ORDINANZA N.344
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 13 marzo 1995 dal Pretore di Reggio Calabria, nel procedimento penale a carico di Lombardo Demetrio ed altri, iscritta al n. 235 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 1997 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale per violazioni edilizie, il Pretore di Reggio Calabria, con ordinanza del 13 marzo 1995, pervenuta a questa Corte il 14 aprile 1997 (R.O. n. 235 del 1997), ha sollevato, in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);
che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione impugnata, nel prevedere la riapertura di termini per la concessione del condono edilizio di cui alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, costituirebbe esercizio della generale potestà di clemenza dello Stato in assenza della procedura garantistica prevista dall’art. 79 della Costituzione per la concessione dell’amnistia;
che, inoltre, sarebbe violato l’art. 3 della Costituzione sotto il duplice profilo della ragionevolezza e del principio di uguaglianza, in quanto la reiterazione del condono, a distanza di oltre nove anni da quello concesso nel 1985, sarebbe in contrasto con le giustificazioni costituzionali che erano state riconosciute al primo con riferimento alla eccezionalità del provvedimento ed alla esigenza di "chiudere un passato di illegalità";
che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione.
Considerato che la questione, nei termini in cui viene sollevata in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione, ha già formato oggetto di esame da parte di questa Corte, che ne ha dichiarato la infondatezza con la sentenza n. 427 del 1995, cui hanno fatto seguito la sentenza n. 256 del 1996 e le ordinanze nn. 457 e 537 del 1995, di manifesta infondatezza;
che, in riferimento ai citati parametri costituzionali, non sono dedotti profili sostanzialmente nuovi o diversi, tali da indurre ad un riesame della questione, che, pertanto, deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione, dal Pretore di Reggio Calabria con la ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1997.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Riccardo CHIEPPA
Depositata in cancelleria il 7 novembre 1997.