ORDINANZA N. 15
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale), e dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento della riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione e della previdenza sociale), come modificato dalla sentenza n. 495 del 1993 della Corte costituzionale, promossi con n. 40 ordinanze emesse il 30 aprile (n. 8 ordinanze), il 7 (n. 4 ordinanze) ed il 15 maggio (n. 6 ordinanze), il 16 (n. 2 ordinanze) ed il 17 aprile 1996 (n. 20 ordinanze) dal Pretore di Brescia, rispettivamente iscritte ai numeri dal 1021 al 1032, dal 1040 al 1045 e dal 1048 al 1069 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41 e 42, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visti gli atti di costituzione dell'INPS nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 14 gennaio 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto che, nel corso di vari giudizi instaurati per ottenere la ricostruzione del trattamento pensionistico in base alla sentenza n. 495 del 1993 di questa Corte, il Pretore di Brescia, con 36 ordinanze di identico contenuto emesse il 16, il 17 e il 30 aprile, il 7 e il 15 maggio 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale);
che, secondo il rimettente, la norma censurata - sopravvenuta nelle more dei giudizi e contenente disposizioni relative alle modalità di pagamento delle somme maturate in favore degli aventi diritto in applicazione della citata sentenza di illegittimità costituzionale e della sentenza n. 240 del 1994 - si porrebbe in contrasto con l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, per violazione dell'obbligo di copertura finanziaria relativamente agli anni 1999, 2000 e 2001, non potendosi ritenere, il denunciato vulnus, eliminato dalla previsione del meccanismo di estinzione del debito mediante l'assegnazione di titoli di Stato;
che, nel corso di analoghi giudizi, il Pretore di Brescia, con 4 ordinanze emesse il 15 maggio 1996, oltre a riproporre identica questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge n. 166 del 1996, ha sollevato altresì questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, come modificato dalla sentenza n. 495 del 1993 di questa Corte (in senso estensivo del diritto di integrazione al minimo) per violazione dell'art. 81 della Costituzione, non sottraendosi all'obbligo della copertura finanziaria neppure la norma "virtuale" creata dalla suddetta pronuncia di incostituzionalità;
che nei giudizi promossi con R.O. da n. 1021 a n. 1032 e da n. 1040 a n. 1045 del 1996 é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza delle sollevate questioni;
che, nei giudizi promossi con R.O. n. 1045 e n. 1048 del 1996, si é altresì costituito l'INPS, anch'esso deducendo l'inammissibilità o l'infondatezza delle questioni stesse.
Considerato che i giudizi possono essere riuniti e congiuntamente decisi, in quanto riguardanti analoghe questioni;
che il decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 non é stato convertito e che la censurata normativa é stata reiterata dai decreti-legge 27 maggio 1996, n. 295, 26 luglio 1996, n. 396, e 24 settembre 1996, n. 499, tutti decaduti;
che gli effetti della decretazione d'urgenza sono stati fatti salvi dall'art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608;
che l'art. 1, commi 181 e 184, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha introdotto diversi criteri di copertura finanziaria della complessiva previsione di pagamento delle somme dovute agli interessati in applicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994;
che peraltro nelle fattispecie riveste preliminare rilievo, in termini di sovraordinazione logico-processuale rispetto ad ogni possibile censura di incostituzionalità (v. sentenza n. 103 del 1995), la considerazione che tanto nella normativa decretale quanto in quella di legge (art. 1, comma 183, della legge n. 662 del 1996) viene sancito che i giudizi pendenti siano dichiarati estinti d'ufficio;
che la mancata censura di tale previsione, la quale trova immediata applicazione anche nei processi a quibus (come, tra l'altro, avverte lo stesso rimettente), rende irrilevanti tutte le sollevate questioni, che pertanto risultano manifestamente inammissibili (v. ordinanze n. 368 e n. 370 del 1997).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale), nonchè dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento della riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione e della previdenza sociale) - come modificato dalla sentenza n. 495 del 1993 della Corte costituzionale - sollevate, in riferimento all'art. 81 della Costituzione, dal Pretore di Brescia, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Cesare RUPERTO
Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1998.