SENTENZA N. 193
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 1994, n. 717, recante misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche), promosso con ordinanza emessa il 16 ottobre 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Macerata nel procedimento penale a carico di Enrico Alberto Pallorito, iscritta al n. 832 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 20 marzo 1996 il Giudice relatore Massimo Vari.
Ritenuto in fatto
1.-- Nel corso del procedimento, instaurato su richiesta del pubblico ministero, per la convalida del provvedimento assunto dal questore di Macerata nei confronti di Enrico Alberto Pallorito, contenente l'ordine di comparire all'ufficio di polizia durante l'orario di svolgimento delle competizioni sportive, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Macerata ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, dell'art. 6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 1994, n. 717, recante misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche).
2.-- Il rimettente, premesso che, in base all'art. 6 della legge n. 401 del 1989, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 45 del 1995, il questore può emanare due distinti provvedimenti -- l'uno consistente nel divieto di accesso ai luoghi delle competizioni agonistiche e l'altro nell'ordine di comparire innanzi all'ufficio di polizia durante l'orario di svolgimento delle competizioni stesse -- rileva che, ai sensi del comma 3 della disposizione denunciata, la procedura di controllo giurisdizionale riguarda esclusivamente il secondo provvedimento.
Detta limitazione risulterebbe "irrazionale e in contrasto con l'art. 3 Cost.", considerato che la legge non indica una particolare differenziazione in ordine ai presupposti dei due provvedimenti; entrambi i provvedimenti incidono con caratteri anche di particolare gravità su un bene, quale la libertà di circolazione e locomozione, costituzionalmente garantito (art. 16 della Costituzione); per tutto il resto, comprese le conseguenze di carattere penale per il contravventore, la disciplina è, nei due casi, identica; il testo originario del decreto-legge n. 717 del 1994 prevedeva una procedura di rapidissimo controllo giurisdizionale anche per il divieto di accesso, evidenziando così la disparità di trattamento venutasi a creare e confermando la prospettata interpretazione relativa alla distinzione tra i due provvedimenti.
Considerata perciò "la rilevanza della questione" in quanto il Giudice per le indagini preliminari potrebbe "togliere efficacia (negando la convalida) all'ordine contenente la prescrizione a comparire, ma nulla potrebbe nei confronti del contestuale ma distinto provvedimento contenente il divieto di accesso, pur se dovesse riconoscere in ipotesi insussistenti i presupposti per l'adozione del medesimo", si richiede una decisione "interpretativa di accoglimento" e non una additiva, sussistendo non già una pluralità di rimedi, spettanti alla scelta del legislatore, "bensì un'unica possibilità logica di rimediare" al contrasto con il parametro indicato, "attraverso l'estensione della disciplina al caso non contemplato".
3.-- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.
Secondo la difesa erariale, la questione, pur a volerla ritenere ammissibile, attesa la richiesta di una sentenza interpretativa di accoglimento, è infondata, giacché "il trattamento normativo deve essere uniforme ove le situazioni regolate siano omogenee" e non quando "sussistano fondate ragioni per differenziarlo", come nella specie. Mentre, infatti, il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche "integra una limitazione al diritto di circolazione e non al diritto di libertà personale", e pertanto può essere rimesso all'autorità di pubblica sicurezza, l'ordine di comparizione al comando di polizia "ha una portata più ampia", imponendo al destinatario del primo provvedimento anche "un obbligo di fare", che giustifica la convalida da parte dell'autorità giudiziaria.
Considerato in diritto
1.-- Il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Macerata solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 1994, n. 717, recante misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche).
La disposizione, denunciata dal rimettente nel comma 3, prevede la facoltà per il questore di adottare misure di tipo preventivo nei confronti di persone che, secondo quanto precisato al comma 1, risultino denunciate o condannate per determinati reati, o abbiano preso parte a episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive, ovvero in tali occasioni abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza. Tali misure, secondo quanto stabilito dal medesimo comma 1, possono consistere nel divieto di accesso ai luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive specificamente indicate nonché ai luoghi, del pari specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime. A questi soggetti il questore può prescrivere altresí di comparire presso l'ufficio o il comando di polizia in orario compreso nel periodo di tempo nel quale si svolgono le competizioni sportive per le quali vige il richiamato provvedimento interdittivo (comma 2). Prescrizione quest'ultima che, ai sensi del comma 3, va comunicata al competente procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale, il quale, ove ne ritenga sussistenti i presupposti, entro quarantotto ore dalla notifica, chiede la convalida del provvedimento al giudice per le indagini preliminari.
