ORDINANZA N.79
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge della Regione Liguria 22 dicembre 1983, n. 50 (Determinazione del canone sociale per l'edilizia residenziale pubblica), e dell'art. 46, comma 4 della legge della Regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6 (Procedure, organi e competenze in materia di edilizia residenziale e norme per il controllo degli Istituti autonomi per le case popolari), promosso con ordinanza emessa il 29 ottobre 1996 dal Tribunale di Genova, nel procedimento civile vertente tra Domenico Caneva e lo I.A.C.P. della Provincia di Genova, iscritta al n. 343 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Visto l'atto di intervento della Regione Liguria;
udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1998 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che, con ordinanza del 29 ottobre 1996, nel corso di un giudizio civile, il Tribunale di Genova ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, (recte, primo comma, lettera b)) della legge Regione Liguria 22 dicembre 1983, n. 50 (Determinazione del canone sociale per l’edilizia residenziale pubblica), nonchè dell’ art. 46, quarto (recte, quinto) comma, della legge Regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6 (Procedure, organi e competenze in materia di edilizia residenziale e norme per il controllo degli Istituti autonomi per le case popolari), in riferimento all’art. 3 della Costituzione;
che, ad avviso dei giudici a quibus, l’art. 11, primo comma, lettera b), della legge regionale n. 50 del 1983, nella parte in cui fissa il canone di locazione a carico degli assegnatari che sono titolari di pensione di importo non superiore alla pensione minima INPS aumentato dell’importo di una pensione sociale, ovvero che sono minorenni o handicappati, in misura più bassa di quella prevista per gli assegnatari i quali non godono di alcun reddito, realizzerebbe una ingiustificata disparità di trattamento in danno di questi ultimi;
che, secondo il Tribunale, l’art. 46, quinto comma, della legge regionale n. 6 del 1983, prevedendo che l’ente gestore degli alloggi di edilizia residenziale pubblica può richiedere agli assegnatari morosi nel pagamento del canone la corresponsione di una somma pari ai canoni non riscossi, aumentata del 20 per cento annuo a titolo di interessi e danni, determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ai conduttori di alloggi privati, in quanto questi ultimi, qualora si rendano morosi, sono obbligati a risarcire soltanto i danni che il locatore provi d’avere effettivamente subito;
che la Regione Liguria, intervenuta nel giudizio, ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata, in quanto entrambe le norme denunziate sono state abrogate e, nel merito, ne ha eccepito l’infondatezza, sia perchè le disposizioni erano conformi alle direttive stabilite nella delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 19 novembre 1981, adottata ex art. 2, secondo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 457, e che reca principi direttivi i quali vincolano il legislatore regionale, sia perchè la diversità tra le situazioni poste in comparazione fa escludere l’eccepita violazione del canone di uguaglianza.
Considerato che la prima delle due norme denunziate é stata espressamente abrogata dalla legge regionale 21 giugno 1996, n. 27 e così pure la seconda é stata espressamente abrogata dalla legge regionale 3 marzo 1994, n. 10, senza che il relativo contenuto normativo sia stato riprodotto nelle disposizioni che hanno diversamente disciplinato la materia;
che l’ordinanza di rimessione, nonostante l’art. 11 della legge regionale n. 50 del 1983, prima di essere abrogato, fosse stato già innovato dall’art. 57 della legge regionale 3 maggio 1985, n. 33, fa riferimento al testo della norma nella sua formulazione originaria e non contiene alcun accenno, esplicito o implicito, alle modificazioni introdotte da quest'ultima legge;
che, secondo la giurisprudenza della Corte, qualora le norme oggetto di censura siano abrogate o comunque modificate, i giudici a quibus devono indicare puntualmente i concreti elementi della fattispecie sottoposta al loro esame ed esporre le argomentazioni che fondano il giudizio di perdurante rilevanza della questione (ex plurimis, ordinanza n. 419 del 1997);
che, invece, l’ordinanza di rimessione non esplicita affatto tali circostanze e peraltro, relativamente alla norma contenuta nella legge regionale n. 50 del 1983, neppure chiarisce, come invece sarebbe stato necessario in considerazione del riferimento al testo anteriore alle modificazioni introdotte dalla legge regionale n. 33 del 1985, quale delle due formulazioni ritiene applicabile alla fattispecie, sicchè risulta del tutto carente la motivazione sulla rilevanza della questione.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, primo comma, lettera b), della legge Regione Liguria 22 dicembre 1983, n. 50 (Determinazione del canone sociale per l’edilizia residenziale pubblica), nonchè dell’art. 46, quinto comma, della legge Regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6 (Procedure, organi e competenze in materia di edilizia residenziale e norme per il controllo degli Istituti autonomi per le case popolari), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Genova, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Piero Alberto CAPOTOSTI
Depositata in cancelleria il 26 marzo 1998.