Sentenza n. 262

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SENTENZA N.262

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

ha pronunciato la seguente                  

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), promosso con ordinanza emessa il 30 novembre 1995 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto, sul ricorso proposto da De Vallier Andrea contro la Provincia di Belluno ed altri, iscritta al n. 541 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione di De Vallier Andrea, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 aprile 1997 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

udito l'avvocato Alberto Borella per De Vallier Andrea e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1. Nel corso del processo amministrativo promosso da De Vallier Andrea per l'annullamento del decreto del Presidente della Provincia di Belluno avente ad oggetto il diniego di autorizzazione all'esecuzione dei lavori di costruzione di un fabbricato, sito in Belluno di proprietà del ricorrente e ricompreso nell'elenco delle bellezze d'assieme, redatto dalla Commissione provinciale ai sensi dell'art. 2, secondo comma, della legge 29 giugno 1939, n. 1497, il Tribunale amministrativo regionale del Veneto, seconda sezione, con ordinanza del 30 novembre 1995, ha sollevato questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 41, 42, 44 e 97 della Costituzione, degli artt. 2, 3 e 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 nella parte in cui consentono l'imposizione del vincolo di durata indefinita sull'immobile di proprietà del ricorrente, senza che alla redazione dell'elenco delle bellezze d'assieme debba fare seguito, entro un termine determinato, l'approvazione dell'elenco medesimo da parte dell'autorità amministrativa competente (art. 3 della legge n. 1497 del 1939).

Secondo il giudice remittente, alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale di cui alle recenti sentenze del Consiglio di Stato, VI sezione, 3 ottobre 1994, n. 1473 e 1° marzo 1995, n. 212, l'imposizione del vincolo si perfeziona già al momento in cui l'elenco delle località predisposto dalla Commissione viene pubblicato nell'albo del Comune interessato.

Pertanto, sempre ad avviso del giudice a quo, fin nella fase infraprocedimentale si sostanzia il vincolo di carattere provvisorio, e conseguentemente la mancata predeterminazione del dies ad quem entro il quale deve essere approvato (definitivamente) l'elenco, viola non solo il principio di buon andamento e d'imparzialità a cui deve essere informata l'azione dell'amministrazione unitamente al dovere della ponderazione degli interessi contrapposti a cui é diretto il procedimento di approvazione degli elenchi, ma altresì impinge nella lesione degli artt. 41 e 42 della Costituzione. Ciò in quanto il diritto di iniziativa economica avente tangibile esplicazione nel diritto di costruire e lo stesso diritto di proprietà vengono indefinitivamente conculcati senza il rispetto di tutte le formalità all'uopo previste dalla legge, ed oltretutto in mancanza di un termine finale di durata del vincolo provvisorio.

Si é costituito nel giudizio incidentale il ricorrente il quale, ribadito quanto già sostenuto dal collegio remittente, ha concluso nel senso che, in mancanza di rinvenimento nell'ordinamento di una disposizione di diritto positivo espressione di un principio generale della durata necessariamente limitata nel tempo dei vincoli provvisori (cfr. art. 2 della legge n. 1187 del 1968 sulla durata infraquinquennale dei vincoli preordinati all'espropriazione) ed in carenza di un meccanismo procedimentale che preveda l'intervento sostitutivo di cui esemplificativamente all'art. 1-bis della legge n. 431 del 1985, si deve, conseguentemente, giungere alla declaratoria di incostituzionalità delle norme denunciate.

2. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, in limine, ha concluso per l'inammissibilità della questione così come dedotta dal giudice a quo, ritenendo generica la definizione dell'oggetto devoluto all'esame della Corte.

Nel merito l'Avvocatura deduce l'infondatezza della questione poichè nessuna assimilazione può astrattamente prospettarsi fra i vincoli che conseguono dall'inclusione delle aree negli elenchi delle bellezze naturali e quelli urbanistici, ed in quanto l'approvazione non modifica gli effetti conseguenti all'adozione degli elenchi, sicchè non appare "appropriato" nè giuridicamente corretto definire provvisorio il vincolo scaturente da detti elenchi in attesa dell'approvazione.

