SENTENZA N. 65
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 43, diciassettesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) e della tabella c) allegata alla stessa legge, come sostituita dall'art. 9 della legge 12 agosto 1982, n. 569 (Disposizioni concernenti taluni ruoli del personale della Polizia di Stato e modifiche relative ai livelli retributivi di alcune qualifiche e all'art. 79 della legge 1° aprile 1981, n. 121), promosso con ordinanza emessa il 17-31 gennaio 1996 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Siclari Stelio ed altri contro il Ministero delle finanze, iscritta al n. 478 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1996;
Visto l'atto di costituzione di Padula Giovanni ed altri, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 26 novembre 1996 il giudice relatore Riccardo Chieppa;
Udito l'avvocato Giovanni Rizza per Padula Giovanni ed altri e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. - Nel corso del procedimento promosso con ricorso collettivo, in sede di giurisdizione esclusiva, da parte di un numeroso gruppo di ufficiali in s.p.e. nei gradi di tenente, capitano, maggiore e tenente colonnello della Guardia di finanza, al fine del riconoscimento del trattamento economico spettante alla Polizia di Stato con uguale anzianità e della conseguente condanna del Ministero delle finanze al pagamento dei maggiori importi maturati a titolo di differenze retributive, il tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza del 17-31 gennaio 1996, dopo avere ritenuto manifestamente infondati i profili relativi allo sganciamento della progressione economica da quella di carriera, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 43, diciassettesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) e della tabella c) allegata a detta legge, come sostituita dall'art. 9 della legge 12 agosto 1982, n. 569 (Disposizioni concernenti taluni ruoli del personale della Polizia di Stato e modifiche relative ai livelli retributivi di alcune qualifiche e all'art. 79 della legge 1° aprile 1981, n. 121), nella parte in cui non consentono di individuare la corrispondenza delle funzioni dei sottotenenti della Guardia di finanza con quelle degli appartenenti al ruolo dei commissari della Polizia di Stato.
Il giudice a quo ritiene di dover aderire alla denuncia di illegittimità costituzionale della norma indicata - formulata in subordine - dai ricorrenti sulla premessa che nel momento in cui l'art. 43, sedicesimo comma, della legge n. 121 del 1981 ha disposto che il trattamento economico previsto per il personale della Polizia di Stato è esteso, oltre che all'Arma dei carabinieri, ai Corpi previsti ai commi primo e secondo dell'art. 16 e che l'equiparazione avviene sulla base della tabella allegata, non avrebbe potuto essere ragionevolmente tralasciato dal legislatore il grado di sottotenente.
In ordine alla rilevanza della questione nel giudizio a quo si deduce che l'obliterazione della posizione dei sottotenenti comporta un livellamento verso il basso delle posizioni economiche degli ufficiali inferiori in ragione del fatto che l'equiparazione agli appartenenti al ruolo dei commissari ha quale stadio iniziale il grado di tenente; mentre con l'inserimento del grado pretermesso si determina, almeno nell'assetto retributivo, uno scorrimento in senso verticale degli stessi ricorrenti sebbene nessuno fra essi rivesta il grado di sottotenente.
Quanto alla prospettazione della questione, il giudice a quo accomuna sotto l'unico denominatore della irragionevolezza, l'irrazionalità della norma - in relazione all'art. 3 della Costituzione - da un lato, assumendo come tertium comparationis unitariamente le norme che espressamente prendono in considerazione il grado di sottotenente mediante l'estensione ad esso dei trattamenti indennitari spettanti ai vice commissari del ruolo dei commissari (artt. 2 della legge 20 marzo 1984, n. 34, e 6 del d.-l. 21 settembre 1987, n. 387, convertito in legge 20 novembre 1987, n. 472); dall'altro, prospettando l'irragionevolezza - in relazione all'art. 97 della Costituzione - della stessa disposizione dal momento che si pone in contrasto con il principio di equiparazione di cui all'art. 43, sedicesimo comma, ai sensi del quale il trattamento economico previsto in favore del personale della Polizia di Stato funge da parametro di riferimento, sulla base della tabella allegata, di quello spettante al personale dell'Arma e degli altri Corpi.
