SENTENZA N. 211
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), n. 3, del decreto legge 1° febbraio 1996, n. 39, promosso con ordinanza emessa il 24 febbraio 1996 dal Pretore di Parma, nel procedimento civile vertente tra Pagani Gianfranco e il Fondo previdenziale ed assistenziale degli spedizionieri doganali, iscritta al n. 414 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visti gli atti di costituzione di Pagani Gianfranco e del Fondo previdenziale ed assistenziale degli spedizionieri doganali nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 25 febbraio 1997 il Giudice relatore Francesco Guizzi;
uditi l'avvocato Salvatore Cabibbo per Pagani Gianfranco, l'avv. Dario Muzi per il Fondo previdenziale e assistenziale degli spedizionieri doganali e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Pagani Gianfranco, spedizioniere doganale, compiuto il sessantesimo anno di età, richiedeva la pensione di vecchiaia al Fondo previdenziale e assistenziale degli spedizionieri doganali. Concessa a partire dal 1° marzo 1994, la pensione veniva revocata, dopo circa sei mesi dalla data della sua decorrenza, in forza del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 494, che all'art. 3, comma 1, aveva elevato a 61 anni, a far corso dal 1° gennaio 1994, l'età per il collocamento in quiescenza.
Con ricorso depositato davanti al Pretore di Parma, in data 27 luglio 1995, il Pagani chiedeva che il Fondo fosse condannato a ripristinare la pensione ordinaria revocatagli. L'ente previdenziale si costituiva concludendo per il rigetto della domanda; e all'esito dell'udienza del 24 febbraio 1996, il Pretore promuoveva, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), numero 3, del decreto-legge 1° febbraio 1996, n. 39, nella parte in cui, nel disporre che il nuovo requisito di età per il conseguimento del diritto alla pensione trovi applicazione con effetto dal 1° gennaio 1994, non fa salve le posizioni di coloro ai quali la pensione era già stata concessa.
Osserva il rimettente che il decreto-legge n. 494 del 1994, non convertito in legge ma successivamente reiterato, senza soluzione di continuità, dal decreto-legge 7 ottobre 1994, n. 572, e da altri successivi, fino al decreto-legge 1° febbraio 1996, n. 39, ha disposto che, con decorrenza 1° gennaio 1994, si applichi "ai fini del conseguimento del requisito di età per il diritto alla pensione ordinaria di cui all'art. 5 del regolamento del Fondo, la tabella A), sezione uomini, allegata all'art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503".
In conseguenza di tale disposizione, le domande di pensione che sono pervenute al Fondo dopo il 31 dicembre 1993, come quella del Pagano, sono soggette alla nuova normativa. Sicuramente retroattiva, essa non risponderebbe ai precetti costituzionali contenuti negli artt. 3, 36 e 38, nella parte in cui non tutela le posizioni di coloro ai quali era già stata erogata la pensione, sì che la revoca avrebbe causato al ricorrente un duplice danno, privandolo dell'attività lavorativa e, nel contempo, del trattamento di quiescenza.
Pur essendo una facoltà legittima quella di emanare norme retroattive, il giudice a quo rileva che il legislatore é tenuto a rispettare i canoni costituzionali di razionalità e ragionevolezza. Nel caso di specie, la disposizione impugnata contrasterebbe infatti con l'art. 3 della Costituzione, perchè vi sarebbe la irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore, secondo l'insegnamento di questa Corte, per il tempo successivo alla cessazione della propria attività lavorativa. Orientamento ribadito con la sentenza n. 439 del 1994 che - quantunque concerna il personale della scuola - é riferibile anche al caso in esame.
La disposizione contrasterebbe altresì con gli artt. 36 e 38 della Costituzione, perchè il lavoratore anziano non potrebbe reperire altra occupazione, restando privo di qualsiasi emolumento.