Considerato in diritto

 

1. Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto solleva, in riferimento agli artt. 41, 42, 44 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), nella parte in cui consentono l'imposizione del vincolo di durata indefinita su immobili ricompresi nell'elenco delle bellezze d'assieme, redatto ai sensi dell'art. 2 della medesima legge senza la previsione di un termine per la conclusione del procedimento di imposizione del vincolo definitivo (approvazione dell'elenco da parte del Ministro, ora Regione competente) e senza il rispetto delle formalità previste dalla legge a tutela del diritto di proprietà e del diritto di costruire.

2. L'eccezione di inammissibilità, sollevata dalla Avvocatura generale dello Stato in ordine alla genericità dell'oggetto devoluto all'esame della Corte, non può essere accolta, in quanto l'ordinanza di rimessione individua sia le norme oggetto della questione (combinato disposto degli artt. 2, 3, e 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497), sia i parametri di costituzionalità, circoscrivendo il vizio denunciato che in sostanza si incentra sulla mancanza di termine di durata del vincolo provvisorio, decorrente dalla data della pubblicazione degli elenchi delle località ai sensi dell'art. 2 della anzidetta legge n. 1497 e sulla omessa previsione di termine di conclusione del procedimento mediante l'approvazione definitiva degli elenchi.

3. La questione di legittimità costituzionale é, nei vari profili prospettati, priva di fondamento.

Infatti l'efficacia del vincolo paesaggistico su bellezze di insieme, nei confronti dei proprietari, possessori o detentori, ha inizio secondo una interpretazione ormai pacifica ed accolta anche dal giudice a quo dal momento in cui, ai sensi dell'art. 2, ultimo comma, della legge citata, l'elenco delle località, predisposto dalla commissione ivi prevista e nel quale é compresa la bellezza di insieme, viene pubblicato nell'albo dei Comuni interessati.

Dal momento della pubblicazione dell'elenco sono esperibili dai soggetti interessati rimedi giuridici, quali le opposizioni e le osservazioni secondo la originaria previsione dell'art. 7; inoltre, a seguito dell'abolizione del presupposto processuale della definitività dell'atto impugnabile, é possibile avvalersi della tutela giurisdizionale avanti al giudice amministrativo, pur in carenza di puntuali atti applicativi del vincolo (diniego di autorizzazione, ex art. 7; provvedimenti inibitori, ex art. 8 o prescrizioni, ex art. 11 della legge citata), attesa la immediata operatività della protezione delle bellezze di insieme.

Il vincolo, inizialmente provvisorio, é destinato a trasformarsi in definitivo allorchè viene concluso l'iter procedimentale con il provvedimento finale (un tempo del Ministro ed ora della Regione o eventuale autorità subdelegata). Di conseguenza esso esplica tutti gli effetti di costituzione di obblighi (art. 7) a carico dei soggetti "proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, dell'immobile il quale sia stato compreso nei pubblicati elenchi delle località" ed é destinato a venire meno quando l'autorità preposta alla approvazione definitiva rifiuti l'approvazione (anche parzialmente eliminando l'efficacia rispetto a taluni immobili) ovvero intervenga una successiva modifica dell'elenco suddetto.

4. Nella legge n. 1497 del 1939 non era previsto un termine di durata del vincolo, nè era contemplato quello entro il quale doveva concludersi il procedimento; vi erano, peraltro, già nel sistema amministrativo allora vigente, strumenti giuridici di tutela delle posizioni dei soggetti interessati, quali, in primo luogo, la diffida a provvedere e, di seguito, l'istituto processuale del silenzio-rifiuto, con i conseguenti rimedi della giustizia amministrativa fino al giudizio di ottemperanza, una volta intervenuta la pronuncia giurisdizionale con valore di giudicato.

