Sentenza n. 439 del 1994

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SENTENZA N. 439

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2-quinquies, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), promossi con n. 3 ordinanze emesse il 18 febbraio 1994 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, iscritte ai nn. 279, 280 e 281 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.21, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

Ritenuto in fatto

1. Investita dai ricorsi di tre insegnanti di ruolo avverso altrettanti decreti del provveditorato agli studi che ne dispongono il collocamento a riposo, per dimissioni volontarie, a decorrere dal 1° settembre 1993, ma con differimento della corresponsione della pensione al successivo 1° gennaio 1994, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, con tre ordinanze di analogo tenore emesse il 18 febbraio 1994, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2-quinquies, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, nella parte in cui differisce fino al 1° gennaio 1994 la corresponsione del trattamento pensionistico per il personale scolastico collocato a riposo, per dimissioni, dal 1° settembre 1993.

La norma denunziata sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, perchè non considera la peculiarità del personale della scuola, il quale è necessariamente collocato a riposo dal 1° settembre di ogni anno (art. 10 del decreto- legge 6 novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, nella legge 27 dicembre 1989, n. 417); e appare anche in contrasto con l'art. 38 della Costituzione, perchè priva i dipendenti della scuola collocati a riposo per dimissioni dal 1° settembre 1993, dello stipendio e della pensione per quattro mesi, sottraendo loro quel minimo indispensabile per provvedere ai bisogni essenziali della vita.

2. Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l'infondatezza della questione alla luce dell'esigenza preminente di contenere la spesa pubblica e di assicurare l'equilibrio del bilancio statale, nonchè in base alla considerazione che la sospensione dei tratta menti pensionistici concerne esclusivamente quei lavoratori, pubblici e privati, che hanno deciso la volontaria interruzione dell'attività lavorativa, potendo optare anche gli insegnanti, come gli altri pubblici impiegati, per la prosecuzione del rapporto di impiego.

Nè vale eccepire - si soggiunge - la specificità di detto personale, la cui cessazione dal servizio è temporalmente vincolata all'inizio dell'anno scolastico, dato che il decreto-legge 22 maggio 1993, n.155, convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n.243, ha ristabilito il diritto alla pensione, con decorrenza dal 1° settembre 1993, ove la vacanza conseguente alla cessazione dal servizio sia coperta da personale soprannumerario.

Considerato in diritto

1. La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, solleva questione di legittimità costituzionale, alla luce degli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, dell'art. 1, commi 1 e 2-quinquies, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, nella parte in cui differisce fino al 1° gennaio 1994 la corresponsione del trattamento pensionistico di anzianità per i dipendenti della scuola collocati a riposo, per di missioni, dal 1° settembre 1993.

Nelle tre ordinanze, di identico tenore, emesse dal Collegio, si osserva che per detto personale vale la regola del collocamento a riposo dal 1° settembre di ogni anno, ex art.

10 del decreto-legge 6 novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, nella legge 27 dicembre 1989, n. 417; l'applicazione del decreto-legge n. 384, citato, determinerebbe, quindi, una situazione irrazionale, in lesione del principio introdotto dall'art. 3 della Costituzione. Si denunzia, altresì, la violazione degli artt. 36 e 38 della Costituzione nell'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentt.nn. 204 del 1992, 566 del 1989, 169 e 31 del 1987, 288 del 1983).

2. Il decreto-legge n. 384 del 1992 muove dall'esigenza di fronteggiare la <grave situazione economica e finanziaria> - come risulta, eloquentemente, dal preambolo - adottando misure per il contenimento della spesa nei settori della previdenza, della sanità e del pubblico impiego, nonchè incrementando le entrate di natura fiscale e tributaria. Fra tali provvedimenti, vi è il differimento, fino al 1° gennaio 1994, della corresponsione della pensione d'anzianità per i soggetti che al 31 dicembre 1992 possedevano i requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti (art. 1, specialmente il comma 2-quinquies).

