ORDINANZA N. 5
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 46, comma 3, 47, commi 1 e 2, 48, comma 4, e 49, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 24 aprile 1996 dal Pretore di Milano nei procedimenti penali riuniti a carico di Martinenghi Stefano ed altri, iscritta al n. 882 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di costituzione della SIAE nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 novembre 1996 il Giudice relatore Francesco Guizzi.
RITENUTO che nel corso dei procedimenti penali riuniti a carico di Martinenghi Italo, Martinenghi Stefano, Banti Anna e Papini Ivaldo (gli ultimi tre imputati, fra l'altro, di truffa in danno della SIAE), in data 2 novembre 1994 Martinenghi Italo, 29 giugno 1995 Martinenghi Stefano e 29 settembre 1995 ancora Martinenghi Italo, depositavano altrettante istanze di rimessione ai sensi dell'art. 45 del codice di procedura penale;
che a seguito di queste il Pretore di Milano disponeva la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione e proseguiva il processo arrestandosi alle soglie della decisione, preclusagli dall'art. 47 dello stesso codice;
che con riferimento alla prima e alla seconda istanza la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, mentre con riferimento alla terza il Pretore ha promosso, per contrasto con gli artt. 3, 25, primo comma, 97, primo comma, 101, secondo comma, e 112 della Costituzione, il giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 46, comma 3, 47, commi 1 e 2, 48, comma 4, e 49, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui fanno divieto al giudice del merito di sindacare l'ammissibilità e la fondatezza della richiesta di rimessione, nonché di pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza della Cassazione che la dichiara inammissibile o la rigetta;
che il meccanismo processuale, non consentendo al giudice di pronunciare la sentenza, impedirebbe l'esercizio della giurisdizione penale con conseguente possibile maturazione dei termini di prescrizione;
che l'uso strumentale dell'istituto della rimessione, operato attraverso la reiterazione di richieste solo apparentemente fondate su nuovi motivi, comporterebbe di fatto l'impossibilità di definire il processo e che tali effetti sarebbero dovuti, però, solo parzialmente all'uso distorto della rimessione;
che sarebbe quindi il disposto dell'art. 47 a costituire la base dei lamentati abusi;
che tale divieto, ignoto all'abrogato codice, sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 25, primo comma, 97, 101, secondo comma, e 112 della Costituzione;
che la normativa denunciata non corrisponderebbe ai principi di ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione della giustizia e, in particolare, di efficienza del processo penale, recando altresì lesione all'art. 101 della Costituzione, in quanto il giudice non sarebbe soggetto solo alla legge, ma di fatto anche alle iniziative dell'imputato;
che questi potrebbe sottrarsi al giudice precostituito per legge, in violazione anche dell'art. 112 della Costituzione, giacché tale principio sarebbe posto a tutela non soltanto dell'impulso iniziale dell'azione penale da parte del pubblico ministero, bensì dei successivi suoi sviluppi;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o, in subordine, per l'infondatezza della questione;
che si è costituita la Società italiana degli autori ed editori, chiedendo la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 46, comma 3, 47, commi 1 e 2, 48, comma 4, e 49, comma 2, del codice di procedura penale.
CONSIDERATO che le predette censure della disciplina sulla rimessione sono state formulate in relazione all'uso strumentale dell'istituto, "operato attraverso la reiterazione di richieste solo apparentemente fondate su nuovi motivi" e presentate successivamente all'ordinanza con cui la Corte di cassazione ha rigettato o dichiarato inammissibile la precedente richiesta di rimessione;
che tale situazione è presa in considerazione dalla sentenza n. 353 del 1996, con la quale questa Corte, affrontando il fenomeno della riproposizione di richieste di rimessione fondate su elementi sostanzialmente identici, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 47, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui fa divieto al giudice di pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di rimessione;
che questa Corte ha così riconosciuto al giudice del merito, in caso di uso distorto della reiterazione dell'istanza di rimessione, il potere di sindacare l'ammissibilità di essa al solo scopo di valutare se pronunciare la sentenza;
che, conseguentemente, essendo entrambi i profili prospettati dal giudice a quo già affrontati e risolti dalla citata sentenza n. 353 del 1996, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 46, comma 3, 47, commi 1 e 2, 48, comma 4, e 49, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 97, primo comma, 101, secondo comma, e 112 della Costituzione, dal Pretore di Milano con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 1997.
Renato GRANATA, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositato in cancelleria il 10 gennaio 1997.