Sentenza n. 10/98

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SENTENZA N. 10

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI  

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 30 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), promosso con ordinanza emessa il 6 novembre 1996 dal Tribunale per i minorenni di Catania sull’istanza proposta da Vincenzo Berretta e Teresa Galfo, iscritta al n. 1378 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 1° ottobre 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 6 novembre 1996 nel corso di un giudizio diretto ad accertare l’idoneità all’adozione di coniugi i quali intendevano adottare minori stranieri (art. 30 della legge 4 maggio 1983, n. 184), il Tribunale per i minorenni di Catania ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 31 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 30 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), interpretati nel senso che escludono che il giudice possa, nel rilasciare l’attestato di idoneità all’adozione internazionale, specificare che quest’ultima si riferisce esclusivamente a minori che siano nati non più di quarant’anni prima del più anziano dei coniugi dichiarati idonei.

Il Tribunale per i minorenni di Catania ricorda di avere già sollevato, con ordinanza emessa l’11 dicembre 1995, la medesima questione, in ordine alla quale la Corte costituzionale ha disposto, con ordinanza n. 362 del 1996, la restituzione degli atti al giudice rimettente, perchè valutasse se la questione fosse ancora rilevante nel giudizio principale, risultando modificato il contenuto normativo dell’art. 6, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, a seguito della sentenza n. 303 del 1996, che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l’adozione, valutando esclusivamente l’interesse del minore, quando l’età di uno dei coniugi adottanti superi di oltre quaranta anni l’età dell’adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.

Il Tribunale per i minorenni di Catania ritiene che la questione di legittimità costituzionale, ancora non risolta, conservi rilevanza nel procedimento in corso, dovendo provvedere in ordine all’idoneità dei coniugi ad adottare non un minore determinato, che versi in particolari situazioni, ma minori in genere per i quali non può essere accertata alcuna delle circostanze soggettive che la sentenza n. 303 del 1996 prevede come tali da consentire di superare il divario massimo di età tra adottanti e adottando, ordinariamente fissato in quaranta anni.

Il Tribunale per i minorenni di Catania osserva che anche all’adozione internazionale si applica il requisito dell’età degli aspiranti adottanti, previsto dall’art. 6 della legge n. 184 del 1983, e che, per rispettare questa disposizione, non debba essere inibito al giudice, nell’attestare l’idoneità dei coniugi all’adozione internazionale (art 30 della legge n. 184 del 1983), di specificare espressamente che l’idoneità si riferisce all’adozione di minori nati non oltre quaranta anni prima del più anziano dei coniugi.

Adeguandosi all’interpretazione data alle norme denunciate dalla Corte d’appello di Catania, il giudice rimettente ritiene tuttavia che il diritto effettivamente vigente in quel distretto non consenta che, nel dichiarare l’idoneità all’adozione internazionale, il giudice possa fare riferimento alcuno all’età dei minori in relazione all’età dei coniugi, essendo tale valutazione esclusa nel momento in cui si giudica in astratto della loro idoneità all’adozione. Ma lo stesso giudice ritiene che, così interpretato, l’art. 30 della legge sull’adozione dei minori, che richiama i requisiti previsti dall’art. 6, sia in contrasto con gli artt. 2 e 31 della Costituzione, in quanto consente che chi aspira ad adottare fanciulli stranieri possa introdurre in Italia minori di qualsiasi età, non importa di quanti anni lontana da quella degli aspiranti adottanti. Sarebbe così negata la tutela che le norme costituzionali già indicate impongono di assicurare ai minori, i cui interessi verrebbero esposti ad una profonda lesione. Difatti la possibilità di affermare, in sede di dichiarazione di efficacia nello Stato dei provvedimenti stranieri di adozione o di affidamento preadottivo (art. 32 della legge n. 184 del 1983), l’inidoneità in concreto, per età, di coloro che hanno introdotto il minore in Italia, negando l’efficacia di affidamento preadottivo al provvedimento dell’autorità straniera, non eliminerebbe la lesione dell’interesse del minore, che si é già verificata, attraverso l’affidamento a chi, per età, non é idoneo ad adottare. Questa lesione potrebbe risultare irreversibile, o reversibile solo con la separazione traumatica del minore dai coniugi cui é stato affidato.

Ad avviso del giudice rimettente, la norma denunciata contrasterebbe anche con l’art. 3 della Costituzione, determinando una ingiustificata disparità di trattamento tra minori stranieri, i quali possono subire il pregiudizio sopra descritto, e minori italiani i quali, invece, possono essere affidati alle coppie più idonee per età. Ciò determinerebbe anche una lesione dell’art. 10 della Costituzione, per la violazione dell’obbligo internazionale di assicurare ai fanciulli, da adottare all’estero, garanzie equivalenti a quelle esistenti per le adozioni nazionali (art. 21, lettera c, della convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176).

Considerato in diritto

1. La questione di legittimità costituzionale investe gli artt. 6 e 30 della legge 4 maggio 1983, n. 184, che disciplina l’adozione e l’affidamento dei minori. Queste disposizioni stabiliscono che i coniugi, i quali intendano adottare un minore straniero, debbono richiedere la dichiarazione di idoneità all’adozione al tribunale per i minorenni (art. 30), che accerta la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 6 della stessa legge per permettere l’adozione, tra i quali il divario massimo di età tra adottanti e adottando.