2. Si sono costituite entrambe le parti del giudizio principale. Il Pagani per chiedere, in adesione all'ordinanza del Pretore, l'accoglimento della questione; il Fondo previdenziale e assistenziale degli spedizionieri doganali, ente di diritto pubblico istituito con la legge 22 dicembre 1960, n. 1612, per vederne affermata l'infondatezza, poichè il rapporto previdenziale non si esaurisce in via istantanea, ma si protrae nel tempo, configurandosi come rapporto di durata, a effetti permanenti, nel quale i presupposti di fatto devono sussistere lungo l'intero arco temporale di esso. Non sarebbe contraria perciò ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo la norma che - non toccando tanto l'atto generatore del rapporto, quanto gli effetti già esauriti - si limiti a incidere sulla sua ulteriore prosecuzione e, quindi, sugli effetti successivi all'entrata in vigore dell'innovazione normativa. Sì che la disposizione impugnata non lederebbe il diritto alla pensione, costituzionalmente garantito, avendone soltanto modificato i requisiti. Inconferente appare, poi, il riferimento agli artt. 36 e 38 della Costituzione, perchè - rientrando gli spedizionieri doganali nella categoria dei lavoratori autonomi iscritti a un ordine professionale - non sussisterebbe l'asserita "impossibilità di reperire una nuova occupazione", dal momento che sarebbe sufficiente reiscriversi all'albo per riprendere l'attività limitatamente ai sette mesi necessari al fine di acquisire il diritto ai sensi delle nuove disposizioni. I parametri invocati riguarderebbero, comunque, soltanto il caso del lavoratore subordinato.
3. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza, perchè la disposizione - emanata allo scopo di assicurare la "correntezza" delle prestazioni a carico del Fondo degli spedizionieri doganali - contempererebbe gli interessi generali con quelli particolari di alcuni soggetti, senza intaccare la disciplina complessiva del trattamento pensionistico.
4. In prossimità dell'udienza sono state depositate due memorie, rispettivamente dalla parte ricorrente e dal Fondo. Quest'ultimo insistendo sull'irrilevanza della questione e, in subordine, sull'infondatezza, perchè le casse dell'istituto non riuscivano a far fronte, nel 1993, alla richiesta di prestazioni previdenziali. Tutto ciò a causa di vari fattori, quali l'abbattimento delle barriere doganali dei paesi dell'Unione europea in seguito alla liberalizzazione della circolazione delle merci; l'estensione della rappresentanza doganale anche a operatori non iscritti all'albo; l'immediata cancellazione di coloro che, pur avendo maturato un'età pensionabile, avevano optato per la prosecuzione del rapporto; l'immediata cancellazione dei giovani iscritti in ragione della temuta precarietà delle prestazioni future; il progressivo azzeramento delle iscrizioni.
Per questi motivi il Fondo, non più in grado di adempiere i propri compiti, é stato costretto a far ricorso all'intervento dello Stato. E all'esito di una lunga e delicata istruttoria contabile, volta ad assicurare le prestazioni, veniva erogato dallo Stato un contributo di 12 miliardi per dare copertura alla differenza fra gli oneri dovuti per il 1994 e le entrate previste.
L'art. 3, comma 4, contenuto nei decreti-legge a partire dal n. 494 del 1994, ha stabilito misure d'intervento per il parziale riequilibrio finanziario del Fondo: un aumento dei contributi e la non erogazione dell'indennità di buonuscita anteriormente al raggiungimento dell'età richiesta per conseguire il diritto alla pensione ordinaria sulla base della tabella A), sezione uomini, allegata all'art. 1 del decreto legislativo n. 503 del 1992. Di qui, la non fondatezza delle censure mosse con riguardo ai canoni di razionalità e ragionevolezza, perchè l'effetto retroattivo, a far data dal 1° gennaio del 1994, si é reso necessario per le esigenze di risanamento del Fondo, ferma restando la salvaguardia dei diritti quesiti al 31 dicembre 1993.