Sulla ratio del decreto-legge insiste l'Avvocatura generale dello Stato, che - per giustificare la norma denunziata e, quindi, il sacrificio di situazioni soggettive, pur se tutelate dalla legislazione vigente - fa leva sull'esigenza preminente di contenere la spesa pubblica e di assicurare l'equilibrio del bilancio statale.

Va però considerato che non viene all'esame della Corte, in questo caso, la razionalità intrinseca dell'intervento di <blocco> delle pensioni di anzianità dal settembre 1992, ma la questione, ben più circoscritta, della posizione giuridica del personale della scuola, per il quale la legislazione contempla un meccanismo specifico per l'accettazione delle dimissioni, che hanno effetto dal 1° settembre in ragione della necessaria continuità di prestazioni durante l'anno scolastico (ove siano presentate dopo il 31 marzo di un determinato anno scolastico, ma prima dell'inizio di quello successivo, le dimissioni hanno effetto dal 1° settembre dell'anno che segue: art. 10, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 357 del 1989, convertito nella legge n. 417 del 1989). Si tratta, com'è evidente, di una sequenza procedurale che limita la libera determinazione degli interessati, e trova il proprio fondamento nell'esigenza di regolare il funzionamento degli apparati scolastici, evitando disfunzioni e discontinuità che finirebbero per vulnerare, in questo delicato settore dell'amministrazione pubblica, il canone di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione.

In base a tali dati normativi, appare innegabile che l'applicazione al personale della scuola di quanto disposto dal decreto- legge n. 384 del 1992 genera una grave irrazionalità: il differimento al 1° gennaio 1994 dell'<accesso alla pensione> (per adoperare la terminologia del decreto-legge: art. 1, comma 2-quinquies) mal si combina con l'ordinamento scolastico, con la conseguenza di recare una lesione del tutto ingiustificata al personale della scuola, soggetto, com'è, a un regime specifico per l'accettazione delle dimissioni volontarie.

La norma denunziata va dunque dichiarata illegittima, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui differisce, fino al 1° gennaio 1994, la corresponsione della pensione per il personale della scuola collocato a riposo, per dimissioni, dal 1° settembre 1993.

Restano assorbite le censure mosse con riferimento agli artt. 36 e 38 della Costituzione.

3. Va aggiunto che lo stesso legislatore ha parzialmente riconosciuto la peculiarità del personale della scuola e ha disposto, pertanto, una deroga al <blocco>, ammettendo, con l'art. 5, comma 1-bis, del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n.

243, l'accoglimento delle domande di pensionamento con decorrenza 1° settembre 1993, a condizione, però, che vi fosse soprannumero di docenti della stessa materia e dello stesso ruolo provinciale, in modo tale da non determinare vacanze di organico e conseguenti nuove assunzioni.

Il riferimento, presente nella norma ora richiamata, al 1° settembre 1993, è chiara testimonianza della particolarità che segna l'ordinamento scolastico, dove le vicende del personale riflettono necessariamente le scadenze proprie dell'anno scolastico.

Dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2- quinquies, del decreto-legge n. 384, nei termini che si sono precisati, devesi far discendere in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale del citato art. 5, comma 1-bis, del decreto-legge n. 155 del 1993, nella parte in cui limita l'accoglimento delle domande di pensionamento, con decorrenza 1° settembre 1993, al soprannumero dei docenti della stessa materia e dello stesso ruolo provinciale. Quest'ultima norma, infatti, fa sistema con la disposizione denunziata, dichiarata costituzionalmente illegittima.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2- quinquies, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, nella parte in cui differisce, fino al 1° gennaio 1994, la corresponsione della pensione per il personale della scuola collocato a riposo, per di missioni, dal 1° settembre 1993;

b) dichiara altresì in via consequenziale, ai sensi dell'art.27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1-bis, del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 243.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 23/12/94.