Sentenza n. 144

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SENTENZA N. 144

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

 Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento delle competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 1994, n. 717, recante misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche), promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1995 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Marcello Zangara ed altri, iscritta al n. 426 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 1997 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto in fatto

  1.1.-- Con ordinanza 26 ottobre 1995 (r.o. n. 426 del 1996), la Corte di cassazione, sezione I penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 13 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 1994, n. 717, recante misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche), nella parte in cui non prevede l'esercizio del diritto di difesa nel corso del giudizio di convalida celebrato dinanzi al giudice per le indagini preliminari presso la pretura, avente ad oggetto il provvedimento adottato dal Questore.

Premette l'ordinanza che, con provvedimenti 1° marzo 1995, il Questore di Genova ha fatto divieto a Zangara Marcello, Barletta Angelo, Carminata Fabio, Resasco Davide, Fabbri Marco e Rossi Michele, di accedere per il periodo di un anno agli stadi, alle stazioni ferroviarie di Genova Brignole e Genova Principe, al casello autostradale di Genova est e allo scalo aereo e portuale di Genova, in occasione di incontri di calcio, di campionati e tornei nazionali ed internazionali. Quanto sopra essendosi i predetti resi responsabili di episodi di violenza durante l'incontro di calcio Genoa-Milan disputatosi il 29 gennaio 1995 in Genova.

Avendo, altresí, il Questore prescritto agli stessi di presentarsi presso il Commissariato della Polizia di Stato di San Fruttuoso, nell'orario e nelle circostanze indicate, i relativi provvedimenti sono stati convalidati dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Genova, con ordinanza 4 marzo 1995 che ha formato oggetto di ricorso per cassazione da parte di alcuni tra i soggetti sopra indicati.

1.2.-- Tanto premesso, il rimettente osserva che la norma censurata "prevede gravi limitazioni alla libertà personale che possono protrarsi anche per un periodo di tempo non certo breve (fino ad un anno)", senza contemplare, nella fase di convalida del provvedimento dinanzi al giudice per le indagini preliminari, l'intervento di un difensore "essendo l'ordinanza di convalida emessa inaudita altera parte".

Di qui la violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto, "nel procedimento nel quale -- come quello in esame -- viene in questione davanti ad un giudice l'interesse della libertà personale, spetta sempre al soggetto il diritto all'esercizio di un'integrale difesa", oltre che dell'art. 13, norma che, come risulta dalla sentenza della Corte costituzionale n. 53 del 1968, conferisce "alla libertà personale una propria e particolare rilevanza costituzionale e con essa il diritto, in relazione ai procedimenti che alla libertà si riferiscono, ad una effettiva integrale difesa di questo supremo interesse del cittadino".

1.3.-- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, é intervenuto per chiedere che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.

Considerato in diritto

1.-- Con l'ordinanza in epigrafe, la Corte di cassazione solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 1994, n. 717, recante misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche).

L'articolo, di cui fa parte la disposizione oggetto di censura, prevede la facoltà per il Questore di adottare misure di tipo preventivo nei confronti di persone che, secondo quanto precisato al comma 1, risultino denunciate o condannate per determinati reati, o abbiano preso parte attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero nelle stesse circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza. Tali misure, secondo quanto stabilito dal medesimo comma 1, possono consistere nel divieto di accesso ai luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive specificamente indicate nonchè ai luoghi, del pari specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni stesse. A questi soggetti il Questore può prescrivere altresí di comparire presso l'ufficio o il comando di polizia in orario compreso nel periodo di tempo nel quale si svolgono le competizioni sportive per le quali vige il richiamato provvedimento interdittivo (comma 2). Prescrizione quest'ultima che, ai sensi del comma 3, va notificata al destinatario e comunicata al competente Procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale, il quale, ove ritenga sussistenti i relativi presupposti, entro quarantotto ore dalla notifica del provvedimento, ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari.

2.-- Secondo l'ordinanza di rimessione, la disposizione censurata, nella parte in cui non prevede l'intervento di un difensore nella fase di convalida del provvedimento del Questore da parte del giudice per le indagini preliminari presso la pretura, si pone in contrasto con l'art. 13 della Costituzione atteso che la norma "prevede gravi limitazioni alla libertà personale, che possono protrarsi per un periodo di tempo non certo breve (fino ad un anno)", e con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione poichè "nel procedimento nel quale -- come quello in esame -- viene in questione davanti ad un giudice l'interesse della libertà personale, spetta sempre al soggetto il diritto all'esercizio di una integrale difesa".

3.-- La questione é fondata per quanto di seguito esposto.