L'equiparazione, secondo il giudice remittente, sottintende la previsione di tutte le possibili qualifiche e tutti i possibili gradi dei diversi ordinamenti dal legislatore presi in considerazione, determinandosi, in caso contrario, un ingiustificabile vuoto normativo foriero di discriminazione per la categoria pretermessa e indice sintomatico di violazione del principio di buona amministrazione.
L'ordito argomentativo sul quale si fonda il dubbio di costituzionalità riproduce, secondo la prospettazione del giudice a quo, quello con il quale la Corte costituzionale con la sentenza n. 277 del 1991 dichiarava l'illegittimità costituzionale della stessa norma nella parte in cui non includeva le qualifiche di ispettore di Polizia, parametro di riferimento per l'individuazione delle corrispondenti funzioni connesse ai gradi dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri.
2. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituiti i ricorrenti del giudizio a quo, i quali hanno concluso per la declaratoria di illegittimità della norma censurata, richiamando integralmente le argomentazioni contenute nell'ordinanza di rimessione, nonché specifici precedenti di giurisprudenza che hanno avuto ad oggetto controversie nelle quali si discuteva sul grado di sottotenente prima della smilitarizzazione (Cons. Stato, sez. IV, 21 settembre 1989, n. 596; Id. sez. IV, 30 novembre 1989, n. 868).
3. - Nell'imminenza dell'udienza i ricorrenti, dopo aver ribadito le ragioni giuridiche che sorreggono la pretesa fatta valere innanzi al giudice remittente, hanno precisato che l'ignorantia elenchi nella quale si traduce il vizio denunciato, è rilevabile da una serie di indici normativi sintomatici: a) ai sensi della legge 29 marzo 1956, n. 288 e successive modificazioni, il grado di sottotenente entra a comporre la carriera di sottufficiale (cfr. sentenze del Consiglio di Stato, sez. IV, 21 settembre 1989, n. 596; id. 30 novembre 1989, n. 868); b) il grado di sottotenente è stato autonomamente considerato dal legislatore (cfr. artt. 2 della legge 20 marzo 1984, n. 34, e 6 del d.-l. 21 settembre 1987, n. 387, convertito in legge 20 novembre 1987, n. 472); c) l'organico del Corpo della Guardia di finanza prevede che le tenenze (primo livello di comando territoriale retto da ufficiale) sono attribuite al comando del tenente o sottotenente (cfr. art. 2, terzo comma, del d.lgs. C.p.S. 5 ottobre 1947, n. 1557).
Sul piano dell'ordinamento organizzativo delle forze di polizia, per effetto dell'obliterazione del grado in discussione, risulta che del tutto arbitrariamente le qualifiche dei commissari corrispondono a quelle di capitano per la seconda qualifica e al maggiore per la terza, benché, ai sensi dell'art. 33 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, solo per la terza e quarta qualifica i commissari svolgono funzioni di indirizzo e coordinamento.
Inoltre, sul piano dell'ordinamento interno, in esito al d.-l. 18 gennaio 1992, n. 9, convertito in legge 28 febbraio 1992, n. 217 (Disposizioni urgenti per l'adeguamento degli organici delle Forze di polizia) e al d.lgs. 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza) il trattamento retributivo dei tenenti e dei capitani della Guardia di finanza del tutto arbitrariamente coincide con quello che compete ai sottufficiali.
In replica l'Avvocatura generale dello Stato, intervenuta nel giudizio incidentale, deduce che l'assoluta analogia tra il sistema di reclutamento degli ufficiali in servizio permanente della Guardia di finanza e quello della Polizia di Stato per la nomina a commissario depone nel senso dell'assoluta correttezza della tabella allegata alla legge n. 121 del 1981: il conseguimento del grado di sottotenente del Corpo della Guardia di finanza è correlato alla positiva partecipazione al corso quadriennale di formazione come per la Polizia di Stato, la nomina a vice commissario consegue dopo lo svolgimento del corso quadriennale (art. 8 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 341).
Inoltre, sempre ad avviso dell'Avvocatura, lo scorrimento in senso verticale, seppure nella sola progressione economica, comporta il travolgimento della disciplina della "dirigenza militare" (art. 142 della legge n. 312 del 1980); mentre la perequazione per i trattamenti retributivi degli ufficiali rispetto ai sottufficiali è garantita dalla completa disciplina di settore.
