Sentenza n. 262 del 1996

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SENTENZA N. 262

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 4, 6 e 10 della legge della Regione Siciliana n. 904, approvata il 23 dicembre 1995, dal titolo: "Interventi in materia di enti locali, di personale dipendente dell'amministrazione regionale e dei disciolti patronati scolastici. Modifiche alle leggi regionali 24 giugno 1986, n. 31, 20 agosto 1994, n. 32 e 30 ottobre 1995, n. 76. Proroga dei termini", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana notificato il 2 gennaio 1996, depositato in Cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 1 del registro ricorsi 1996.

Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il ricorrente, e gli avvocati Francesco Torre e Francesco Castaldi per la Regione Siciliana.

Ritenuto in fatto

1.-- Con ricorso notificato il 2 gennaio 1996 e depositato il 10 gennaio 1996, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha impugnato una serie di disposizioni contenute nella legge della Regione Siciliana n. 904, approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 23 dicembre 1995, recante: "Interventi in materia di enti locali, di personale dipendente dell'amministrazione regionale e dei disciolti patronati scolastici. Modifiche alle leggi regionali 24 giugno 1986, n. 31, 20 agosto 1994, n. 32 e 30 ottobre 1995, n. 76. Proroga dei termini".

La prima delle norme censurate è quella di cui all'art. 1 della predetta delibera legislativa, la quale, al comma 1, prevede la possibilità, per gli enti locali siciliani, di istituire, per l'espletamento delle funzioni ad essi trasferite, posti "a tempo parziale", con autorizzazione anche per i comuni che abbiano già provveduto alla rideterminazione delle dotazioni organiche ad ampliare le piante sino alla misura massima del 40 per cento (comma 2).

Tale norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 97 e 119 della Costituzione, nonché con l'art. 14, prima parte, dello statuto speciale della Regione Siciliana in relazione all'art. 2, lettera r), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e alla relativa normativa di attuazione, e in particolare all'art. 22, comma 20, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (che fissa al 25 per cento la percentuale massima del contingente del personale a tempo parziale) e all'art. 3 del decreto-legge 4 dicembre 1995, n. 514, compromettendo l'obiettivo, perseguito a livello nazionale, di ridurre la spesa pubblica attraverso la stabilizzazione del rapporto di lavoro precario di numerosissime unità di personale senza che si sia preventivamente proceduto a severe verifiche delle esigenze. Anche il comma 4 del detto art. 1, che demanda all'Assessore per gli enti locali la determinazione della disciplina delle modalità applicative delle norme di cui allo stesso articolo, sarebbe illegittimo perché in contrasto con gli artt. 12 e 13 dello statuto speciale della Regione Siciliana, in base ai quali un decreto di natura regolamentare può essere emanato esclusivamente dal Governo della Regione.

L'art. 2 della legge in questione è stato impugnato in quanto, nel considerare utilmente prestato il servizio di cui all'art. 3 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 22 (servizio prestato da almeno trecentosessantacinque giorni, con rapporto di lavoro subordinato o con contratto d'opera individuale instaurato sulla base di un provvedimento formale), ancorché reso in forza di atti deliberativi successivamente decaduti o annullati, configurerebbe un atto di generalizzata ed indiscriminata sanatoria, in assenza di un preminente interesse pubblico, ponendosi in contrasto con gli artt. 97, 101 e 103 della Costituzione.

Quanto all'art. 4 della stessa legge, relativa alla determinazione delle piante organiche e al conferimento di posti ai candidati risultati idonei, in precedenti concorsi, esso è stato censurato in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, in quanto costituirebbe un tentativo di eludere il principio generale del pubblico impiego in base al quale non è consentito di utilizzare le graduatorie di precedenti concorsi in relazione a posti istituiti successivamente all'approvazione delle graduatorie stesse.

Altra norma denunciata è l'art. 6 della citata legge per presunto contrasto con l'art. 97 della Costituzione, nella parte in cui consente l'inquadramento nei ruoli tecnici, anche in soprannumero, del personale amministrativo assunto ai sensi della legge regionale 30 gennaio 1981, n. 8, non potendosi ammettere che l'estensione ad altre categorie di personale dell'applicazione di una norma transitoria che non le includeva si attui indipendentemente dalle effettive esigenze dell'amministrazione, che potrebbero essere soddisfatte dai dipendenti inquadrati nel ruolo.

Oggetto di censura per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione è, infine, l'art. 10, nella parte in cui condiziona la erogazione della indennità di carica in favore dei presidenti dei consigli provinciali e comunali alle disponibilità dei bilanci. Tale limitazione determinerebbe una arbitraria discriminazione fra i beneficiari a seconda che ricoprano la carica in questione in comuni o province dotati o meno delle risorse necessarie per farvi fronte.