Nel provvedimento che impone l'obbligo di comparire presso l'ufficio o il comando di polizia territorialmente competente, in orario compreso nel periodo di tempo in cui si svolgono le competizioni sportive, la Corte ha già avuto occasione di ravvisare una misura che incide sulla sfera della libertà personale del destinatario (sentenze nn. 143 e 193 del 1996). Di qui l'esigenza che l'adozione della stessa sia circondata, sul piano processuale, da quelle garanzie che la giurisprudenza ha da tempo indicato quando, pur ammettendo che provvedimenti provvisori possano essere adottati dall'autorità di pubblica sicurezza in situazioni caratterizzate da necessità ed urgenza, ha stabilito che gli stessi, qualora si risolvano in misure limitative della libertà personale, debbano essere sottoposti al vaglio dell'autorità giudiziaria (sentenze nn. 27 del 1959 e 74 del 1968). Quanto sopra al fine di garantire un controllo sul provvedimento da parte del giudice, in conformità di quanto disposto dall'art. 13 della Costituzione, nonchè per assicurare, in detta occasione, la garanzia del diritto di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione.

Nel quadro di tali principi occorre, dunque, valutare la questione sottoposta dal rimettente, il quale attraverso l'evocazione di entrambi i parametri sopra accennati, prospetta essenzialmente una possibile lesione del diritto di difesa derivante, a suo avviso, dalla emissione dell'ordinanza di convalida "inaudita altera parte". Ma il diritto di difesa, come la Corte ha già rilevato in altre occasioni, ammette una molteplicità di discipline, in rapporto alla varietà dei contesti, delle sedi e degli istituti processuali in cui esso é esercitato (sentenza n. 48 del 1994), al punto che la stessa assistenza del difensore può e deve trovare svolgimento in forme adeguate sia alla struttura del singolo procedimento o dell'atto che va adottato (sentenza 160 del 1995), sia alle esigenze sostanziali del caso sottoposto all'esame del giudice.

Il ricorso, nella disposizione oggetto di denuncia, al modello della convalida non impone, dunque, necessariamente di assegnare al procedimento le medesime garanzie previste per la convalida dell'arresto e del fermo di polizia giudiziaria. La identica qualificazione data al procedimento stesso, sul piano degli istituti processuali, non consente, infatti, di trascurare che il provvedimento qui assunto da parte del giudice per le indagini preliminari ha portata e conseguenze molto più limitate sulla libertà personale del destinatario, rispetto a quelle delle anzidette misure pre-cautelari o di altre ancora che, comunque, incidono in maniera ben più rilevante, sullo stesso bene.

Detti rilievi appaiono ancor più pertinenti ove si consideri che, nella fattispecie oggetto della disposizione censurata, la necessità di garantire all'interessato una adeguata difesa va coniugata con la celerità nell'applicazione della misura, condizione necessaria perchè la stessa possa rivelarsi efficace, sì da giustificare, in un equilibrato rapporto fra esigenze in giuoco, l'adozione di forme semplificate attraverso le quali possa esplicarsi il contraddittorio.

D'altra parte, nel caso di specie non sussiste neppure la paventata impossibilità per l'interessato di interloquire nel procedimento, giacchè, anche alla stregua del principio generale che nel processo penale consente alle parti ed ai difensori di presentare al giudice memorie o richieste scritte (art. 121 cod. proc. pen.), non si può ritenere impedito all'interessato di esercitare la facoltà di esporre le proprie ragioni al giudice per le indagini preliminari. Poste tali premesse, le argomentazioni del giudice a quo non sono, tuttavia, prive di una qualche plausibilità sotto il diverso profilo della esigenza di assicurare all'interessato la concreta ed effettiva conoscenza delle facoltà di difesa di cui può fruire. In questi limiti, per eliminare il vizio di costituzionalità dell'attuale disciplina, il destinatario del provvedimento deve essere espressamente avvisato della facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, appositamente nominato, memorie o deduzioni al giudice per le indagini preliminari. Detta facoltà dovrà evidentemente essere esercitata con modalità tali da non interferire con la definizione del procedimento di convalida, nei termini previsti dalla legge. Resta ovviamente salvo il potere del legislatore di apprestare una specifica disciplina al riguardo.

La disposizione denunciata va, pertanto, dichiarata illegittima nella parte in cui non prevede che la notifica del provvedimento adottato dal Questore contenga il predetto avviso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 1994, n. 717, recante misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche), nella parte in cui non prevede che la notifica del provvedimento del Questore contenga l'avviso che l'interessato ha facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice per le indagini preliminari.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Massimo VARI.

Depositata in cancelleria il 23 maggio 1997.