Con la legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso a documenti amministrativi) i rimedi risultano rafforzati dalla esplicita previsione normativa (art.2, comma 1) del dovere per la pubblica amministrazione di concludere i procedimenti iniziati d'ufficio come quello in esame mediante l'adozione di un provvedimento espresso, restando così aumentata l'efficacia dell'obbligo di provvedere già esistente nell'ordinamento, con esclusione di ogni forma di insabbiamento di procedimenti, anche nelle fasi subprocedimentali.

Nello stesso tempo per qualsiasi procedimento amministrativo, sia ad iniziativa d'ufficio che di parte, a prescindere dall'efficacia ampliativa o restrittiva della sfera giuridica dei destinatari dell'atto, vi deve essere la previsione (per legge o regolamento) del termine entro il quale esso deve concludersi a seconda della tipologia del procedimento; detto termine ove non sia specificamente determinato da ciascuna Amministrazione resta fissato nella misura standard (in via suppletiva ed in una misura tale da indurre le Amministrazioni a provvedere) di trenta giorni (art. 2, commi 2 e 3).

Inoltre la pubblica amministrazione é tenuta ad assicurare trasparenza sulla sfera della competenza attribuita alle proprie unità organizzative responsabili per ciascun tipo di procedimento (art. 4) e ad attuare l'istituto del "responsabile del procedimento" del quale deve essere assicurata la conoscenza esterna (artt. 5 e 6).

Infine sono configurabili una serie di effetti e di responsabilità in conseguenza di inerzia con l'inosservanza dei termini (arg. da artt. 5 e 6 della legge n. 241 del 1990; art. 3-ter del d.l. 12 maggio 1995 n. 163 recante "Misure urgenti per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni", introdotto in sede di conversione in legge 11 luglio 1995, n. 273).

Peraltro, con riguardo alla specifica argomentazione su cui insistono sia il collegio rimettente che il ricorrente, va precisato che il mancato esercizio delle attribuzioni da parte dell'amministrazione entro il termine per provvedere non comporta ex se, in difetto di espressa previsione, la decadenza del potere, nè il venir meno dell'efficacia dell'originario vincolo. In tali ipotesi, sempre che il legislatore non abbia attribuito un particolare significato all'inerzia-silenzio, si verifica un'illegittimità di comportamenti derivante da inadempimento di obblighi.

5. Con l'anzidetto sistema (v. legge n. 241 del 1990 e successive integrazioni e, per quanto riguarda la Regione Veneto, v. legge regionale 10 gennaio 1996, n. 1, Capo IV) il legislatore ha voluto dare applicazione generale a regole in in buona parte già enucleate in sede di elaborazione giurisprudenziale e dottrinale che sono attuazione, sia pure non esaustiva, del principio costituzionale di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 della Costituzione) negli obiettivi di tempestività, trasparenza e pubblicità dell'azione amministrativa.rasparenza, pubblicità, partecipazione e tempestività dell'azione amministrativa, quali valori essenziali in un ordinamento democratico.

Tale impostazione é stata reculteriormente accentuata dallo stesso legislatore che ha inserito, tra i principi e i criteri direttivi di una serie di deleghe legislative rilevanti in settori di riforma dell'amministrazione, i "principi generali desumibili dalla legge 7 agosto 1990, n. 241" (legge 15 marzo 1997, n. 59, dartt. 12, 14, 17, 20, comma 11, recante "Delega al Governo per il conferimento di funzioni we compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa"), ovvero i "principi contenuti nella legge n. 241" (legge 24 dicembre 1993, n. 537 recante "Interventi correttivi di finanza pubblica", art. 1, comma 2; legge 28 dicembre 1995, n. 549 relativa a "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica", art. 2, comma 47), ha richiamato la stessa legge n. 241 (legge 3 aprile 1997, n. 94, "Modifiche alla legge 5 agosto 1978, n. 468 recante Norme di contabilità generale dello Stato", art. 5), ovvero ha altresì indicato tra i criteri posti ad un regolamento delegato "i principi generali previsti dalla legge" anzidetta (legge 3 aprile 1997, n. 94, cit., art. 6).

