Ordinanza n. 76/98

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ORDINANZA N. 76

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 19 e 26 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", nel testo risultante dall’abrogazione parziale dichiarata — quanto al primo — dal d.P.R. 28 luglio 1995, n. 312, recante "Abrogazione, a seguito di referendum popolare, della lettera a) e parzialmente della lettera b) dell'art. 19, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, sulla costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, nonchè differimento dell’entrata in vigore dell’abrogazione medesima" e — quanto al secondo — dal d.P.R. 28 luglio 1995, n. 313, recante "Abrogazione, a seguito di referendum popolare, del secondo e terzo comma dell’art. 26 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonchè dell’art. 594 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di contributi sindacali, nonchè differimento dell’entrata in vigore dell’abrogazione medesima", promossi con ordinanze emesse:

  1) l’una, il 27 febbraio 1996 dal Pretore di Rieti, sul ricorso proposto dal Sindacato Confsal Metalmeccanici contro la Vanossi Sud s.p.a., iscritta al n. 1014 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 1996;

  2) l’altra, il 24 maggio 1996 dal Pretore di Padova sul ricorso proposto dal sindacato F.L.M.U.-C.U.B. di Padova e Provincia contro la FIREMA Trasporti s.p.a., iscritta al n. 55 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Visto l’atto di costituzione della F.L.M.U.-C.U.B., nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 1998 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che il Pretore di Rieti, con ordinanza del 27 febbraio 1996 (r.o. n. 1014 del 1996) emessa nel corso del procedimento civile vertente tra il Sindacato Confsal Metalmeccanici e la Società Vanossi Sud s.p.a., ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 39 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 19 e 26 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", nel testo risultante dalla parziale abrogazione dichiarata — quanto al primo — dal d.P.R. 28 luglio 1995, n. 312, recante "Abrogazione, a seguito di referendum popolare, della lettera a) e parzialmente della lettera b) dell'art. 19, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, sulla costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, nonchè differimento dell’entrata in vigore dell’abrogazione medesima" e — quanto al secondo — dal d.P.R. 28 luglio 1995, n. 313, recante "Abrogazione, a seguito di referendum popolare, del secondo e terzo comma dell’art. 26 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonchè dell’art. 594 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di contributi sindacali, nonchè differimento dell’entrata in vigore dell’abrogazione medesima";

che, ad avviso del rimettente, il citato art. 19, conferendo al datore di lavoro "una facultas eligendi in ordine all’individuazione delle controparti contrattuali", risulterebbe incompatibile con gli artt. 3 e 39 della Costituzione per le stesse ragioni risultanti dall’ordinanza del Pretore di Milano, in data 27 novembre 1995, con la quale é stata rimessa a questa Corte identica questione di legittimità costituzionale di detto art. 19, "cui é pertanto sufficiente rinviare";

che, secondo il giudice a quo, analoga questione di legittimità costituzionale sorgerebbe "necessariamente anche in ordine all’art. 26 della stessa legge, in relazione agli artt. 3 e 39 della Costituzione", atteso che la disposizione censurata, nell’attribuire rilevanza "alla sottoscrizione contrattuale in ordine alla percezione dei tributi", si fonda "sull’identico presupposto" che permea di contenuto la censura sollevata nei confronti dell’art. 19 della legge n. 300 del 1970, nel testo attualmente vigente;

che il Pretore di Padova, con ordinanza del 24 maggio 1996 (r.o. n. 55 del 1997) — emessa nel corso del giudizio di opposizione promosso dalla F.L.M.U.-C.U.B. avverso il decreto pretorile di rigetto, per difetto di interesse ad agire, della domanda avanzata per denunciare l’antisindacalità di taluni comportamenti della FIREMA Trasporti s.p.a. — ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 39 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del predetto art. 19 della legge n. 300 del 1970;

che il rimettente — premesso che quest’ultimo articolo, nella sua nuova formulazione, individua la maggiore rappresentatività del sindacato, e quindi l’attribuzione dei diritti di cui al capo III della medesima legge, nell’unico criterio della sottoscrizione di contratto collettivo applicato nell’unità produttiva — ritiene che la norma denunciata violi, innanzitutto, l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento tra associazioni sindacali che siano firmatarie o meno di contratti collettivi, senza considerare, invece, l’effettivo consenso di cui le stesse associazioni godano fra i lavoratori e, al tempo stesso, che la stipula di un contratto collettivo non é "sempre indice di particolare potere rappresentativo del sindacato tale da giustificare l’accesso alla c.d. legislazione di sostegno";

