ORDINANZA N.9
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 27 maggio 1996, n. 295 (Norme in materia previdenziale), promossi con n. 6 ordinanze emesse il 3 giugno 1996 dal Pretore di Brescia, rispettivamente iscritte ai numeri 1008, 1009, 1010, 1011, 1012 e 1013 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di costituzione dell'INPS nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1997 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto che, nel corso di vari giudizi instaurati per ottenere la ricostruzione del trattamento pensionistico in base alla sentenza n. 495 del 1993 di questa Corte, il Pretore di Brescia, con 6 ordinanze di identico contenuto emesse il 3 giugno 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 27 maggio 1996, n. 295 (Norme in materia previdenziale);
che secondo il rimettente la norma censurata - nel reiterare il contenuto del precedente decreto-legge 28 maggio 1966 n. 166 (Norme in materia previdenziale), sopravvenuto nelle more dei giudizi e contenente disposizioni relative alle modalità di pagamento delle somme maturate in favore degli aventi diritto in applicazione della citata sentenza di illegittimità costituzionale e della sentenza n. 240 del 1994 - si porrebbe in contrasto, nella sua intera formulazione, con l'art. 77, ultimo comma, della Costituzione, nonchè con gli artt. 1, secondo comma, 70, 72, 77, primo e secondo comma, e 136, secondo comma, della Costituzione, mancando l'imprescindibile requisito dell'esistenza di un caso straordinario, richiedente un necessario intervento governativo, di urgenza tale da escludere i tempi del normale iter parlamentare, ed attesa di conseguenza l'usurpazione da parte del potere esecutivo delle attribuzioni sovrane del Parlamento, promananti dal popolo, in assenza di delega;
che é intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza delle sollevate questioni;
che, nel giudizio promosso con R.O. n. 1008 del 1996, si é altresì costituito l'INPS anch'esso deducendo l'inammissibilità o l'infondatezza delle questioni stesse.
Considerato che i giudizi possono essere riuniti e congiuntamente decisi, in quanto riguardanti analoghe questioni;
che il decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 non é stato convertito e che la censurata normativa é stata reiterata dai decreti-legge 27 maggio 1996, n. 295, 26 luglio 1996, n. 396, e 24 settembre 1996, n. 499, tutti decaduti;
che gli effetti della decretazione d'urgenza sono stati fatti salvi dall'art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608;
che l'art. 1, commi 181 e 184, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha introdotto diversi criteri di copertura finanziaria della complessiva previsione di pagamento delle somme dovute agli interessati in applicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994;
che peraltro nelle fattispecie riveste preliminare rilievo, in termini di sovraordinazione logico-processuale rispetto ad ogni possibile censura di incostituzionalità (v. sentenza n. 103 del 1995), la considerazione che tanto nella normativa decretale quanto in quella di legge (art. 1, comma 183, della legge n. 662 del 1996) viene sancito che i giudizi pendenti siano dichiarati estinti d'ufficio;
che la mancata censura di tale previsione, la quale trova immediata applicazione anche nei processi a quibus (come, tra l'altro, avverte lo stesso rimettente), rende irrilevanti tutte le sollevate questioni, che pertanto risultano manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 27 maggio 1996, n. 295 (Norme in materia previdenziale), sollevate, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 70, 72, 77 e 136, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Brescia, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 gennaio 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Cesare RUPERTO
Depositata in cancelleria il 29 gennaio 1998.