6. L'ordinanza pone altresì il problema di costituzionalità, sotto il profilo della violazione degli artt. 41, 42 e 44 della Costituzione, in quanto il diritto di iniziativa economica ed il diritto di proprietà sarebbero compromessi dalla durata indefinita del vincolo provvisorio in mancanza di un termine finale. Nello stesso senso la parte privata insiste nel richiamare la legge n. 1187 del 1968 approvata a seguito della dichiarazione parziale di illegittimità costituzionale dei numeri 2, 3 e 4 dell'art. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, contenuta nella sentenza n. 55 del 1968 che ha stabilito un termine di durata quinquennale dei vincoli urbanistici preordinati all'espropriazione. La stessa parte privata si richiama alla legge n. 902 del 1952 per la previsione di efficacia quinquennale degli strumenti urbanistici in itinere ai fini della applicazione delle c.d. misure di salvaguardia.

Tali impostazioni partono da un presupposto di diritto errato, in quanto diversa é la natura dei vincoli previsti dalla legge n. 1497 del 1939 rispetto ai vincoli urbanistici derivanti dai piani regolatori comunali e dagli altri strumenti urbanistici.

Infatti i beni immobili soggetti a vincoli paesistici per il loro intrinseco valore " in virtù della loro localizzazione o della loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualità indicate dalla legge costituiscono una "categoria originalmente di interesse pubblico", la cui disciplina é del tutto estranea alla materia dell'espropriazione di cui all'art. 42, terzo comma, rientrando, invece, a pieno titolo nella disciplina dell'art. 42, secondo comma" (sentenza n. 417 del 1995 che si richiama all'indirizzo giurisprudenziale scaturente dalla sentenza n. 56 del 1968).

Di conseguenza deve essere riconfermata la non assimilabilità dei vincoli paesistici a quelli urbanistici e la inconferenza di qualsiasi richiamo o raffronto rispetto all'art. 2 della legge n. 1187 del 1968 (sentenza n. 417 del 1995): i beni paesistici, al pari dei beni vincolati dalla legge n. 431 del 1985, sono inscrivibili nella disciplina posta dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione (sentenze nn. 56 del 1968 e successive fino alla recente n. 417 del 1995), alla quale é del tutto estranea come sopra sottolineato la materia delle espropriazioni. Pertanto sul piano costituzionale non si profila neppure una esigenza di inefficacia dei vincoli paesistici oltre un certo tempo, quando non sia intervenuto un primo atto collegato alla previsione di un indennizzo ovvero strettamente preordinato all'espropriazione.

Neppure si pone un problema di durata della misura cautelativa o anticipatoria, nè un profilo di indennizzabilità anch'esso collegato alla durata, in quanto il legislatore ha attribuito un effetto immediatamente vincolante per i soggetti contemplati dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 fin dal momento della ricognizione delle "qualità connaturali secondo il regime proprio del bene", cioé dalla compilazione e pubblicazione dell'elenco con valore costitutivo del regime giuridico dell'immobile da parte delle commissioni al termine del primo subprocedimento. Ciò al fine di impedire che il lasso di tempo necessario per l'approvazione definitiva degli elenchi possa rendere possibili manomissioni incontrollate dei beni immobili ricompresi nell'elenco delle bellezza di insieme e quindi compromettere il paesaggio, valore tutelato dalla Costituzione (art. 9).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), sollevata, in riferimento agli artt. 41, 42, 44 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Riccardo CHIEPPA

Depositata in cancelleria il 23 luglio 1997.