ORDINANZA N.415
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Francesco GUIZZI, Presidente
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 649, primo comma, numero 1) del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 10 febbraio 1997 dal Pretore di Venezia, sezione distaccata di Chioggia, nel procedimento penale a carico di Nordio Gino, iscritta al n. 187 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 novembre 1997 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che con ordinanza del 10 febbraio 1997 emessa nel corso di un giudizio penale, il Pretore di Venezia, sezione distaccata di Chioggia, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 29 e 42 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 649, primo comma, numero 1) del codice penale, nella parte in cui, prevedendo per taluni reati contro il patrimonio una causa di non punibilità a favore del coniuge "non legalmente separato", include nel proprio ambito di applicazione anche il caso in cui sia in corso un procedimento di separazione personale nel quale siano stati adottati i provvedimenti provvisori da parte del presidente del tribunale a norma dell'art. 708 cod. proc. civ., ovvero sia stata pronunciata sentenza di separazione non ancora passata in giudicato;
che, ad avviso del giudice a quo, una volta individuata la ratio della speciale causa di non punibilità di taluni reati contro il patrimonio nella " presunzione di una comunanza di interessi [ tra i coniugi] che assorbe il fatto delittuoso" , secondo l'enunciato contenuto nella sentenza n. 423 del 1988 della Corte costituzionale, la disposizione denunciata non troverebbe più giustificazione quando quella presunzione non sia più ravvisabile a causa di vicende processuali che, anche se non esaurite - come nel caso di provvedimento provvisorio ex art. 708 cod. proc. civ., o anche di sentenza non ancora passata in giudicato -, rappresentano indici del venir meno di quel presupposto di "comuni interessi" tra i coniugi;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, nell'assunto dell'analogia tra la questione odierna e quella definita con la sentenza n. 423 del 1988 della Corte costituzionale, ha richiamato l'atto di intervento allora depositato nel relativo giudizio costituzionale, concludendo per l'infondatezza della questione.
Considerato che nell'ordinanza di rimessione il giudice a quo non indica gli elementi della concreta fattispecie portata al suo giudizio, limitandosi a prospettare il contrasto tra la norma denunciata e i parametri costituzionali invocati;
che tale carenza di motivazione in ordine alla incidenza della questione rispetto al giudizio principale assume ulteriore rilievo in presenza di una prospettazione cumulativa dei casi che il rimettente vorrebbe escludere dall'ambito di applicazione della causa di non punibilità (procedimento di separazione personale in fase di provvedimenti presidenziali temporanei ex art. 708 cod. proc. civ., ovvero sentenza conclusiva del giudizio ma non ancora definitiva);
che l'ordinanza di rinvio non consente pertanto di valutare la rilevanza della proposta questione di costituzionalità, cosicchè essa deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (tra molte, ordinanze n. 424 e n. 219 del 1996).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 649, primo comma, numero 1) del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 29 e 42 della Costituzione, dal Pretore di Venezia, sezione distaccata di Chioggia, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1997.
Presidente: Francesco GUIZZI
Redattore: Gustavo ZAGREBELSKY
Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1997.