SENTENZA N. 21
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt. 1, 2 e 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40 (Revisione dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dal decreto legislativo 10 novembre 1993, n. 479 (Norme correttive del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40, recante revisione dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni), iscritto al n. 89 del registro referendum.
Vista l'ordinanza in data 26-27 novembre 1996 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;
udito nella camera di consiglio dell'8 gennaio 1997 il Giudice relatore Massimo Vari;
udito l'avvocato Stefano Grassi per i delegati dei Consigli regionali della Lombardia, del Piemonte, della Valle d'Aosta, della Calabria, del Veneto, della Puglia e della Toscana.
Ritenuto in fatto
1. -- L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, inRitenuto in fatto applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di referendum popolare presentata dai delegati dei Consigli regionali delle Regioni Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta, Calabria, Veneto, Puglia e Toscana, sul seguente quesito: < < Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40 (Revisione dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e successive modificazioni, articoli 1, 2 e 3 ?>>.
2. -- Con ordinanza in data 26-27 novembre 1996 l'Ufficio centrale per il referendum ha dichiarato la legittimità della richiesta, provvedendo altresì ad integrare il quesito, che risulta, quindi, il seguente: < < Volete voi che siano abrogati gli artt. 1, 2 e 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40 (Revisione dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dal decreto legislativo 10 novembre 1993, n. 479 (Norme correttive del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40, recante revisione dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni)?>>
3. -- Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale, il Presidente della Corte ha fissato l'adunanza in camera di consiglio per l'8 gennaio 1997, disponendone la comunicazione ai delegati delle Regioni promotrici delle richieste di referendum e al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352.
4. -- In prossimità della camera di consiglio i consiglieri delegati dei Consigli regionali promotori del referendum hanno presentato una memoria nella quale assumono che il decreto legislativo n. 40 del 1993, nonostante abbia in gran parte sostituito la legge 10 febbraio 1953, n. 62, non attua un sistema di controlli effettivamente rispettoso dell'autonomia regionale. Infatti la commissione disciplinata dall'art. 3 del decreto in parola non può, per la sua composizione, essere considerata un organo indipendente, come testimonia anche l'art. 2, circa gli indirizzi che ad essa vengono rivolti dal comitato tecnico.
Il fatto che venga colpito anche l'art. 1, sintomatico di una interpretazione dell'art. 125 della Costituzione fortemente riduttiva dell'autonomia delle Regioni, non osta all'omogeneità del quesito, essendo unico il principio abrogativo sul quale l'elettore è chiamato a pronunziarsi.
Il quesito referendario non ha neppure ad oggetto una legge costituzionalmente necessaria, ovvero una legge che costituisce l'unica, inevitabile attuazione dei principi costituzionali, in quanto il decreto legislativo n. 40 del 1993 rappresenta, come confermano i lavori preparatori della Costituzione, solo uno dei tanti modi in cui il legislatore poteva dare attuazione all'art. 125 della Costituzione.
Né il limite delle leggi a contenuto costituzionalmente necessario può venire in rilievo sotto altri profili: non si è di fronte ad una legge dotata di una peculiare forza passiva ovvero ad una fonte atipica o rinforzata; né si tratta di legge necessaria a garantire il funzionamento di un organo costituzionale o a rilevanza costituzionale.
Considerato in diritto
1. -- La richiesta di referendum sulla cui ammissibilità la Corte è chiamata a pronunziarsi riguarda gli artt. 1, 2 e 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40 (Revisione dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera h) della legge 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dal decreto legislativo 10 novembre 1993, n. 479 (Norme correttive del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40, recante revisione dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni).
Si tratta della normativa che, in attuazione della delega conferita dalla legge n. 421 del 1992, ha ridisciplinato i controlli statali sugli atti amministrativi delle Regioni, apportando significative modifiche alla legge 10 febbraio 1953, n. 62 (Costituzione e funzionamento degli organi regionali), che dettò il primo generale ordinamento della materia. L'art. 1 individua, con criteri ritenuti tassativi dalla Corte (sentenza n. 48 del 1995), l'elenco degli atti sottoposti ai controlli di legittimità, espungendo da tali riscontri ogni valutazione di merito (come evidenziato dalla sentenza n. 343 del 1994). A sua volta l'art. 2 prevede un comitato tecnico per il coordinamento delle attività di controllo, mentre l'art. 3 disciplina la composizione, l'organizzazione ed il funzionamento della commissione statale cui è demandata la funzione in parola.
Fuori del quesito referendario resta, invece, un'altra disposizione del decreto legislativo n. 40 del 1993, e cioè l'art. 4 che -- coerentemente con i nuovi criteri risultanti dalla riforma, in ordine alla composizione della commissione ed ai limiti del controllo, che non si estende segnatamente ai profili di merito -- abroga espressamente una serie di articoli della precedente legge n. 62 del 1953 e, cioè: gli artt. 41, 42, 46, 47, 48, e, parzialmente, gli artt. 45, primo comma, e 49, primo comma.