2.-- Secondo l'ordinanza di rimessione, la disposizione del comma 3 -- nella parte in cui non prevede che la speciale procedura di sindacato giurisdizionale stabilita per l'ordine di comparire personalmente nell'ufficio di polizia durante le competizioni agonistiche concerna anche il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le competizioni stesse -- sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per "irrazionale" disparità di trattamento riguardo a provvedimenti per i quali non è dato cogliere, nella legge, una particolare differenziazione né in ordine ai presupposti, né in ordine all'incidenza "su un bene, quale la libertà di circolazione e locomozione, costituzionalmente garantito (art. 16)", né in ordine alle previste analoghe conseguenze dal punto di vista penale in caso di trasgressione.
3.-- La questione non è fondata.
Sulla scorta di quanto prospettato dal rimettente, il quale lamenta una non giustificabile diversità di regime fra i due provvedimenti, la Corte ritiene che la valutazione ad essa richiesta dall'ordinanza riguardi essenzialmente la sussistenza o meno, nella disposizione denunciata, di elementi normativi arbitrariamente discriminatori.
Si tratta, dunque, alla stregua di quanto affermato in una recente sentenza (n. 89 del 1996), di individuare le ragioni per cui una determinata disciplina operi, all'interno del tessuto egualitario dell'ordinamento, quella specifica distinzione, sì da trarne le dovute conseguenze in punto di corretto uso del potere normativo.
Così definito l'ambito del controllo di costituzionalità della disposizione qui oggetto di impugnativa, la Corte è dell'avviso che essa non sia priva di "ragione" nel senso dianzi delineato.
Va considerato che la norma prevede l'adozione di due provvedimenti aventi portata ed effetti fra loro differenti, atti ad incidere in grado diverso sulla libertà del soggetto destinatario e pertanto ragionevolmente differenziati anche nella disciplina dei rimedi. Il provvedimento che impone l'obbligo a comparire negli uffici di polizia viene a configurarsi come atto idoneo ad incidere sulla libertà personale del soggetto tenuto a comparire, imponendone la presenza negli uffici addetti al controllo dell'osservanza della misura e comportando, altresí, una restrizione della sua libertà di movimento durante una fascia oraria determinata. Questo carattere della misura, evidenziato, del resto, già in sede parlamentare, con il richiamo all'art. 13 della Costituzione, spiega perché essa sia stata circondata da particolari garanzie, che si completano nel previsto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di convalida del Giudice per le indagini preliminari (art. 6, comma 4).
Diversa portata assume l'altro provvedimento, consistente più semplicemente nell'interdizione all'accedere agli stadi o agli altri luoghi dove si svolgono le previste manifestazioni sportive, con una minore incidenza sulla sfera della libertà del soggetto.
Si deve, d'altra parte, escludere che la scelta dell'uno o di entrambi i provvedimenti sia affidata al mero arbitrio del questore, tenuto a determinarsi motivatamente per l'adozione dell'uno, ovvero di entrambi, sulla base di una ponderata valutazione delle circostanze oggettive e soggettive tali da indurre a ritenere sufficiente solo il primo, e cioè il divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono le competizioni sportive, ovvero da consigliare anche il secondo, vale a dire l'obbligo di presentazione al posto di polizia.
Non sembra, conclusivamente, che la disposizione denunciata risulti censurabile sotto il profilo della ragionevolezza, tanto più che anche il provvedimento consistente nel divieto di frequentare i luoghi di manifestazioni agonistiche è suscettibile di autonomo controllo giurisdizionale innanzi al giudice competente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 1994, n. 717, recante misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza in occasione di competizioni agonistiche), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Macerata, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 maggio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 12 giugno 1996.