SENTENZA N.25
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Dott. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1, 2 e 3, 2, commi 1 e 2 e dell'art. 3 del decreto-legge 10 luglio 1995, n. 275 (Disposizioni urgenti per prevenire e fronteggiare gl'incendi boschivi sul territorio nazionale), convertito in legge 8 agosto 1995, n. 339, promossi con ricorsi della Regione Veneto e della Regione Lombardia, notificati il 4 agosto e l'11 settembre 1995, depositati in Cancelleria l'8 agosto e il 18 settembre 1995, iscritti rispettivamente ai nn. 44 e 47 del registro ricorsi 1995.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 9 gennaio 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto;
uditi gli avv.ti Giorgio Berti e Guido Viola per la Regione Veneto e Giuseppe F. Ferrari per la Regione Lombardia nonché l'avv. dello Stato Plinio Sacchetto per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.1. - Con ricorso notificato il 4 agosto 1995 (Reg. Ric. 44 del 1995), la Regione Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale del decreto-legge 10 luglio 1995, n. 275 (Disposizioni urgenti per prevenire e fronteggiare gl'incendi boschivi sul territorio nazionale), nel suo insieme, e poi in particolare con riguardo all'art. 1, commi 2 e 3, all'art. 2, comma 1 e all'art. 3.
Premette la ricorrente che tali disposizioni costituiscono una "riedizione" di analoghe norme, già contenute nel decreto-legge 15 giugno 1994, n. 377, convertito in legge 8 agosto 1994, n. 497, avverso il quale la medesima regione aveva sollevato questione di legittimità costituzionale, sulla quale si era deciso con la sentenza n. 157 del 1995 di questa Corte. In tale occasione la Corte aveva rilevato l'opportunità di un'opera legislativa sistematica in materia. Ma il legislatore è di nuovo ricorso alla decretazione d'urgenza, così violando, secondo la ricorrente, gli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione all'art. 77 della Costituzione e all'art. 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400: le stesse disposizioni impugnate svelerebbero infatti l'inesistenza dei presupposti della necessità e dell'urgenza. L'uso improprio dello strumento del decreto-legge risulterebbe lesivo delle competenze regionali, in quanto esse vengono per tal via coinvolte in attività o prestazioni che imporrebbero viceversa un iter parlamentare "normale". Secondo la Regione Veneto, sia pure nella prospettiva di eventi calamitosi, la materia avrebbe una ricorrenza naturale o normale, evidenziando l'inidoneità dello strumento legislativo adoperato, il cui vizio risulterebbe maggiormente rilevante nel procedimento di conversione.
La ricorrente assume la violazione dei medesimi parametri costituzionali di cui sopra anche in relazione all'art. 69, terzo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), alla legge 1° marzo 1975, n. 47 (Difesa dei boschi dagli incendi), alla legge 4 dicembre 1993, n. 491 (Riordino delle competenze regionali in materia agricola e forestale e istituzione del Ministero delle risorse agricole), al d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197 (Regolamento di organizzazione di detto Ministero), nonché alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), alla legge 11 agosto 1991, n. 266, artt. 2, 7 e 10 (Legge quadro sul volontariato), e infine al d.P.R. 21 settembre 1994, n. 613, artt. 9 e 10 (Regolamento relativo alla partecipazione delle associazioni di volontariato nelle attività di protezione civile). La riserva del finanziamento in favore dello Stato in tali materie, trascurando i piani regionali, definirebbe a beneficio del medesimo il riparto delle competenze, in dispregio a quanto affermato dalla Corte nella citata sentenza n. 157 del 1995, con riguardo sia all'utilizzo del volontariato, sia all'acquisizione di nuove tecniche di spegnimento (là dove l'unica competenza esclusiva del Dipartimento concerne l'impiego di mezzi aerei). Attraverso il finanziamento si affermerebbe in modo esclusivo una competenza dello Stato, dato che il piano regionale non può non comprendere l'acquisizione e la sperimentazione di nuove tecniche, finendo con l'assorbire le competenze regionali ex art. 69, terzo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977. Secondo la ricorrente, o lo Stato omette di prevedere l'intesa estendendo le proprie competenze nella lotta agl'incendi ma così facendo si appropria delle attribuzioni regionali, oppure, ammesso che possa avvalersi di corpi od organi propri, comunque non potrebbe stabilire erogazioni ulteriori sotto il profilo finanziario. I finanziamenti disposti per la sperimentazione ed acquisizione di nuove tecniche, per l'utilizzo del volontariato nonché per le contribuzioni al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco (per la cui utilizzazione le regioni possono stipulare apposite convenzioni) dovrebbero infatti essere stabiliti anche in favore delle regioni, in quanto l'esistenza stessa del finanziamento statale dimostrerebbe che la finanza regionale ordinaria non è sufficiente a comprendere questi servizi.