Si é trattato d'un intervento di razionalizzazione delle prestazioni di questo Fondo che, lungi dall'aver totalmente sacrificato le posizioni di quanti hanno chiesto la pensione a partire dal 1° gennaio del 1994, si é limitato a differirne il godimento di dodici mesi, in modo conforme alle previsioni dell'art. 3 della legge n. 421 del 1992. Nessun pregiudizio, dunque, poichè il Pagani avrebbe goduto della pensione ordinaria, ad avviso dell'ente, a partire dal 1° marzo sino al 30 settembre 1994 (rispettivamente, data della concessione e della revoca), con ripristino dal 1° marzo 1995. Di fatto, pertanto, l'iscritto sarebbe stato privato del beneficio soltanto per cinque mesi.
La difesa del ricorrente ha concluso, in linea principale, per la restituzione degli atti al giudice rimettente e, in subordine, per la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, e 2, comma 1, della legge n. 608 del 1996 che ha sanato gli effetti dei vari decreti-legge succedutisi dal 18 febbraio 1994 in poi. Nel merito, secondo quest'ultimo, l'irragionevolezza scaturirebbe dal raffronto della norma impugnata con la disciplina contenuta nell'art. 1 del decreto legislativo n. 503 del 1992 che - elevando l'età per il pensionamento di vecchiaia - avrebbe rispettato le posizioni acquisite secondo canoni di prudente progressività. La norma impugnata avrebbe invece previsto l'innalzamento del requisito di età, con efficacia retroattiva, dal 1° gennaio 1994: dunque, con diversi mesi di ritardo rispetto all'emanazione della nuova disciplina che, invero, é entrata a regime solo l'anno successivo.
Considerato in diritto
1. Viene all'esame della Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), numero 3, del decreto-legge 1° febbraio 1996, n. 39, che ha disposto l'elevazione dell'età per il conseguimento del diritto alla pensione ordinaria previsto dagli artt. 24 e 25 del regolamento del Fondo previdenziale e assistenziale degli spedizionieri doganali, istituito con la legge 22 dicembre 1960, n. 1612, come modificata dalla legge 4 marzo 1969, n. 88, e disciplinato, da ultimo, dalle norme regolamentari contenute nel decreto ministeriale 30 ottobre 1973 (Approvazione del regolamento del Fondo previdenziale e assistenziale a favore degli spedizionieri doganali). Stabilita dalla tabella A), sezione uomini, allegata all'art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, l'età pensionabile é stata elevata a 61 anni per coloro che avevano maturato il diritto, nel 1994, senza salvaguardare quanti erano già titolari di pensione anteriormente all'entrata in vigore del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 494, che aveva richiamato, anche per i beneficiari delle prestazioni del Fondo, la disciplina del citato decreto legislativo n. 503 del 1992. La censura mossa dal Pretore di Parma, che invoca gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, é incentrata essenzialmente sul mancato rispetto dei canoni di razionalità e ragionevolezza, poichè il legislatore - innalzando l'età - avrebbe inciso sul trattamento pensionistico già concesso, con l'effetto di colpire colui il quale abbia operato la scelta del pensionamento mediante cancellazione dall'albo degli spedizionieri, presupposto per la richiesta di pensione ordinaria.
2. La questione é fondata.
Il decreto-legge 8 agosto 1994, n. 494 (Norme in materia di collocamento, di patronati, di previdenza per gli spedizionieri doganali, nonchè a sostegno dell'occupazione), nel reiterare, con modificazioni, il decreto-legge 18 febbraio 1994, n. 112, introduceva alcune disposizioni miranti ad assicurare la "correntezza" delle prestazioni a carico del Fondo previdenziale e assistenziale degli spedizionieri doganali con l'art. 3, comma 1. Tale decreto, con gli altri successivi fino al n. 404 del 1996, decadeva per mancata conversione; ma l'ultimo, del 1° ottobre 1996, n. 510, veniva convertito nella legge 28 novembre 1996, n. 608, che disponeva, nello stesso art. 1, anche la sanatoria degli effetti prodottisi sulla base dei decreti-legge non convertiti.