Da ultimo, la normativa indicata dai ricorrenti che prende in considerazione il grado di sottotenente si riferisce ad indennità sganciate dalle specifiche funzioni che il grado ricomprende.
1. - Il tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione II, con ordinanza del 17-31 gennaio 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 43, diciassettesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 e della tabella c, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) e della tabella c) allegata a detta legge, come sostituita dall'art. 9 della legge 12 agosto 1982, n. 569 (Disposizioni concernenti taluni ruoli del personale della Polizia di Stato e modifiche relative ai livelli retributivi di alcune qualifiche e all'art. 79 della legge 1° aprile 1981, n. 121), nella parte in cui non consentono di individuare la corrispondenza delle funzioni dei sottotenenti della Guardia di finanza con quelle degli appartenenti al ruolo dei commissari della Polizia di Stato.
Secondo il giudice rimettente, la mancata previsione del grado di sottotenente della Guardia di finanza, stadio iniziale in cui si articola la carriera militare (come ufficiale) del Corpo, oltre a violare il principio di equiparazione del trattamento economico di tutte le forze di polizia, previsto dall'art. 43, sedicesimo comma, della legge n. 121 del 1981, dà vita al vizio di irrazionalità della norma in relazione all'art. 3 della Costituzione, dal momento che altre disposizioni normative - che fungono in modo unitario da tertium comparationis - hanno esteso i trattamenti indennitari spettanti al vice commissario del ruolo dei commissari ai sottotenenti (artt. 2 della legge 20 del ruolo dei commissari sottotenenti (artt. 2 della legge 20 marzo 1984, n. 34, e 6 del d.-l. 21 settembre 1987, n. 387, convertito in legge 20 novembre 1987, n. 472).
Inoltre, sotto altro profilo, la norma censurata è altresì affetta, secondo il giudice a quo, dal vizio di irragionevolezza in relazione all'art. 97 della Costituzione, poiché l'equiparazione del trattamento economico sottintende la previsione di tutte le possibili qualifiche e di tutti i possibili gradi dei diversi ordinamenti dal legislatore presi in considerazione dal legislatore, non giustificandosi il vuoto normativo conseguente alla pretermissione del grado iniziale della carriera (di ufficiale) della Guardia di finanza, se non come indice sintomatico della violazione del principio di buona amministrazione.
2. - La questione è priva di fondamento.
Preliminarmente, va precisato che la legge 1° aprile 1981, n. 121, oltre a smilitarizzare ed innovare l'assetto del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza e di quello della Polizia femminile (peraltro con il loro scioglimento), mediante l'introduzione di una serie di norme organizzative e di un nuovo ordinamento della Polizia di Stato, ha fissato il principio di equiparazione del trattamento economico (art. 43, sedicesimo comma), di tutte le forze di polizia, sia ad ordinamento civile che militare senza distinzione, compresi il Corpo della Guardia di finanza, il Corpo degli agenti di custodia (ora Corpo di polizia penitenziaria) e il Corpo forestale dello Stato.
La equiparazione economica è stata attuata attraverso l'estensione, in via di principio e in modo permanente e generale, del trattamento economico, previsto per il personale della Polizia di Stato (da fissarsi, con esclusione dei dirigenti, sulla base di accordi), all'Arma dei carabinieri e agli altri Corpi suindicati previsti dal primo e secondo comma dell'art. 16 (art. 43, sedicesimo comma).
Nello stesso tempo è stata stabilita (art. 43, diciassettesimo comma, della legge n. 121 del 1981) in forza della tabella allegata alla stessa legge n. 121 - poi sostituita dalla tabella c) allegata alla legge 12 agosto 1982, n. 569 - una equiparazione tra gradi e qualifiche del precedente ordinamento della polizia e rispettivamente qualifiche del nuovo ordinamento della Polizia di Stato e gradi del personale delle altre forze di polizia.
La normativa in esame detta nel contempo un nuovo ordinamento della pubblica sicurezza (tale è anzi il titolo della legge), come amministrazione ad ordinamento speciale con organizzazione ripartita a base centrale, nell'ambito del Ministero dell'interno - con attribuzione al Ministro del potere di coordinamento - e periferica, con compiti e funzioni di forza di polizia (art. 1 e seguenti della legge n. 121 del 1981) in materia di ordine e sicurezza pubblica. Ma detta legge, lungi dal perseguire l'intento di modificare (unificandoli) gli ordinamenti delle varie forze di polizia, mantiene invece gli assetti normativi specifici, "fermi restando i rispettivi ordinamenti e dipendenze" dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza (art. 16, primo comma) e "fatte salve le rispettive attribuzioni e le normative dei vigenti ordinamenti" del Corpo degli agenti di custodia (ora Corpo della polizia penitenziaria) e del Corpo forestale dello Stato.