Il Tribunale per i minorenni di Catania ritiene di dover interpretare la norma, secondo l’indirizzo giurisprudenziale della Corte d’appello di Catania, nel senso che il giudice non possa specificare, nel provvedimento che accerta l’idoneità all’adozione, che questa si riferisce a minori nati non più di quarant’anni prima del più anziano dei coniugi dichiarati idonei. Così interpretata, la norma sarebbe tuttavia in contrasto con la tutela assicurata dagli artt. 2 e 31 della Costituzione ai minori, i quali potrebbero essere affidati ed introdotti in Italia da coniugi di età superiore a quella prevista dall’ordinamento nazionale; ciò che determinerebbe anche una disparità di trattamento, in violazione degli artt. 3 e 10 della Costituzione, tra minori italiani e stranieri, non solo ingiustificata, ma in contrasto con l’obbligo internazionale di assicurare a questi ultimi parità di tutela (art. 21, lettera c, della convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176).

2. La questione non é fondata, non essendo esatto il presupposto interpretativo posto a base del dubbio di legittimità costituzionale.

Nel sistema normativo dell’adozione dei minori, pur essendo comuni i principi sia di quella interna che di quella internazionale, é necessariamente differenziata l’articolazione delle relative procedure. Solo nella prima il collegamento tra coniugi adottanti e minore da adottare é tale da consentire l’immediata valutazione, da parte del tribunale per i minorenni, dell’idoneità di quei coniugi ad offrire la famiglia di accoglienza adatta al minore per il quale si pronuncia, dopo il periodo di affidamento, il provvedimento di adozione.

Diversa é la scansione degli atti per l’adozione di minori stranieri, nel cui complessivo procedimento la valutazione unitaria dell’opportunità di inserimento del minore nella famiglia di adozione si articola in fasi distinte eppur collegate. Il giudizio di idoneità dei coniugi non é correlato ad un minore già individuato, in quanto esso precede il provvedimento, di adozione o di affidamento preadottivo, che sarà emesso da un’autorità straniera. Questo provvedimento, a sua volta, costituisce il presupposto perchè il tribunale per i minorenni, dichiarandone l’efficacia, disponga l’adozione in Italia, attribuendo a quel minore lo stato di figlio legittimo degli adottanti.

In questa articolata procedura la dichiarazione di idoneità dei coniugi all’adozione costituisce solo una valutazione preliminare e generica, non correlata ad un minore già individuato, il cui interesse dovrà essere in primo luogo valutato dall’autorità straniera che provvede in ordine all’adozione, tenendo conto delle caratteristiche della famiglia di accoglienza e giudicando se questa é idonea a soddisfare in concreto le specifiche esigenze del fanciullo, le sole che giustificano, con l’adozione, il definitivo inserimento nella sua futura famiglia. Perchè sia tutelato in modo efficace il preminente interesse del minore, le caratteristiche della famiglia adottante, rilevanti per il giudizio di adozione, devono essere rese note perchè possano essere tenute presenti dall’autorità straniera che emana il provvedimento di adozione o di affidamento preadottivo.

Il provvedimento preliminare con il quale il tribunale per i minorenni accerta l’idoneità dei coniugi alla adozione può, dunque, enunciare, nell’interesse del minore, ogni elemento utile perchè l’idoneità sia poi apprezzata in relazione allo specifico minore da adottare.

I provvedimenti nei quali si articola il procedimento di adozione di minori stranieri, pur diversi per contenuto ed autorità che li emana, sono, difatti, reciprocamente complementari e diretti alla valutazione unitaria dell’interesse del minore, sicchè ciascuno di essi deve esprimere la collaborazione necessaria affinchè possa realizzarsi, attraverso i provvedimenti collegati, questa valutazione unitaria.

3. Questa interpretazione, conforme alla funzione dell’istituto dell’adozione di minori e rispondente ai principi costituzionali invocati dal giudice rimettente, non é esclusa dall’art. 30 della legge n. 184 del 1983, che, nel disciplinare l’accertamento dell’idoneità dei coniugi ad adottare, non impedisce al provvedimento che la dichiara di precisare e rendere esplicite le caratteristiche della famiglia di accoglienza e, correlativamente, quelle del minore o dei minori dei quali i coniugi aspiranti all’adozione possono prendersi cura. Tali caratteristiche comprendono quelle rilevanti per la disciplina relativa al divario di età tra gli adottanti ed il minore, che l’ordinamento italiano prevede perchè, nell’interesse di quest’ultimo, possa essere pronunciata l’adozione. Del resto i decreti di idoneità all’adozione internazionale, emanati da numerosi tribunali per i minorenni, contengono spesso elementi ulteriori rispetto alla mera e conclusiva valutazione di idoneità dei coniugi; elementi destinati ad attuare, nell’interesse del minore, la necessaria collaborazione con l’autorità straniera che emanerà il provvedimento di adozione. Questa prassi applicativa della norma denunciata, diversa da quella indicata dal giudice rimettente, oltre che rispecchiare un’esigenza già presente nel sistema normativo, é quella conforme alla normativa internazionale. Difatti la convenzione per la tutela del minore e la cooperazione internazionale in materia di adozione (L’Aja, 29 maggio 1993), la cui autorizzazione alla ratifica é all’esame del Parlamento, ribadendo la necessità di garantire la realizzazione del miglior interesse del fanciullo, non solo prevede la collaborazione tra le autorità dei diversi Stati nelle procedure di adozione internazionale, ma prescrive espressamente che siano precisati i requisiti di capacità ed idoneità degli aspiranti genitori adottivi e le caratteristiche dei bambini dei quali si ritiene che essi potrebbero prendersi cura (art. 15).

4. La ricostruzione della disciplina normativa relativa al provvedimento di dichiarazione di idoneità dei coniugi ad adottare minori stranieri esclude, dunque, che possano trovare spazio i dubbi di legittimità costituzionale avanzati dal Tribunale per i minorenni di Catania.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 30 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 31 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Catania con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Relatore: Cesare MIRABELLI

Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1998.