ORDINANZA N. 366
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale del decreto-legge 18 novembre 1995, n. 489 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea); dell'art. 7-ter del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, recante, "Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari e apolidi già presenti nel territorio dello Stato" (convertito in legge 28 febbraio 1990, n.39), introdotto dall'art. 7, comma 3, del decreto-legge 18 novembre 1995, n.489;dell'art. 7-ter del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 39), introdotto dall'art.7, comma 3, del decreto-legge 18 gennaio 1996, n. 22 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea); nonchè del decreto-legge 17 maggio 1996, n. 269 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea), promossi con ordinanze emesse il 25 novembre 1995, il 29 novembre 1995, il 1° dicembre 1995, il 29 novembre 1995 (n. 2 ordinanze), l'11 dicembre 1995 (n. 2 ordinanze) ed il 24 novembre 1995 (n. 2 ordinanze) dal Pretore di Roma, il 16 dicembre 1995 dal Pretore di La Spezia, il 27 novembre 1995 (n. 3 ordinanze) dal Pretore di Roma, il 19 febbraio 1996 dal Pretore di Genova ed il 14 giugno 1996 dalla Corte costituzionale rispettivamente iscritte al n. 936 del registro ordinanze 1995 ed ai nn. 27, 28, 29, 30, 240, 241, 252, 253, 265, 346, 347, 348, 365 e 937 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 3, 6, 12, 13, 17, 19 e 34, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 2 ottobre 1996 il Giudice relatore Enzo Cheli.
RITENUTO che con tre ordinanze di identico contenuto (R.O.n. 936 del 1995, nn. 240 e 241 del 1996), emesse nel corso di altrettanti procedimenti penali conseguenti all'arresto in flagranza di stranieri, a seguito della richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura dell'espulsione dal territorio dello Stato prevista dall'art. 7-ter del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, inserito dall'art. 7, comma 3, del decreto-legge 18 novembre 1995, n. 489 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea), il Pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale del suddetto decreto-legge n. 489 del 1995 e, in particolare, del citato art. 7-ter del decreto-legge n. 416 del 1989, come introdotto dall'art. 7, comma 3, del decreto-legge n. 489 del 1995, in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 25 e 77 della Costituzione;
che con tre ordinanze di identico contenuto (R.O. nn. 346, 347 e 348 del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il Pretore di Roma ha sollevato la stessa questione di legittimità costituzionale, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali, nonchè agli artt. 11 e 113 (recte: 13 e 111) della Costituzione;
che con quattro ordinanze di identico contenuto (R.O. nn.27, 28, 29 e 30 del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il Pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7-ter, commi 1, 3 e 4, del decreto-legge n. 416 del 1989, in riferimento agli artt. 3, 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 27, secondo e terzo comma, della Costituzione;
che con due ordinanze di identico contenuto (R.O. nn. 252 e 253 del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il Pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7-ter della legge n. 39 del 1990 (recte: del decreto-legge n. 416 del 1989, da essa convertito), in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 3 e 25, terzo comma, della Costituzione;
che con ordinanza emessa nel corso di un procedimento penale a carico di uno straniero arrestato, ai sensi dell'art. 7- septies, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 416 del 1989 (inserito dal decreto-legge n. 489 del 1995), a seguito della richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura dell'espulsione, il Pretore di La Spezia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7-ter, commi 1, 3 e 4, della legge n.39 del 1990 (recte: del decreto-legge n. 416 del 1989, da essa convertito), in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione (R.O. n. 265 del 1996);
che, infine, anche il Pretore di Genova, a seguito della richiesta di applicazione della misura dell'espulsione presentata dalla difesa di uno straniero condannato con sentenza non passata in giudicato e sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7-ter della legge n. 39 del 1990 (recte: del decreto- legge n. 416 del 1989, da essa convertito), inserito dall'art. 7, comma 3, del decreto-legge 18 gennaio 1996, n. 22, in riferimento all'art. 3 della Costituzione (R.O. n. 365 del 1996);