Pertanto è rimasta disciplinata dalla preesistente (e differenziata) normativa tutta la parte ordinamentale relativa alle varie Forze di polizia (diverse dalla Polizia di Stato) comprese le modalità di arruolamento nei vari ruoli, le dipendenze, i gradi e le qualifiche, i sistemi di avanzamento, i limiti di età correlati alle rispettive posizioni degli appartenenti alle varie forze di polizia.
Diversamente dalla Polizia di Stato, che ha avuto con la legge n. 121 del 1981 un nuovo assetto e ordinamento a carattere civile (peraltro non esaustivo), per le altre forze di polizia lo stato giuridico del personale e gli aspetti organizzativi e funzionali dei vari corpi, sono stati non solo sottratti all'ambito dispositivo della predetta legge, ma anzi presupposti nelle loro specifiche peculiarità dalla anzidetta nuova normativa, che concerne, per quanto interessa i profili oggetto della questione in esame, unicamente gli aspetti relativi al trattamento economico, come confermato dall'art. 43 e dalla tabella allegata alla legge n. 121 del 1981.
D'altra parte non può negarsi che le funzioni a tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, anche se altamente qualificanti, costituiscano soltanto un aspetto dei compiti di polizia, essenziali per la Polizia di Stato e l'Arma dei carabinieri (forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza) e concorrenti per la Guardia di finanza ("per il concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica": art. 16, primo comma, della legge n. 121 del 1981; art. 1, secondo comma, della legge 23 aprile 1959, n. 189, recante "Ordinamento del Corpo della Guardia di finanza"). Invece dette attribuzioni (tutela dell'ordine e sicurezza pubblica) vanno ad integrare una funzione eventuale e concorrente per il Corpo di polizia penitenziaria e per il Corpo forestale dello Stato, che "sono altresì forze di polizia e possono essere chiamati a concorrere nell'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica" (art. 16, secondo comma, della legge n. 121 del 1981). Nello stesso tempo tutte (senza discriminazione) le forze di polizia possono essere utilizzate "anche per il servizio di pubblico soccorso", compito egualmente essenziale per una polizia moderna al servizio dei cittadini (artt. 16, terzo comma e 24, della legge n. 121 del 1981).
Per tutte le forze di polizia, eccetto la Polizia di Stato, sono rimasti invariati i compiti e le funzioni che caratterizzano la specificità di ciascun Corpo e, conseguentemente, l'ordinamento (civile e militare).
In realtà, proprio in considerazione delle diversità ordinamentali delle varie forze di polizia, l'unico aspetto immediatamente unificante della legge n. 121 del 1981 è dato dalla richiamata estensione (automatica e normativa con effetti di rinvio mobile) del trattamento economico del personale della Polizia di Stato agli appartenenti alle altre forze di polizia.
Deve, tuttavia, essere chiarito che questo trattamento economico, previsto con effetto generale per tutte le forze di polizia, subisce (oltre le differenziazioni dipendenti nello stesso sistema dallo svolgimento di funzioni collegate a specifiche indennità) i riflessi sostanziali derivanti dalle diverse forme di progressione nelle qualifiche e nei gradi, anche se l'omogeneizzazione economica era destinata ad affinarsi nel corso del tempo, nell'obiettivo di perseguire l'effettivo equilibrio di trattamenti che presuppone l'eliminazione di differenze o carenze di meccanismi di progressione in taluni ordinamenti.
3. - Occorre inoltre sottolineare che l'unificazione del trattamento economico mediante estensione, alle altre forze di polizia, di quello previsto per la Polizia di Stato è per sua natura generale e non destinato a creare vuoti normativi, integrandosi con la preesistente normativa e con quella sopravvenuta (atteso il carattere del rinvio) per quanto non espressamente disciplinato dalla legge n. 121 del 1981 e successive integrazioni.
