Sentenza n. 65/98

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SENTENZA N.65

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI  

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO  

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO  

- Dott. Riccardo CHIEPPA  

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI  

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 669-terdecies, commi 1 e 4, e 669-septies, comma 3, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio 1997 dal Tribunale di Modena sul reclamo proposto dalla Nuova Siria s.n.c. contro Rossi Olinto ed altra, iscritta al n. 375 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto in fatto

  Nel corso di un procedimento di reclamo avverso un’ordinanza pretorile che aveva disposto il rigetto del provvedimento cautelare, con compensazione delle spese giudiziali, il Tribunale di Modena, adito dalla parte vincitrice avverso la sola statuizione delle spese, con ordinanza emessa il 26 febbraio 1997, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale: 1) dell’art. 669-terdecies, comma 1, cod. proc. civ., nella parte in cui, stabilendo che é ammesso reclamo contro l’ordinanza con la quale é stato concesso o rigettato un provvedimento cautelare, non prevede altresì la reclamabilità del provvedimento con il quale siano state compensate le spese del procedimento cautelare; 2) dell’art. 669-terdecies, comma 4, cod. proc. civ., nella parte in cui non stabilisce che sul reclamo il collegio pronuncia ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica, o revoca il provvedimento cautelare, "ovvero la compensazione delle spese del procedimento cautelare"; 3) "in alternativa", dell’art. 669-septies, comma 3, cod. proc. civ., nella parte in cui non stabilisce l’opponibilità del provvedimento ex art. 645 cod. proc. civ., oltre che in caso di condanna alle spese anche in quello di compensazione delle stesse.

  A parere del giudice a quo, sarebbe esclusa "per diritto vivente" l’ammissibilità di un reclamo contro la sola statuizione sulle spese (non congiunto cioé ad un reclamo del provvedimento cautelare), ed inoltre la opponibilità ex art. 645 cod. proc. civ. della condanna alle spese, prevista dal successivo art. 669-septies, comma 3, non potrebbe estendersi analogicamente alla compensazione delle spese stesse. Tale ultima notazione renderebbe rilevante, "almeno indirettamente", la questione di legittimità costituzionale del citato art. 669-septies, la cui eventuale addizione nel senso richiesto consentirebbe di superare i dubbi di legittimità costituzionale concernenti la non reclamabilità del provvedimento che ha compensato le spese.

  Osserva il rimettente che la lacuna normativa da lui individuata comporterebbe una duplice irragionevolezza, sul piano sostanziale e su quello processuale: sia la condanna alle spese sia la compensazione delle stesse "negano la sussistenza di diritti soggettivi e importano diminuzioni patrimoniali"; entrambe sono poi "contenute in una statuizione di natura decisoria e destinata a diventare definitiva".

  Sarebbe altresì ravvisabile una disparità di trattamento (incompatibile con il principio di equivalenza dei mezzi processuali dalla stessa Corte costituzionale affermato) tra la posizione della parte vincitrice nel merito ma insoddisfatta dalla compensazione delle spese, priva di qualsiasi rimedio impugnatorio, e quella della parte insoddisfatta dalla condanna alle spese, che invece disporrebbe pur sempre del citato rimedio dell’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ.

Considerato in diritto

  1. - Secondo il Tribunale di Modena, l'art. 669-terdecies, commi 1 e 4, cod. proc. civ. risulterebbe lesivo degli artt. 3 e 24 Cost., sotto il duplice profilo dell'irragionevolezza e della disparità di trattamento nonchè con riferimento al principio dell'equivalenza nell'attribuzione dei mezzi processuali, in quanto non prevede l'esperibilità del reclamo avverso l'ordinanza resa ante causam, con la quale, nel negare il provvedimento cautelare, si dichiari altresì la compensazione delle spese giudiziali. La censura é correlativamente estesa all'omessa previsione, tra i poteri del collegio che decide sul reclamo ai sensi del citato comma 4, della possibilità di confermare o modificare il provvedimento anche in ordine alla compensazione delle spese.

  Il giudice a quo lamenta in sostanza il difetto di un'autonoma reclamabilità del provvedimento con riguardo alla compensazione delle spese, e censura "in alternativa" - ma prospettando in effetti una ipotesi subordinata - l'art. 669-septies, comma 3, cod. proc. civ., nella parte in cui non estende anche alla declaratoria di compensazione delle spese giudiziali l'opponibilità della condanna alle spese stesse.

  2. - La censura concernente l'art. 669-septies, comma 3, cod. proc. civ. é manifestamente inammissibile.

  Il giudice a quo, infatti, si trova a dover decidere in sede di reclamo e non già di opposizione, e si duole quindi di un deficit di tutela in un àmbito processuale diverso da quello introdotto dalla norma impugnata. Donde l'irrilevanza della questione.