che, secondo la prospettazione dei giudici rimettenti, il decreto-legge 18 novembre 1995, n. 489 e, in particolare, la disposizione prevista dall'art. 7, comma 3, dello stesso decreto - inserita all'art. 7-ter del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito nella legge 28 febbraio 1990, n. 39 - sarebbero costituzionalmente illegittimi, in riferimento: all'art. 2 della Costituzione, in quanto la possibilità che lo straniero, anche se incensurato, sia assoggettato alla misura dell'espulsione sarebbe in contrasto con i doveri di solidarietà sociale;all'art. 3 della Costituzione, dal momento che l'introduzione - con la misura dell'espulsione prevista dall'art. 7-ter - di una nuova misura cautelare personale, applicabile esclusivamente nei confronti degli stranieri, integrerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento nei loro confronti; all'art. 24 della Costituzione, precludendo l'esercizio del diritto di difesa rispetto all'adozione del provvedimento di espulsione e, nell'ipotesi di giudizio direttissimo, impedendo la partecipazione dell'imputato al dibattimento; agli artt. 25 e 77 della Costituzione, violando il principio della riserva di legge in materia penale - secondo cui le scelte di politica criminale sono monopolio esclusivo del Parlamento - e non sussistendo i presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, dal momento che l'esigenza di razionalizzazione normativa, in relazione al fenomeno dell'immigrazione, era già da tempo esistente; agli artt. 13 e 111 della Costituzione, nel senso che, ove si interpreti la norma in modo che in presenza dei presupposti indicati il pubblico ministero debba chiedere l'espulsione, la motivazione del provvedimento del giudice sarebbe solo formale, mentre, ove si interpretasse la norma nel senso che il pubblico ministero possa chiedere l'espulsione, mancherebbe la specificazione dei presupposti che consentono l'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale, in violazione del principio della riserva di legge e di giurisdizione in materia di limitazioni della libertà personale; all'art. 27, secondo e terzo comma, della Costituzione, determinando l'equiparazione della notizia di reato al giudizio di colpevolezza mediante l'applicazione della misura dell'espulsione prima che sia accertata la colpevolezza dell'arrestato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile;
che, secondo il Pretore di Genova, l'art. 7, comma 3, del decreto-legge 18 gennaio 1996, n. 22, sarebbe costituzionalmente illegittimo in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal momento che, per l'ipotesi dell'espulsione dello straniero sottoposto a custodia cautelare, comporterebbe una ingiustificata discriminazione nei confronti del cittadino italiano;
che nei giudizi iscritti nel Registro Ordinanze ai nn. 936 del 1995, 27, 29, 30, 240, 241, 252, 253, 265, 348 e 365 del 1996 e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o infondate;
che, nel corso dei giudizi in via incidentale instaurati dalle suddette ordinanze di rimessione, la Corte costituzionale - con ordinanza n. 197 del 14 giugno 1996 (R.O. n. 937 del 1996) - ha sollevato, in riferimento all'art. 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del decreto-legge 17 maggio 1996, n. 269 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea), avendo lo stesso decreto, mediante reiterazione, rinnovato l'efficacia di norme di un precedente decreto, decadute a seguito della mancata conversione nel termine fissato dalla norma costituzionale;
che, nell'ordinanza di autorimessione, la Corte - premesso che le disposizioni impugnate dai giudici rimettenti avevano perduto efficacia ex tunc per mancata conversione ed erano state reiterate dal decreto-legge 19 marzo 1996, n. 132, anch'esso non convertito, nonchè dal decreto-legge 17 maggio 1996, n. 269, all'epoca vigente - ha richiamato la sentenza n. 84 del 1996, secondo la quale il trasferimento del giudizio di costituzionalità e' possibile ove la norma impugnata permanga nell'ordinamento, in quanto riprodotta nella sua identità precettiva essenziale da altra disposizione successiva, in vigore al momento della pronuncia;
che la Corte, nel verificare la sussistenza dei requisiti necessari per il trasferimento al decreto-legge 17 maggio 1996, n. 269, in vigore al momento della pronuncia, del giudizio di costituzionalità instaurato in via incidentale, ha ritenuto pregiudiziale la valutazione della legittimità della reiterazione dei decreti-legge n. 489 del 1995 e nn. 22 e 132 del 1996, attraverso cui la richiamata disciplina in vigore, prevista dal decreto-legge n. 269 del 1996, era stata introdotta nell'ordinamento;
che in tale giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per sopravvenuto difetto di rilevanza, essendo decaduto per mancata conversione il decreto-legge oggetto della questione di costituzionalità (decreto-legge 17 maggio 1996, n.269), ed essendo stato espunto dall'ordinamento l'art. 7, comma 3, non contenuto nel successivo decreto-legge 16 luglio 1996, n.376, con la conseguenza che non potrebbe trovare applicazione nei processi che hanno dato luogo al giudizio di legittimità costituzionale nel corso del quale la Corte ha sollevato la questione di costituzionalità.
