ORDINANZA N.318
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art.1, commi 1 e 2, lettera e), del decreto legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 20 aprile 1995 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi proposti da Caccia Parise e da Rotondo Alfredo contro il Ministero delle poste e telecomunicazioni, iscritte ai numeri 922 e 1303 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 39 e 49, prima serie speciale, dell’anno 1996.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 1° ottobre 1997 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto che - nel corso di due giudizi in cui i ricorrenti, dipendenti del Ministero delle poste e telecomunicazioni, premesso di aver presentato le dimissioni in data anteriore al 19 settembre 1992, chiedevano l’accertamento del loro diritto ad ottenere il collocamento a riposo ed il conseguente trattamento pensionistico - il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con due identiche ordinanze emesse il 20 aprile 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, numeri (recte: commi) 1 e 2, lettera e), del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), nella parte in cui, sospendendo fino al 31 dicembre 1993 i pensionamenti di anzianità, fa salve soltanto le posizioni dei dipendenti le cui dimissioni siano state accolte dalle amministrazioni anteriormente all’entrata in vigore dello stesso decreto-legge (e non anche di coloro che comunque abbiano già presentato le dimissioni);
che, a parere del rimettente, risulterebbe irragionevole e lesiva del principio del buon andamento della pubblica amministrazione la scelta di affidare a quest’ultima la piena libertà d’influire sul regime pensionistico del dipendente accogliendo o meno entro il 19 settembre 1992 le dimissioni dello stesso;
che, in particolare, la possibilità di godere del trattamento pensionistico verrebbe fatta dipendere da una situazione d’incertezza legata appunto all’accoglimento della domanda, e dunque all’emissione di un provvedimento — osserva il TAR — su cui possono influire circostanze, anche imprevedibili, insorte in sede istruttoria, con evidenti connotati di aleatorietà;
che è intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, la quale ha concluso — anche con memorie depositate nell’imminenza della camera di consiglio — per la non fondatezza della questione, richiamandosi all’irrilevanza delle disparità di mero fatto derivanti da circostanze accidentali e contingenti ed osservando infine come, nella specie, l’asserita disparità di trattamento vada ricollegata a situazioni di partenza già di per sé stesse diverse tra loro.
Considerato che le due ordinanze di rimessione pongono la medesima questione e che pertanto i relativi giudizi possono essere congiuntamente decisi;
che questa Corte ha già osservato come, nella globale riconsiderazione delle pensioni di anzianità e dei trattamenti anticipati in generale, i provvedimenti attuativi del blocco temporaneo all’accesso di tali peculiari forme di previdenza si inseriscano in una complessa opera di riforma, volta ad una soluzione di natura strutturale ma altresì resa necessaria da contingenti ed immediate esigenze di contenimento della spesa (sentenze n. 417 del 1996 e n. 245 del 1997);
che, inoltre, sia pure con riferimento ad una norma successiva a quella ora impugnata ma di analogo contenuto, la Corte ha escluso che l’adozione della data di accoglimento delle dimissioni quale discrimine temporale concretasse violazione dei parametri evocati dal giudice a quo (sentenza n. 417 del 1996 e ordinanza n. 92 del 1997);
che, nel richiamare espressamente l’art. 1, comma 2, lettera e) del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, la Corte ha osservato come tale scelta, ora nuovamente censurata dal Tribunale amministrativo regionale rimettente, trovi razionale spiegazione nella natura costitutiva del provvedimento amministrativo estintivo del rapporto di pubblico impiego, rispetto al quale la volontà del dipendente è soltanto un presupposto;
che, inoltre, nella sentenza da ultimo citata, è stato ribadito come le disparità di mero fatto, dovute a circostanze occasionali, non possano dar luogo a problemi di legittimità costituzionale;
che pertanto la questione è manifestamente infondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, lettera e), del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), sollevata in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 ottobre 1997.
Presidente: Renato GRANATA
Relatore: Cesare RUPERTO
Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1997.