L'art. 3, comma 1, dei decreti-legge nn. 494, 572 e 674 del 1994, poi art. 4, comma 1, nei decreti-legge nn. 31, 105, 326, 416 e 515 del 1995, e, infine, divenuto art. 2, comma 1, nei decreti-legge nn. 39, 180, 300, 404 e 510 del 1996, ha stabilito che - ai fini del conseguimento del requisito di età per il diritto alla pensione ordinaria garantito dall'art. 25 del citato regolamento del Fondo - a partire dalla data del 1° gennaio 1994 trova applicazione la tabella A), sezione uomini, allegata all'art. 1 del decreto legislativo n. 503 del 1992.
In pratica, gli spedizionieri doganali, che al 1° gennaio 1994 si trovavano nella condizione di chiedere la pensione ordinaria, ai sensi degli artt. 68 e 69 del decreto ministeriale 10 marzo 1964 (Norme di applicazione della legge 22 dicembre 1960, n. 1612, concernente il riconoscimento giuridico della professione di spedizioniere doganale e la istituzione degli albi e del Fondo previdenziale a favore degli spedizionieri doganali), come modificato dal già richiamato decreto ministeriale 30 ottobre 1973, potevano conseguire la pensione con uno o più anni di ritardo a seconda del momento della maturazione del beneficio, come previsto dalla riforma previdenziale di cui al decreto legislativo n. 503, e non più al compimento di sessant'anni di età congiuntamente a un'anzianità di iscrizione al Fondo non inferiore a vent'anni.
Come si rileva dai dati forniti, la previsione legislativa che estende alle pensioni ordinarie del Fondo la tabella A) allegata alla citata riforma previdenziale, costituita dall'art. 3, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 494, operava con effetto retroattivo, poichè - sebbene pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'11 agosto 1994 - essa faceva retroagire l'efficacia al 1° gennaio di quell'anno. Sì che coloro i quali avevano chiesto la pensione nell'arco di tempo successivo a tale data, ottenendola in base ai requisiti configurati nelle disposizioni all'epoca vigenti, si sono visti revocare l'erogazione per effetto dello slittamento di cui alla tabella A), sezione uomini, della riforma previdenziale.
3. Trovandosi a decidere la causa mentre vigeva il decreto-legge n. 39 del 1996, il Pretore di Parma ha sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della disposizione contenuta nell'art. 2, comma 1, lettera a), numero 3, di tale decreto-legge. Preliminarmente si pone quindi il problema del trasferimento della questione dal decreto-legge n. 39 (denunciato ma non più in vigore) alla legge n. 608 del 1996 di conversione dell'ultimo dei decreti-legge in materia, il n. 510 del 1996, e di sanatoria degli effetti di tutti i decreti reiterati.
Secondo quanto stabilito da questa Corte nella sentenza n. 84 del 1996, la norma contenuta in un atto avente forza di legge - vigente al momento dell'ordinanza di rimessione, ma non più in vigore nel momento in cui la Corte rende la sua pronuncia - continua a essere oggetto del giudizio di legittimità costituzionale quando permanga nell'ordinamento perchè riprodotta da altra disposizione successiva, alla quale deve necessariamente riferirsi la decisione. Nel caso di specie, la norma é in vigore perchè contenuta nell'art. 2, comma 1, lettera a), numero 3, del decreto-legge n. 510 del 1996, convertito nella legge n. 608 dello stesso anno. A questa disposizione dovrà dunque indirizzarsi la sentenza.