  3.1. - Riferita la censura - che il giudice a quo motiva unitariamente, prendendo in contemporanea considerazione le due norme denunciate - al solo art. 669-terdecies, diventa agevole osservare che non é configurabile una disparità di trattamento fra le parti del processo, le quali astrattamente sono poste sullo stesso piano con riguardo al problema della reclamabilità del provvedimento emesso dal giudice cautelare di primo grado.

  3.2. - Nè può dirsi che, se interpretata nel senso - accolto dal rimettente, in contrasto peraltro con la prevalente dottrina e con parte della giurisprudenza - dell'irreclamabilità della (sola) compensazione delle spese processuali, la norma sia irragionevole. Al contrario, essa sarebbe da considerare del tutto coerente con quel sistema dalla cui ricostruzione, nei sensi appresso indicati, detta irreclamabilità discenderebbe.

  3.2.1. - Attraverso l'istituto del reclamo il legislatore ha inteso introdurre, secondo quanto più volte rilevato da questa Corte (cfr., da ultimo, sentenza n. 421 del 1996), un generale mezzo di controllo dell'operato del giudice della cautela, affidato a un giudice diverso e collegiale.

  Quest'ultimo é quindi investito del complessivo contenuto della domanda cautelare ed é titolare dei medesimi poteri conferiti al primo giudice; per cui il giudizio che s'instaura a séguito del reclamo é destinato a svolgersi sull'intero thema decidendum oggetto del procedimento cautelare, del quale il momento del reclamo costituisce la prosecuzione.  L'integrale devoluzione della controversia al giudice collegiale implica che il provvedimento da questi adottato venga a sostituire del tutto quello reclamato, e comporta altresì che il secondo giudice non sia limitato, nella propria cognizione e nella dotazione degli strumenti decisori, dai motivi dedotti dalle parti reclamanti. Con la conseguenza che sarebbe inconfigurabile un giudizio di reclamo circoscritto ad un solo punto della decisione secondo l'ottica propria del giudizio di impugnazione, qual é viceversa quella sottesa alla prospettazione. E dunque contrasterebbe con la logica stessa dell'istituto un intervento additivo che lo piegasse alle caratteristiche del doppio grado distogliendolo da quelle, sue tipiche, che lo connotano quale sviluppo ulteriore - seppure in una sede diversa - dell'unico procedimento cautelare. Se non é possibile scindere un profilo del provvedimento per farne il solo oggetto della modifica o della revoca, deve a fortiori escludersi che possa normativamente isolarsi a tal fine il capo concernente la compensazione delle spese per renderlo reclamabile autonomamente prescindendo dal merito.

  3.2.2. - Che se poi si volesse invece muovere dalla diversa premessa interpretativa, secondo cui riveste carattere impugnatorio il rimedio previsto dall'art. 669-terdecies, comma 1, così come risulta a séguito della sentenza di questa Corte n. 253 del 1994, allora verrebbe meno ogni ragione per non condividere l'avviso espresso - nell'unico precedente sinora reso in materia - dal giudice della legittimità, secondo cui la parte rimasta anche parzialmente soccombente in ordine alla pronuncia accessoria sulle spese ha a disposizione il mezzo del reclamo (Cass. 27 settembre 1996, n. 8516, che solo in ragione di ciò ha dichiarato inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111 Cost.). Ma così resterebbe eliso il problema stesso che sta alla base della sollevata questione di costituzionalità.

  3.3. - La norma, comunque interpretata, non viola neppure l'art. 24 Cost., poichè la compensazione delle spese giudiziali - affidata, per regola generale, alla sussistenza di giusti motivi - non rappresenta in alcun modo ostacolo alla difesa dei propri diritti.

  Del resto il rimettente, senza negare ciò, adduce a sostegno del prospettato dubbio d'incostituzionalità una ragione tutt'affatto diversa, riportando il rilievo di questa Corte, secondo cui "l'equivalenza dell'attribuzione di mezzi processuali esperibili dalle parti é in un rapporto di necessaria strumentalità con la garanzia di azione e difesa sancite dall'art. 24 (sentenza n. 253 del 1994)". Ma omette di considerare che tale argomento veniva utilizzato per trarne la conseguenza che una distribuzione squilibrata dei mezzi di tutela, riducendo la possibilità di una delle parti di far valere le proprie ragioni, condiziona impropriamente a danno di essa e a favore della controparte l'andamento del processo. Il che non si verifica invece nella presente specie, essendo unico per tutte le parti il sistema di reclamabilità previsto dalla denunciata normativa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 669-terdecies, commi 1 e 4, del codice di procedura civile, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Modena con l'ordinanza in epigrafe;

  2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 669-septies, comma 3, del codice di procedura civile, contestualmente sollevata dallo stesso Tribunale in riferimento ai medesimi articoli.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Cesare RUPERTO

Depositata in cancelleria il 12 marzo 1998.