4. - Sotto altro profilo, in un'ottica più aderente alla questione dedotta all'esame, è necessario sottolineare ulteriormente che per la Guardia di finanza parte integrante delle forze armate dello Stato e della forza pubblica, alle dirette dipendenze del Ministro delle finanze (art. 1 della legge 23 aprile 1959, n. 189), con compiti primari individuati essenzialmente nell'attività di prevenzione e repressione delle evasioni e delle violazioni finanziarie (in senso ampio comprendente l'ambito tributario statale), di vigilanza in mare per fini di polizia finanziaria, nonché nei limiti stabiliti dalle singole leggi, sull'applicazione delle disposizioni di interesse politico-economico, sono previsti correlati poteri di indagine e di controllo (potere di accesso, di richieste di notizie e di verifiche fiscali), come attività indispensabile di amministrazione tributaria intesa all'acquisizione (istruttoria) di tutti gli elementi utili alla successiva determinazione del debito di imposta e delle eventuali conseguenti sanzioni, con carattere strumentale rispetto al provvedimento di accertamento attribuito alla competenza degli uffici finanziari.
Tali funzioni peculiari (rispetto alle altre forze di polizia) caratterizzano, anche sotto il profilo organizzativo, la struttura, la configurazione e la preparazione attitudinale come forza di polizia ad ordinamento militare, in una valutazione compiuta dal legislatore di necessaria corrispondenza, per il buon andamento, tra compiti, poteri coercitivi ed ordinamento (aspetti riuniti in una inseparabile connessione e interdipendenza) in uno dei settori più delicati nell'attuale configurazione dello Stato, quale quello della polizia in campo finanziario-tributario; ciò risulta in modo più appariscente e storicamente primigenio per i compiti di vigilanza dei confini e di prevenzione e repressione del contrabbando.
Il che impone una selezione attitudinale, una preparazione e una formazione professionale corrispondente ai compiti, alle funzioni peculiari della Guardia di finanza e al correlativo tipo di ordinamento militare (sul carattere "intrinsecamente militare" del Corpo della Guardia di finanza, v. sentenza n. 30 del 1997).
Proprio con riferimento alle anzidette esigenze, nel sistema normale di accesso al ruolo ufficiali in s.p.e. della Guardia di finanza, il grado iniziale di sottotenente, più che contraddistinguere il tipo di mansioni esercitate, si riconnette ordinariamente ad un particolare status, conseguente alla partecipazione, nell'ambito del corso quadriennale di formazione presso l'Accademia della Guardia di finanza, ad un periodo di corso di applicazione, decorrente, ai sensi degli artt. 1 e 2 della legge 29 maggio 1967, n. 371 (Disposizioni sul reclutamento degli ufficiali in servizio permanente della Guardia di finanza), dall'inizio del secondo biennio del corso.
Agli allievi del corso di formazione, articolato in due bienni, in esito al positivo superamento del primo biennio, viene attribuito il grado di sottotenente.
Infatti, secondo la scansione tipica che tradizionalmente contraddistingue il reclutamento degli ufficiali in s.p.e. delle forze armate, solo al termine del corso quadriennale, dopo aver superato il corso d'applicazione e quindi acquisito il livello di preparazione superiore (paragonabile a quello necessario per il conseguimento del diploma di laurea), l'ufficiale viene promosso al grado di tenente (cfr. art. 64 della legge 12 novembre 1955, n. 1137, recante "Avanzamento degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica", applicabile agli ufficiali della Guardia di finanza in base al disposto dell'art. 1 della legge 24 ottobre 1966, n. 887, recante "Avanzamento degli ufficiali della Guardia di finanza", salve le successive norme speciali per la Guardia di finanza).
Del resto, su un piano più generale, deve essere posto in rilievo che nell'ordinamento militare il grado di tenente è previsto normalmente come grado iniziale per quei ruoli di ufficiale in s.p.e. per i quali viene richiesto come requisito di accesso il possesso di laurea specifica (v., ad es., ruolo del servizio sanitario dell'Esercito, ufficiali medici, ufficiali chimici farmacisti; ruolo del servizio di commissariato, ufficiali commissari; ruolo del servizio veterinario; ruolo medici del Corpo sanitario della Marina).