4. Come si é detto, la norma censurata ha comportato la revoca, per cinque mesi, della pensione ordinaria già accordata dal Fondo di previdenza degli spedizionieri doganali a coloro che avevano maturato il proprio diritto fra il 1° gennaio e l'11 agosto del 1994. E poichè la concessione della pensione ordinaria procede in base al presupposto che lo spedizioniere sia cancellato dall'elenco degli iscritti al Fondo, esiste una stretta correlazione tra la maturazione della pretesa al trattamento previdenziale e la cessazione dell'attività professionale, produttiva del reddito. Sì che alla perdita della condizione di pensionato corrisponde, nel caso di specie, la impraticabilità d'un ripristino della qualità professionale attiva, visto che la revoca (retroattiva) del trattamento di quiescenza ha reso impossibile, per il periodo trascorso, la reiscrizione all'albo.
Il legislatore ha effettuato un intervento di sostegno nella materia previdenziale degli spedizionieri doganali per porre riparo a una situazione di crisi delle risorse finanziarie del Fondo, determinata principalmente (ma non solo) dall'eliminazione delle barriere doganali nei Paesi dell'Unione europea. Un intervento articolato in un complesso di misure, tutte a favore delle casse del Fondo, che ha innalzato, nello stesso tempo, i requisiti per ottenere la prestazione pensionistica (peraltro in conformità con quelli stabiliti nella riforma realizzata con il già richiamato decreto legislativo n. 503). La legittima ponderazione fra le ragioni dell'equilibrio di bilancio e quelle dei destinatari delle prestazioni previdenziali ha esorbitato, tuttavia, dai limiti della discrezionalità legislativa nell'imporre i nuovi requisiti, in via retroattiva, anche a coloro che, essendo in possesso di quelli statuiti anteriormente alla modifica legislativa, avevano già iniziato a fruire del trattamento di quiescenza. E se resta fermo che - anche quando sia iniziata l'erogazione previdenziale - il legislatore, nell'esercizio del suo potere discrezionale, può, a salvaguardia dell'equilibrio di bilancio, modificare la disciplina pensionistica fino al punto di ridurre il quantum del trattamento previsto (sentenza n. 417 del 1996), deve invece escludersi, com'é avvenuto nel caso di specie, che possa addirittura eliminare retroattivamente una prestazione già conseguita.
In tal modo la legge ha violato il canone di razionalità normativa con riferimento al diritto garantito dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione, non avendo tenuto in conto, con norma transitoria o in altro modo, che alcuni potessero avere esercitato la scelta tra la pensione e la prosecuzione dell'attività professionale.
La legge ha cancellato la facoltà di scelta che ogni iscritto al Fondo ha diritto di operare sulla base delle condizioni normative presenti nell'ordinamento in un determinato momento storico. Ha così frustrato, con lesione degli artt. 3 e 38 della Costituzione, il legittimo affidamento di coloro che, in ragione del quadro normativo esistente, hanno optato per il pensionamento. Di qui, la illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), numero 3, del decreto-legge n. 510 del 1996, convertito nella legge n. 608 del 1996, nella parte in cui introduce la modifica a partire dalla data del 1° gennaio 1994, anzichè da quella dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 494 del 1994.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), numero 3, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale), convertito nella legge 28 novembre 1996, n. 608, nella parte in cui, ai fini del conseguimento del requisito di età per il diritto alla pensione ordinaria di cui agli artt. 24 e 25 del regolamento del Fondo previdenziale e assistenziale degli spedizionieri doganali, disciplinata dal decreto ministeriale 30 ottobre 1973, in relazione all'art. 15 della legge 22 dicembre 1960, n. 1612, come modificato dall'articolo unico della legge 4 marzo 1969, n. 88, fa decorrere dal 1° gennaio 1994, anzichè dall'entrata in vigore del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 494 (Norme in materia di collocamento, di patronati, di previdenza per gli spedizionieri doganali, nonchè a sostegno dell'occupazione), l'applicazione della tabella A), sezione uomini, allegata all'art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1997.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Francesco GUIZZI
Depositata in cancelleria il 2 luglio 1997.