SENTENZA N. 261
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9 e 13, della legge della Regione Siciliana approvata il 9 novembre 1995 recante "Norme per la utilizzazione di lavoratori beneficiari di trattamenti previdenziali in progetti socialmente utili. Interpretazione e modifiche di norme", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 18 novembre 1995, depositato in Cancelleria il 27 successivo ed iscritto al n. 52 del registro ricorsi 1995.
Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana;
udito nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;
uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il ricorrente, e gli avvocati Francesco Torre e Francesco Castaldi per la Regione Siciliana.
Ritenuto in fatto
1.-- Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha impugnato gli artt. 9 e 13 della legge regionale, approvata il 9 novembre 1995, recante "Norme per l'utilizzazione dei lavoratori beneficiari di trattamenti previdenziali in progetti socialmente utili. Interpretazione e modifiche di norme", per violazione degli artt. 3, 81 e 97 della Costituzione.
Il succitato art. 9 dispone che il "personale dipendente delle società a totale partecipazione degli enti regionali IMAC s.p.a., SCAM s.p.a. e Gecomeccanica è trasferito, dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla società costituita dall'ESPI ai sensi dell'articolo 2 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 54 con il trattamento economico previsto dal contratto di lavoro vigente presso la società medesima". Si aggiunge, inoltre, (art. 9, secondo comma), che "le società indicate nel comma 1 saranno poste in liquidazione secondo le procedure previste dal Codice civile".
Ad avviso del ricorrente, detta previsione violerebbe gli artt. 3, 97 e 81, quarto comma, della Costituzione.
In particolare, e con riguardo alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, il ricorrente si duole che la disposizione impugnata escluda arbitrariamente dal beneficio della prosecuzione del rapporto di lavoro i dipendenti delle società "Chimica Arenella e Iniziative Industriali", i quali verserebbero in analoghe condizioni rispetto ai lavoratori destinatari della norma censurata. Sarebbe, inoltre, violato il principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, in quanto i dipendenti delle società poste in liquidazione e di cui alla disposizione censurata verrebbero trasferiti in una società (la RESAIS) che, secondo la previsione del disegno di legge n. 533/A "già esitato dalle commissioni di merito e pronto per l'esame dell'aula", verrebbe a sua volta posta in liquidazione in tempi brevi.
Infine, si deduce la mancata espressa previsione della copertura finanziaria della norma censurata, con conseguente violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
Oggetto di censura è, altresì, l'art. 13 della predetta legge regionale per violazione degli artt. 81 e 97 della Costituzione.
Detta disposizione, secondo il ricorrente, consentirebbe l'utilizzazione di "somme andate o che dovevano andare in economia, in quanto relative ad impegni non perfezionati, nell'esercizio di riferimento e quindi erroneamente considerati residui". L'irregolare formazione dei residui passivi con l'assunzione di impegni, giuridicamente non corretti, renderebbe non veritiere le risultanze del bilancio consuntivo, alterando oggettivamente i dati in base ai quali viene pronunciato il giudizio di parificazione da parte della Corte dei conti, con conseguente violazione dell'art. 81 della Costituzione.
Inoltre, il mantenimento di residui, impropriamente formatisi, costituirebbe fattore di rigidità della spesa rendendo le somme indisponibili per eventuali diverse utilizzazioni e così violando il principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
2.-- La Regione Siciliana -- regolarmente costituita in giudizio -- ha chiesto che il ricorso sia rigettato deducendo la non fondatezza delle suesposte censure.
In particolare, e con riguardo alle censure proposte contro l'art. 9, la Regione sottolinea che non sussiste la violazione dell'art. 3 della Costituzione, attesoché le situazioni poste a raffronto sarebbero diverse e comunque tali da dover essere "trattate" con la necessaria gradualità. Inoltre, non vi sarebbe violazione dell'art. 97 della Costituzione (che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, potrebbe essere evocato, nella specie, solo in presenza di una manifesta irragionevolezza delle norme impugnate), attesoché la salvaguardia della occupazione non sarebbe certo indice di irragionevolezza. Né, infine, sarebbe violato l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, in quanto la norma impugnata non comporterebbe sostanzialmente alcun aggravio aggiuntivo per le finanze regionali.
Si sottolinea, inoltre, che i "residui" di cui all'art. 13 censurato sarebbero residui "impropri" o di stanziamento e che "in ogni caso la scelta di condurre a buon fine la programmazione di una spesa, così da non lasciare incompiute le opere intraprese dai privati che hanno fatto affidamento su di essa è tutt'altro che irragionevole e non è certo indice di cattiva amministrazione".
3.-- In prossimità dell'udienza, il ricorrente, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere, in quanto nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 65 del 20 dicembre 1995 è stata pubblicata la legge impugnata con la omissione delle disposizioni oggetto del ricorso.
Considerato in diritto
1.-- Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 9 e 13 della legge approvata dall'Assemblea regionale il 9 novembre 1995, recante "Norme per la utilizzazione dei lavoratori beneficiari di trattamenti previdenziali in progetti socialmente utili. Interpretazione e modifiche di norme", per contrasto con gli artt. 3, 81 e 97 della Costituzione.
2.-- Come richiamato nelle premesse di fatto, il Presidente della Regione Siciliana, dopo la proposizione del ricorso, ha promulgato la legge regionale 19 dicembre 1995, n. 84, omettendo le disposizioni impugnate. Successivamente la Regione Siciliana ha provveduto con la legge 8 gennaio 1996, n. 1 ad "abrogare" le stesse disposizioni.
Dette disposizioni, pertanto, non hanno prodotto alcun effetto nell'ordinamento giuridico, né sono più in grado di produrne, in ragione della loro mancata promulgazione e della successiva "abrogazione" operata con la succitata legge regionale n. 1 del 1996.
In conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenze n. 493, n. 64, e n. 395 del 1995) va, pertanto, dichiarata cessata la materia del contendere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONE
dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in cancelleria il 19 luglio 1996.