5. - Sulla base delle predette considerazioni risulta non in termini il richiamo alla sentenza n. 277 del 1991 della Corte, avente ad oggetto la mancata individuazione nella tabella di cui si discute della qualifica di ispettore di polizia, che doveva costituire, nel presupposto di omologia di funzioni espletate dai sottufficiali dell'Arma dei carabinieri, il parametro di riferimento per il trattamento economico di questi ultimi: si disputava infatti sulla "equiparazione ai soli fini del trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri, senza alcuna incidenza sull'ordinamento della loro carriera".
La sentenza invocata si basava sul principio della tendenziale corrispondenza del trattamento economico al tipo di funzioni esercitate, cui doveva uniformarsi la tabella di equiparazione in base al "criterio funzionale, perché il solo idoneo a rendere omogeneo, sotto il denominatore comune delle funzioni, il trattamento economico del personale inquadrato nei rispettivi apparati secondo articolazioni diverse". Ma la ragione della dichiarata illegittimità costituzionale, contenuta nella citata sentenza, era stata ripetutamente collegata alla "irragionevolezza dell'esclusione dalla tabella delle qualifiche degli ispettori di polizia e conseguentemente della avvenuta equiparazione retributiva di tutti i gradi dei sottufficiali dei carabinieri soltanto al ruolo dei sovrintendenti di polizia perché, non risultando che ciò sia avvenuto sulla base di un criterio collegato alla corrispondenza delle funzioni, va ravvisata un'intima contraddizione tra la norma (art. 43, diciassettesimo comma, della legge n. 121 del 1981) che rinvia alla tabella e quest'ultima, che non risponde allo scopo per cui è prevista".
Questa Corte aveva sottolineato che la tabella risultava "compilata in modo tale da non permettere di stabilire, anche a causa delle omissioni prima ricordate, se l'esclusione delle qualifiche degli ispettori dalla comparazione con i gradi dei sottufficiali dei carabinieri sia avvenuta in ragione di una effettiva specificità delle funzioni connesse a quelle qualifiche perché ritenute non assimilabili a quelle dei predetti sottufficiali".
D'altro canto, caratterizzante la posizione dei sottufficiali dei carabinieri (a parte la tradizionale unitarietà delle funzioni di polizia di sicurezza) era la precedente equiparazione di gradi, cui seguiva una comparazione di funzioni. Infatti la normativa esistente prima dell'entrata in vigore della legge del 1981, assicurava la corrispondenza del trattamento economico degli appartenenti al corpo delle guardie di pubblica sicurezza in base ad un parametro omogeneo, costituito dai gradi militari, in cui ciascuna forza si articolava, mentre la legge n. 121 del 1981 prevede ruoli (agenti, assistenti, sovrintendenti, ispettori, commissari e dirigenti), ciascuno caratterizzato dal tipo di mansioni o di funzioni.
Nel giudizio in cui è stata emessa la richiamata sentenza n. 277 del 1991 si richiedeva alla Corte un intervento duplice: "da un canto, di carattere caducatorio nei confronti della nota in calce alla tabella, così eliminando dall'ordinamento la dichiarazione di non corrispondenza che vi si legge; e dall'altro, di carattere additivo (non ritenuto ammissibile dalla Corte) per effetto del quale, in seguito alla dichiarazione di illegittimità costituzionale della mancata equiparazione economica", gli interessati avrebbero potuto conseguire il trattamento economico superiore.
L'anzidetta sentenza riteneva necessarie "ulteriori specifiche valutazioni relative alla comparazione delle mansioni dei sottufficiali dei carabinieri e di quelle dei soprintendenti e ispettori della Polizia di Stato", mentre solo sulla base della giurisprudenza amministrativa è stato ritenuto che, per effetto della pronuncia di illegittimità costituzionale, fosse venuto a riespandersi il principio di equiparazione secondo omogeneità di funzioni, sempre con riferimento alle due forze di polizia in esame. In sede di conversione del d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5, convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216, è stato fatto valere il principio di omogeneizzazione anche per il personale delle corrispondenti categorie delle altre forze di polizia, compresa la Guardia di finanza (sentenza n. 455 del 1993).