2.-- Nel giudizio si è costituito il Presidente della Regione Siciliana, che ha contestato la fondatezza di tutte le censure.

Con riferimento a quelle rivolte nei confronti dell'art. 1, ha osservato che le disposizioni in esso contenute trovano fondamento nella esigenza di far fronte alle nuove competenze trasferite ai comuni siciliani, e che il raddoppio della percentuale massima di nuovi posti è compensato dal dimezzamento dell'onere finanziario per ciascun posto; comunque, punto cardine del nuovo sistema resterebbe la verifica di funzionalità dei servizi mediante un decreto dell'Assessore per gli enti locali. E proprio tale competenza giustificherebbe anche la impugnata disposizione di cui al comma 4 dell'art. 1, norma transitoria resa necessaria dalla esigenza di acceleramento delle procedure.

Quanto alla sanatoria prevista dall'art. 2, si rileva che essa avrebbe una portata limitata ai rapporti eventualmente proseguiti dopo la decadenza o l'annullamento delle delibere immediatamente esecutive per non creare soluzione di continuità nell'assolvimento dei servizi decentrati agli enti locali. Si tratterebbe, quindi, di una misura eccezionale, diretta a tutelare l'interesse pubblico alla prosecuzione di servizi oggettivamente indilazionabili.

Anche la censura rivolta all'art. 4 sarebbe infondata, in quanto i posti istituiti a seguito della rideterminazione delle piante organiche solo formalmente sarebbero nuovi, ma in realtà riprodurrebbero i posti di pari qualifica e profili professionali già esistenti alla data del 31 agosto 1993.

Quanto ai rilievi all'art. 6, si osserva nelle deduzioni del Presidente della Regione Siciliana che l'utilizzo dei pubblici dipendenti in mansioni corrispondenti all'indirizzo tecnico-scientifico dei loro studi o dei relativi titoli di abilitazione risponde all'efficienza dell'azione amministrativa più che il loro impiego in compiti amministrativi.

Infine, l'art. 10 della legge impugnata riprodurrebbe pedissequamente l'art. 10, comma 5, del d.l. 4 dicembre 1995, n. 514, sicché il legislatore regionale avrebbe legiferato in coerenza con gli indirizzi della politica economica nazionale.

3.-- Successivamente all'instaurazione del giudizio innanzi alla Corte, la Regione Siciliana ha promulgato la citata legge impugnata (legge regionale 25 marzo 1996, n. 7), che è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale di quella Regione n. 14 del 30 marzo 1996; ma nella stessa Gazzetta Ufficiale è stata, altresì, pubblicata la legge regionale 25 marzo 1996, n. 8 (Abrogazione degli artt. 1, 2, 4, 6 e 10 della delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 23 dicembre 1995, recante "Interventi in materia di enti locali, di personale dipendente dell'amministrazione regionale e dei disciolti patronati scolastici. Modifiche alle leggi regionali 24 giugno 1986, n. 31, 20 agosto 1994, n. 32 e 30 ottobre 1995, n. 76. Proroga dei termini").

Pertanto, nell'imminenza dell'udienza, l'Avvocatura generale dello Stato ha chiesto che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere.

Considerato in diritto

1.-- Oggetto del ricorso proposto dal Commissario dello Stato per la Regione Siciliana sono gli artt. 1, 2, 4, 6 e 10 della legge n. 904 approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 23 dicembre 1995 (Interventi in materia di enti locali, di personale dipendente dell'amministrazione regionale e dei disciolti patronati scolastici. Modifiche alle leggi regionali 24 giugno 1986, n. 31, 20 agosto 1994, n. 32 e 30 ottobre 1995, n. 76. Proroga dei termini). Si lamenta la violazione degli artt. 3, 51, 97, 101, 103 e 119 della Costituzione, nonché degli artt. 12, terzo comma, 13 e 14, prima parte, dello statuto speciale della Regione Siciliana in relazione agli artt. 22, comma 20, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, 2, lettera r), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e 3 del d.l. 4 dicembre 1995, n. 514.

2.-- Come richiamato nelle premesse di fatto, la pubblicazione delle disposizioni impugnate nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana è coeva a quella della legge che ne ha dichiarato l'abrogazione (legge regionale siciliana 25 marzo 1996, n. 8).

Dette disposizioni, pertanto, non hanno prodotto alcun effetto nell'ordinamento giuridico, né sono più in grado di produrne.

In conformità alla giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, sentenze n. 396 e n. 394 del 1995), va, quindi, dichiarata la cessazione della materia del contendere.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 luglio 1996.