome, evidentemente destinatarie degli interventi medesimi.
4.— La ricorrente censura anche la previsione dell’art. 2, comma 1, secondo cui i programmi interregionali "individuano le azioni attuate, rispettivamente, dalle Regioni e dalle Province autonome e dal Ministero", ritenendo che in tal modo si legittimino interventi ministeriali diversi da quelli spettanti agli organi statali sulla base dello statuto e delle norme di attuazione, in violazione del divieto di cui all’art. 4, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 266 del 1992.
La Corte ritiene che la disposizione in questione, nella parte qui considerata, sia da intendere nel senso che gli interventi, che possono essere individuati in capo al Ministero e alle Regioni o Province autonome interessate, debbano rientrare nelle rispettive attribuzioni, definite secondo l’ordine delle competenze discendente dalla Costituzione, dagli statuti e dalle norme di attuazione: secondo il principio per cui, nel silenzio della legge, devono ritenersi implicitamente richiamate le norme che definiscono le rispettive competenze. Ciò tanto più vale, in quanto si tratta, nella specie, di norme che si limitano a disciplinare un procedimento di programmazione concertata, e non sono dirette ad innovare o a derogare all’ordine delle competenze amministrative; a maggior ragione avendo riguardo alla Provincia di Trento, nei cui confronti vale l’ulteriore norma di salvaguardia, contenuta nell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992, in forza della quale, nelle materie di competenza provinciale, la legge non può attribuire agli organi statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione.
5.— Deve pertanto dichiararsi costituzionalmente illegittimo l’art. 2, comma 1, del decreto legge impugnato, nella parte in cui consente che i programmi interregionali, da chiunque proposti, possano essere approvati senza il consenso specifico di ciascuna delle Regioni o Province autonome nel cui territorio i relativi interventi sono destinati ad essere attuati dai soggetti rispettivamente competenti.
6.— A seguito di tale dichiarazione di incostituzionalità, viene meno il presupposto della censura che la ricorrente muove al comma 4 del medesimo art. 2 del decreto legge impugnato, lamentando che si preveda il finanziamento a carico della Provincia autonoma di interventi da essa non decisi nè consentiti. Infatti le azioni contemplate dai programmi, e destinate ad essere finanziate dalla Provincia autonoma, non potranno che essere previste con il consenso specifico della Provincia stessa.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, del decreto legge 20 settembre 1996, n. 489 (Interventi programmati in agricoltura per l’anno 1996), come convertito dalla legge 5 novembre 1996, n. 578, nella parte in cui consente che i programmi interregionali, da chiunque proposti, possano essere approvati senza lo specifico consenso di ciascuna delle Regioni o Province autonome nel cui territorio sono destinati ad essere attuati, secondo le rispettive competenze, gli interventi in essi contemplati;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 4, del medesimo decreto legge 20 settembre 1996, n. 489, sollevata, in riferimento all’art. 8, numero 21, e all’art. 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonchè all’art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Valerio ONIDA
Depositata in cancelleria il 1° aprile 1998.