6. - Invece, la questione oggetto di esame in questa sede non può coinvolgere il profilo funzionale, dato che il sottotenente in s.p.e. della Guardia di finanza, grado iniziale che (nel reclutamento normale) si consegue dopo il primo biennio del corso di formazione, ordinariamente è tenuto a svolgere compiti di studio e di addestramento, con livello di funzioni e grado che non si diversifica dal precedente assetto di equiparazione di trattamento economico di livello certamente inferiore a quello dei tenenti (equiparati a commissari di prima qualifica, ora vice commissari).
Sul piano della comparazione con il ruolo della Polizia di Stato deve, inoltre, essere precisato che la qualifica di "commissario 1 qualifica" (vice-commissario della Polizia di Stato), prevista dalla tabella c) della legge n. 121 del 1981, del 1981, si raggiunge attraverso due vie: la prima presuppone l'esito positivo del concorso per il quale è necessario il possesso del diploma di laurea ed il successivo superamento del corso di formazione della durata di nove mesi (artt. 55 e 56 della legge n. 121 del 1981). La seconda, alternativamente (anche se, di fatto, in tempo recente non sono state indette nuove procedure) presuppone, dopo il superamento del concorso di ammissione (distinto dal precedente) per chi è in possesso del diploma di maturità, la frequenza del corso quadriennale presso l'Istituto superiore di Polizia (finalizzato al conseguimento di laurea) ed il successivo corso di formazione della durata di nove mesi, solo al termine del quale vi è la nomina a "vice commissario".
Per questa seconda modalità di accesso alla carriera, al termine del primo biennio gli allievi, superati gli esami ed ottenuto il giudizio di idoneità, conseguono, in forza dell'art. 13 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. n. 341, la nomina ad aspiranti vice-commissari, ai quali possono essere equiparati i sottotenenti della Guardia di finanza frequentatori del secondo biennio presso l'Accademia, accomunati dal normale svolgimento di compiti di studio e di addestramento.
7. - In definitiva l'ordinanza del giudice a quo parte da un erroneo presupposto, cioè che il livello del grado iniziale di ufficiale in s.p.e. e di funzioni direttive nelle forze di polizia debba coincidere ed attestarsi al grado di tenente, con un conseguente scorrimento, e non tiene conto delle diverse modalità di accesso, qualità e titoli richiesti dalla legge secondo i singoli ordinamenti (e in taluni casi anche nell'ambito dello stesso Corpo di polizia), basate su requisiti attitudinali e modi di formazione e addestramento differenti.
È evidente che il sottotenente della Guardia di finanza non poteva essere inserito nel quadro retributivo di equiparazione sullo stesso piano del commissario 1 qualifica, al quale invece veniva (ed è) equiparato il tenente (che consegue tale grado dopo il superamento del secondo biennio: con l'inizio del corso di applicazione).
Nello stesso tempo non può mancarsi di rilevare che lo status di aspirante vice commissario, allievo che attende a compiti di studio ed addestramento professionale, corrisponde a quello del grado di sottotenente della Guardia di finanza.
Né tantomeno sarebbe ipotizzabile per la Guardia di finanza uno scorrimento in senso verticale, anche se nella sola progressione del trattamento economico, nel grado di tenente, di capitano e di maggiore della Guardia di finanza, sia perché in contrasto con l'assetto normativo (tabellare) testuale, sia perché si produrrebbe una ingiustificata perturbazione dei livelli e della disciplina della "dirigenza", con un ingiustificato innalzamento di un livello e alterazione di un preesistente e necessario equilibrio normativo ed economico dell'intero settore civile e militare.
Giova a questo riguardo sottolineare la crescente preoccupazione del legislatore di non alterare equilibri tra i vari ordinamenti militari, tanto da procedere contestualmente, anche se con separati atti, alla determinazione dei diversi trattamenti economici (v. d.lgs. 12 maggio 1995, n. 195, recante "Procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale di Polizia e delle Forze armate", emanato in attuazione della legge 29 aprile 1995, n. 130 e dell'art. 2 della legge 6 marzo 1992, n. 216 e i recenti d.P.R. 10 maggio 1996, nn. 359 e 360).
8. - La mancata menzione del sottotenente in tabella non deriva da una sorta di "ignoranza" della previsione normativa del livello, né tantomeno da una irragionevole esclusione (in questo consiste una delle differenze con la fattispecie dei sottufficiali di cui alla sentenza n. 277 del 1991), ma dalla consapevolezza di salvaguardare la situazione preesistente (confermando le diversità ordinamentali) e, al contempo, di preservare la normativa che consentiva di determinare autonomamente il trattamento economico e la corrispondenza con l'omologo livello della Polizia, anch'esso non menzionato in tabella, senza alcun contrasto con il principio di equiparazione (art. 43, sedicesimo comma, della legge n. 121 del 1981).