che, inoltre, la disposizione censurata sarebbe in contrasto con l’art. 39 della Costituzione, in quanto riconduce la maggiore rappresentatività delle associazioni sindacali non tanto all’incisività della loro azione, bensì a fattori esterni ed in particolare al "potere di accreditamento del datore di lavoro", generando un contesto nel quale il sindacato "potrebbe essere portato a privilegiare più che la tutela degli interessi dei lavoratori, la ricerca del consenso della controparte datoriale, con conseguente sviamento rispetto al suo ruolo istituzionale";

che, nel giudizio promosso con l’ordinanza del Pretore di Padova (r.o. n. 55 del 1997), si é costituita la F.L.M.U.-C.U.B. per chiedere, in via principale, l’accoglimento della questione ovvero, in via alternativa, una pronunzia di rigetto, sul presupposto interpretativo che la stipulazione di contratti collettivi di lavoro ponga in essere "una presunzione di rappresentatività, che non preclude, al sindacato che sia per altra via maggiormente rappresentativo, la prova in ordine alla ricorrenza di tale requisito al fine di legittimamente costituire una Rsa";

che, in entrambi i giudizi, ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, rilevando preliminarmente l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Pretore di Rieti ed, in ogni caso, concludendo per la manifesta infondatezza di tutte le sollevate questioni.

Considerato che i giudizi, in quanto propongono questioni analoghe o, comunque, connesse, vanno riuniti;

che il Pretore di Rieti, oltre a non far cenno alcuno della fattispecie sottoposta alla sua cognizione, si limita a rinviare, quanto alle ragioni poste a sostegno delle dedotte censure di incostituzionalità, ad altra ordinanza di rimessione, già oggetto, peraltro, di pronunzia di infondatezza da parte di questa Corte con sentenza n. 244 del 1996;

che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (v., da ultimo, sentenza n. 79 del 1996), é manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata in termini che non consentano la verifica sull’avvenuto apprezzamento da parte del giudice a quo circa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione medesima, risultando a tal fine necessario che lo stesso rimettente fornisca elementi sulla fattispecie concreta sottoposta al suo giudizio, motivi circa la rilevanza della questione e renda esplicite le ragioni del dubbio di legittimità costituzionale, attraverso argomentazioni autosufficienti, non potendo attingersi, per emendarne carenze, alla motivazione di altra ordinanza emessa in diverso procedimento;

che, pertanto, le questioni sollevate dal Pretore di Rieti vanno dichiarate manifestamente inammissibili;

che, quanto alle censure sollevate dal Pretore di Padova nei confronti dell’art. 19, la Corte ha già dichiarato non fondata la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento tra associazioni sindacali firmatarie o meno di contratti collettivi, nonchè dell’art. 39 della Costituzione, in ragione della prospettata dipendenza del requisito della maggiore rappresentatività delle associazioni sindacali "dal potere di accreditamento del datore di lavoro" (sentenza n. 244 del 1996);

che, inoltre, con le ordinanze nn. 345 del 1996 e 148 del 1997, ribaditasi l’infondatezza di doglianze analoghe a quelle appena accennate, la Corte ha dichiarato manifestamente infondata anche la questione dell’asserita violazione dell’art. 39 della Costituzione (nonchè dell’art. 2 della Costituzione, sostenuta in base ad argomentazioni similari) sotto il profilo della minorata o, addirittura, elisa libertà del sindacato di accettare o meno la stipula di un contratto collettivo in funzione esclusiva della migliore tutela dei propri rappresentati, in quanto il contesto generato dalla disposizione impugnata lo indurrebbe a privilegiare la ricerca del consenso della controparte datoriale per acquisire i vantaggi derivanti dall’accesso alla c.d. legislazione di sostegno, con conseguente sviamento dal ruolo istituzionale proprio;

che, pertanto, non emergendo a supporto della questione sollevata dal Pretore di Padova argomentazioni e profili nuovi o tali, comunque, da indurre a discostarsi dai richiamati orientamenti, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 19 e 26 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", nel testo risultante dall’abrogazione parziale dichiarata — quanto al primo — dal d.P.R. 28 luglio 1995, n. 312, recante "Abrogazione, a seguito di referendum popolare, della lettera a) e parzialmente della lettera b) dell'art. 19, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, sulla costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, nonchè differimento dell’entrata in vigore dell’abrogazione medesima" e — quanto al secondo — dal d.P.R. 28 luglio 1995, n. 313, recante "Abrogazione, a seguito di referendum popolare, del secondo e terzo comma dell’art. 26 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonchè dell’art. 594 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di contributi sindacali, nonchè differimento dell’entrata in vigore dell’abrogazione medesima", sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 39 della Costituzione, dal Pretore di Rieti con ordinanza in epigrafe indicata;

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nel testo di cui sopra, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 39 della Costituzione, dal Pretore di Padova con ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Massimo VARI

Depositata in cancelleria il 26 marzo 1998.