Ordinanza n. 388 del 1996

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ORDINANZA N.388

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 185 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 20 luglio 1995 dal Pretore di Forlì nel procedimento civile vertente tra Tassinari Pier Luigi e la s.p.a. Credito Romagnolo ed altra, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 ottobre 1996 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

RITENUTO che, nel corso di un procedimento di esecuzione mobiliare promosso da Pier Luigi Tassinari contro la s.p.a. Credito romagnolo, il Pretore di Forlì, con ordinanza emessa il 20 luglio 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 185 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile nella parte in cui, nel giudizio conseguente all'opposizione di terzo all'esecuzione mobiliare, richiama genericamente l'art. 183 cod. proc. civ. (udienza di prima trattazione), senza tener presente che tale norma è stata modificata con decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge 20 dicembre 1995, n. 534, nel senso della creazione di una prima udienza di comparizione (art. 180 cod. proc. civ.) e della modificazione del relativo regime di preclusioni;

che la norma impugnata impone al resistente di costituirsi nelle forme e con i modi previsti dagli artt. 166 e 167 del codice di rito, nonché di subire le preclusioni di cui all'art. 183 cod. proc. civ.;

che, a parere del giudice a quo, il resistente nel giudizio conseguente all'opposizione di terzo all'esecuzione mobiliare non godrebbe, in contrasto con il principio di cui all'art. 24 della Costituzione, di un adeguato termine per preparare la propria difesa, poiché, diversamente da quanto stabilito nei giudizi introdotti con citazione, il giudice dell'esecuzione, nel fissare l'udienza innanzi a sé, non sarebbe vincolato al rispetto di termini minimi per la vocatio in ius;

che, inoltre, sarebbe violato l'art. 3 della Costituzione in quanto, ai sensi dell'art 619 cod. proc. civ., il giudice investito dell'esame dell'opposizione di terzo deve, se competente, procedere all'istruzione, ovvero, se incompetente, dare alle parti un termine per la riassunzione della causa innanzi al giudice competente; disciplina che, secondo il rimettente, creerebbe una disparità di trattamento tra la parte resistente davanti ad un giudice competente e quella convenuta innanzi ad un giudice incompetente, posto che in quest'ultimo caso la parte fruirebbe di un più ampio termine per preparare le proprie difese;

che nel giudizio avanti alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza della questione.

CONSIDERATO che il giudice rimettente si duole del fatto che, nei giudizi introdotti con ricorso, il resistente potrebbe usufruire di un termine per costituirsi meno ampio di quello previsto per il convenuto nell'ambito dei giudizi introdotti con citazione; ed inoltre che, nei giudizi di esecuzione, il resistente dinanzi ad un giudice incompetente godrebbe di un termine più ampio per costituirsi, essendo a lui assegnato un nuovo termine per la riassunzione della causa innanzi al giudice competente;

che il giudice a quo lamenta in ultima analisi un'ingiustificata lesione del diritto di difesa del convenuto nell'ambito del giudizio di opposizione all'esecuzione mobiliare a causa della previsione di termini, ritenuti incongrui, per la preparazione delle proprie difese, con relative preclusioni e decadenze;

che questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui la garanzia assicurata dall'art. 24 della Costituzione non preclude che la disciplina legislativa del diritto di difesa si conformi alle speciali caratteristiche dei singoli procedimenti, sempre che non ne siano pregiudicati lo scopo e le funzioni (v., ex plurimis, sentenze nn. 220 del 1994 e 119 del 1995) ;

che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. sentenza n. 10 del 1978), quando la legge conferisce al giudice il potere di fissare un termine senza indicarne la misura, questi è comunque tenuto a rispettare le esigenze minime di difesa delle parti;

che la recente normativa di riforma del processo civile ha anche modificato il regime delle preclusioni nella fase iniziale del giudizio passando ad un sistema meno rigoroso e distinguendo tra udienza di prima comparizione ed udienza di prima trattazione, sicché la doglianza del giudice rimettente si risolve nel denunziare il difetto dell'opportuno coordinamento tra la norma di attuazione impugnata in questa sede e gli artt. 180 e 183 cod. proc. civ.;

che tale difetto di coordinamento, secondo quanto detto, può essere agevolmente superato dal giudice tramite la fissazione di un'udienza di comparizione nel rispetto di congrui termini, analogamente stabiliti nel processo di cognizione; e, ove ciò non sia possibile - decidendo, per ragioni di urgenza, solo sull'istanza di sospensione - col rinvio a successive udienze degli adempimenti previsti dagli artt. 180 e 183 cod. proc. civ.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 185 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Forlì con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 5 novembre 1996.