2. -- Ciò premesso, non può revocarsi in dubbio l'ammissibilità della richiesta in rapporto alle ipotesi ostative espressamente enunciate dall'art. 75, secondo comma, della Costituzione, posto che nessuna delle disposizioni contemplate nel provvedimento legislativo in ordine al quale si sollecita il responso popolare può ritenersi strutturalmente o funzionalmente inscrivibile nel novero delle leggi tributarie o di bilancio, di amnistia o di indulto, ovvero di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.
Con ciò il vaglio di ammissibilità non può, tuttavia, reputarsi esaurito, dovendosi valutare se la proposta abrogatrice, concernendo disposizioni volte a dare attuazione all'art. 125 della Costituzione, non trovi ostacolo in quei canoni, desumibili dalla giurisprudenza della Corte, secondo i quali non sono ammissibili le richieste referendarie che vertano su disposizioni la cui abrogazione si traduca necessariamente in una lesione di principi costituzionali, in quanto investano leggi c.d. "a contenuto costituzionalmente vincolato".
3. -- Al riguardo va rammentato che il complesso sistema delle relazioni fra Stato e Regioni, che connota la stessa forma di Stato come "Stato regionale", trova il suo fondamento direttamente nella Costituzione (sentenza n. 229 del 1989), cui spetta il compito di fissare, in termini conclusivi, le stesse dimensioni dell'autonomia, cioè i suoi contenuti e i suoi confini, e che alla compiuta definizione di detta autonomia concorre anche la disciplina dei controlli contenuta nell'art. 125 della Costituzione. Ma tale ultima disposizione si limita soltanto a sancire che "il controllo di legittimità sugli atti amministrativi delle Regioni è esercitato, in forma decentrata, da un organo dello Stato", rimettendo alla legge di stabilirne "modi e limiti", come pure di determinare i casi di controllo c.d. "di merito" al solo effetto del riesame. La formula usata rispecchia, infatti, l'intento emerso in sede di Assemblea costituente, come è dato rilevare dai lavori preparatori, di rinviare al futuro legislatore il compito di individuare l'assetto concreto di una materia suscettibile per la sua complessità di una pluralità di soluzioni, e, quindi, l'ulteriore definizione dei caratteri essenziali dell'organo e la determinazione degli atti da sottoporre ad esso.
4. -- Ciò dimostra che la legge ordinaria investita dal referendum, disciplinando i poteri e la composizione della commissione regionale di controllo, individua una fra le tante soluzioni astrattamente ammissibili per attuare il disposto di rango costituzionale. In altri termini la disciplina concretamente apprestata dal legislatore in ossequio al precetto dell'art. 125 della Costituzione esprime una scelta politica del Parlamento, che poteva anche essere diversa, senza che ne resti violata, nel caso che essa dovesse venir meno, la volontà della norma costituzionale.
Neppure può affermarsi che la richiesta referendaria miri ad eliminare in sé il principio del controllo dello Stato sulle Regioni, la cui esistenza è, invece, voluta e garantita dalla Costituzione. La predetta richiesta riguarda, infatti, nell'ambito dei modi di attuazione dell'art. 125 della Costituzione, le disposizioni che regolano la composizione e le competenze dell'organo che esercita attualmente la relativa funzione, come pure quelle che individuano gli atti rimessi al vaglio del medesimo, secondo le specificazioni contenute nel decreto legislativo n. 40 del 1993, con le integrazioni e modifiche ad esso addotte dal successivo decreto legislativo n. 479 dello stesso anno.
5. -- Nessun dubbio può, inoltre, porsi sulla chiarezza del quesito che, essendo volto all'abrogazione dell'attuale sistema dei controlli statali sugli atti amministrativi delle Regioni, propone un'unica e puntuale alternativa, e cioè quella di sopprimere ovvero mantenere il sistema stesso con le sue specifiche caratteristiche.
A ragion veduta la richiesta non investe la disposizione dell'art. 4 del decreto legislativo considerato che, essendo disposizione abrogatrice di precedenti articoli, non risulta confliggente, perciò, con l'effetto soppressivo proprio della richiesta stessa.
Quanto ad altre disposizioni che residuano -- quali quelle della legge n. 62 del 1953, aventi ad oggetto il segretario e le spese di funzionamento della commissione (artt. 43 e 44), come pure l'esecutività delle deliberazioni (artt. 45 e 49) -- va considerato che l'esclusione delle stesse potrebbe aver rilievo, ai fini dell'inammissibilità, solo se concretassero un'autonoma disciplina in ordine al medesimo oggetto su cui verte il quesito, tale da contraddire il risultato stesso che la consultazione referendaria tende a conseguire; ciò che non si verifica, dati la frammentarietà e il marginale rilievo delle disposizioni escluse, in ordine alle quali sarà, ovviamente, compito dell'interprete apprezzare le conseguenze che potranno derivare dall'eventuale esito positivo della consultazione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt. 1, 2 e 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40 (Revisione dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dal decreto legislativo 10 novembre 1993, n. 479 (Norme correttive del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40, recante revisione dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni), richiesta dichiarata legittima, con ordinanza in data 26-27 novembre 1996, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 gennaio 1997.
Renato GRANATA, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 10 febbraio 1997.