CONSIDERATO che tutte le ordinanze di rimessione riguardano le disposizioni relative all'espulsione dal territorio dello Stato, su richiesta di parte, dello straniero arrestato in flagranza di reato o sottoposto a custodia cautelare, mentre la questione sollevata dall'ordinanza di autorimessione e' strettamente connessa a tali disposizioni;
che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;
che, per quanto riguarda le questioni di legittimità costituzionale del decreto-legge 18 novembre 1995, n. 489 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea) - e, in particolare, della disposizione prevista dall'art. 7, comma 3, dello stesso decreto, inserita all'art.7-ter del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito nella legge 28 febbraio 1990, n. 39 nonchè, relativamente all'inserimento del suddetto art. 7-ter, dell'art. 7, comma 3, del decreto-legge 18 gennaio 1996, n. 22, che ha reiterato il precedente - sono intervenute, successivamente alle ordinanze di rimessione, consistenti modifiche nel quadro normativo;
che, in particolare, i decreti-legge n. 489 del 1995 e 18 gennaio 1996, n. 22, non sono stati convertiti in legge entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione (come risulta dai comunicati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio 1996 e n. 66 del 19 marzo 1996) e, pertanto, hanno perso efficacia sin dall'inizio, mentre i decreti-legge 19 marzo 1996, n. 132 e 17 maggio 1996, n. 269, di reitera, hanno perso anch'essi efficacia fin dall'inizio in quanto non convertiti entro il suddetto termine (come risulta dai comunicati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del 18 maggio 1996 e n. 166 del 17 luglio 1996);
che, inoltre, con il successivo decreto-legge 16 luglio 1996, n. 376, anch'esso non convertito nel termine prescritto (come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 217 del 16 settembre 1996), non e' stata reiterata, nell'ambito di una regolamentazione parzialmente diversa della materia, la disposizione di cui all'art.7, comma 3, che introduceva, tra l'altro, l'art. 7-ter al decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39), concernente l'espulsione a richiesta di parte;
che, infine, anche il decreto-legge 13 settembre 1996, n.477, attualmente in vigore, non contiene la disposizione che introduceva l'art. 7-ter suddetto;
che, pertanto, occorre disporre la restituzione degli atti ai giudici a quibus affinchè valutino la rilevanza delle questioni sollevate, alla luce della modifica normativa sopravvenuta;
che, per quanto riguarda la questione di legittimità costituzionale sollevata da questa Corte, il decreto-legge 17 maggio 1996, n. 269, non e' stato convertito in legge entro il termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione e, pertanto, ha perso efficacia sin dall'inizio;
che il successivo decreto-legge 16 luglio 1996, n. 376, anch'esso non convertito, ed il decreto-legge 13 settembre 1996, n. 477, attualmente in vigore, contengono disposizioni parzialmente diverse, introducendo consistenti modifiche nel quadro normativo;
che, in particolare, nel vigente decreto-legge n. 477 del 1996 non si rinviene alcuna disposizione contenente la disciplina dell'espulsione dello straniero a richiesta di parte, inserita all'art. 7-ter del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n.39), dal decreto-legge n. 269 del 1996, che reiterava i precedenti decreti-legge;
che la Corte, proprio al fine di verificare la sussistenza dei requisiti necessari per il trasferimento - ai sensi della sentenza n. 84 del 1996 - al decreto-legge 17 maggio 1996, n.269, in vigore al momento della pronuncia, dei giudizi di costituzionalità instaurati nei confronti dei precedenti decreti- legge, aveva ritenuto pregiudiziale la valutazione della legittimità della reiterazione dei decreti-legge n. 489 del 1995 e nn. 22 e 132 del 1996, attraverso cui la disciplina prevista dal decreto-legge n. 269 del 1996 era stata introdotta nell'ordinamento;
che, per effetto del sopra descritto mutamento del quadro normativo, viene a cadere il nesso di pregiudizialità presupposto dalla questione di costituzionalità sollevata da questa Corte;
che, pertanto, la stessa deve essere dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti al Pretore di Roma, al Pretore di La Spezia e al Pretore di Genova, per il riesame della rilevanza delle questioni sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del decreto-legge 17 maggio 1996, n. 269 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea), da essa medesima sollevata con ordinanza n. 197 del 14 giugno 1996, in riferimento all'art. 77 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17/10/96.
Mauro FERRI, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 30/10/96.