Del resto il principio di equiparazione del trattamento economico nel settore, la cui normativa dettata per la Polizia di Stato assume, anche alla luce della legislazione successiva alla legge n. 121 del 1981, il carattere di normativa generale per tutte le forze di polizia, è idoneo come tale a coprire ogni eventuale vuoto normativo.
Una valutazione comparativa dell'assetto dei corpi di polizia, ad ulteriore dimostrazione delle peculiarità di ciascun ordinamento nella fondamentale omogeneità di trattamento economico, porta a mettere in rilievo che il periodo di servizio con il grado di sottotenente (o equiparato) è ormai (dopo un'iniziale incertezza interpretativa) considerato dalla giurisprudenza computabile ai fini del particolare beneficio di attribuzione di trattamento esclusivamente economico rispettivamente di primo dirigente (15 anni senza demerito nel ruolo) e di dirigente superiore (25 anni), da ritenersi applicabile a tutte le forze di polizia. Ciò anche se il personale che accede al concorso in base a laurea si trova ad entrare nel Corpo con ritardo rispetto a quello proveniente da accademia.
9. - Venendo specificamente ai particolari profili di incostituzionalità accomunati dal giudice rimettente sotto il denominatore dell'irragionevolezza, occorre rilevare che non è configurabile violazione dell'art. 3 della Costituzione per il fatto che il grado di sottotenente sia stato preso in considerazione dal legislatore con altre disposizioni che estendono o assimilano specifici trattamenti economici spettanti ai vice commissari del ruolo dei commissari.
Dette previsioni, di cui agli artt. 2, sesto comma, della legge 20 marzo 1984, n. 34 e 6 del d.-l. 21 settembre 1987, n. 387, convertito in legge 20 novembre 1987, n. 472, riguardano l'indennità pensionabile, che ha sostituito l'indennità per servizio di istituto disciplinata dalla legge 23 dicembre 1970, n. 1054, nonché l'assegno personale di funzione previsto dall'art. 143 della legge 11 luglio 1980, n. 312, cioè non già il trattamento economico complessivo, ma la corresponsione di emolumenti che possono prescindere dalle mansioni specifiche esercitate, essendo riconducibili ad altri presupposti come la mera anzianità di servizio.
D'altro canto non è affatto irrazionale che nell'ambito del pubblico impiego determinate voci retributive o indennità particolari vengano fissate dal legislatore in maniera uniforme per personale appartenente a livelli differenti, purché ovviamente non vi siano appiattimenti retributivi complessivi.
Infatti una medesima indennità (di eguale ammontare lordo) può essere prevista per il personale di diversa qualifica e grado, anche se appartenente a ruoli diversi (cfr. da ultimo, artt. 4 e 37 del d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395).
Quanto al preteso carattere discriminatorio della norma che pretermette il grado di sottotenente della Guardia di finanza, va anzitutto considerato che è l'intero livello corrispondente a sottotenente, compreso quello ora denominato aspirante vice commissario, a non essere menzionato, sicché non sussiste alcuna sperequazione, sotto tale profilo, in pregiudizio della Guardia di finanza.
Del resto, come già sottolineato, non esiste un vuoto normativo, né è ravvisabile alcuna irragionevolezza nella previsione di trattamenti economici differenziati rispetto a livelli e funzioni differenti, mentre non si può ravvisare un difetto di razionalità in trattamenti diversi nelle fasi di formazione iniziale, caratterizzate da prevalenza di attività di studio e specializzazione professionale e a seconda dei relativi livelli.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 43, diciassettesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) e della tabella c) allegata a detta legge, come sostituita dall'art. 9 della legge 12 agosto 1982, n. 569 (Disposizioni concernenti taluni ruoli del personale della Polizia di Stato e modifiche relative ai livelli retributivi di alcune qualifiche e all'art. 79 della legge 1° aprile 1981, n. 121), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal tribunale amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1997.
Renato GRANATA, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in cancelleria il 21 marzo 1997.