Un ulteriore vizio degli artt. 2 e 3 sarebbe poi individuabile con riferimento all'art. 97 della Costituzione, là dove le due norme prevedono un finanziamento per i Vigili del fuoco, stabilendo poi che le regioni possono stipulare convenzioni per avvalersi degli stessi con il Ministero dell'interno assumendosene l'onere finanziario, quasi che tale utilizzo al fine dello spegnimento degli incendi non rappresentasse l'esercizio di una competenza regionale ma un compito dello Stato.
In conclusione, risalterebbe il "perfetto scoordinamento" nella disciplina della materia, la quale celerebbe il disegno di ricondurre allo Stato tutto ciò che in materia appartiene alla regione, spostando il centro d'imputazione sul Ministero delle risorse agricole e forestali e sul Dipartimento della protezione civile.
1.2. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o, in subordine, di infondatezza della questione. Osserva l'Avvocatura come la ricorrente abbia attribuito alla decisione della Corte affermazioni assolute e perentorie, ignorando le statuizioni con cui le doglianze della regione sono state ritenute infondate e finendo per rimanere "sull'onda del sospetto verso le macchinazioni dello Stato contro le regioni". In proposito l'Avvocatura sottolinea come l'auspicio della Corte per un organico intervento in materia non preclude l'utilizzo del decreto-legge, la ipotetica mancanza di requisiti del quale la regione non avrebbe alcuna ragione di far valere. Nel contestare gli altri assunti della ricorrente, l'Avvocatura osserva come nulla essa lamenti in concreto circa i finanziamenti al servizio aereo ed ai lavori attinenti al patrimonio boschivo di competenza del Corpo forestale dello Stato; inoltre qualifica "gratuita" la conclusione secondo cui la spesa di 3,5 miliardi, autorizzata a favore della Presidenza del Consiglio, verrebbe destinata ad un'attività che prescinde dalla collaborazione tra Stato e regione, laddove la sperimentazione di nuove tecniche, dovendosi distinguere dalla gestione delle stesse, non può che far capo allo Stato.
Quanto all'utilizzazione del volontariato, osserva l'Avvocatura che essa è prevista secondo le disposizioni contenute nel d.P.R. 21 settembre 1994, n. 613; per cui non vi sarebbe alcuna elusione di tale normativa, stante la non configurabilità della lamentata attribuzione allo Stato di una competenza esclusiva; mentre, d'altronde, nessuna rilevanza sul piano costituzionale avrebbero le doglianze circa l'esclusione della regione dai finanziamenti previsti nel decreto-legge.
Del tutto indimostrato infine risulterebbe l'assunto circa un occulto disegno vòlto a ricondurre allo Stato le attribuzioni della regione, la quale vedrebbe tale manovra anche nella previsione, peraltro non contestata nel merito, di finanziamento in favore dei Vigili del fuoco e della possibilità di utilizzo degli stessi in regime di convenzione.
2.1. - Con ricorso notificato l'8 settembre 1995 (Reg. Ric. 47 del 1995), la Regione Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale del decreto-legge 10 luglio 1995, n. 275, convertito in legge 8 agosto 1995, n. 339, quanto agli artt. 1, comma 1, e 2, commi 1 e 2, nella parte in cui le disposizioni ivi contenute attribuiscono al Ministero per le risorse agricole, alimentari e forestali, al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e al Ministero dell'interno significative risorse economiche per lo svolgimento di attività e/o l'approvvigionamento di mezzi e attrezzature, in settori nei quali è prescritta l'intesa con le regioni, in assenza dell'intesa stessa; quanto all'art. 1, comma 2, nella parte in cui la disposizione ivi contenuta assegna una dotazione al Corpo forestale dello Stato per "l'attivazione di lavori socialmente utili di supporto all'attività di conservazione e manutenzione del patrimonio boschivo", mentre tali attività sono di competenza delle regioni; quanto all'art. 1, comma 3, nella parte in cui la disposizione ivi contenuta assegna altre risorse al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio per la "sperimentazione e ... la acquisizione di nuove tecniche da impiegare per lo spegnimento degli incendi boschivi, nonché per la utilizzazione delle associazioni di volontariato ...", da un lato prevedendo l'intervento statale in materia di competenza regionale e dall'altro prefigurando l'uso di personale volontario senza chiarire che esso deve essere messo ad operare alle dipendenze delle regioni; quanto all'art. 3, e in generale quanto al provvedimento legislativo nel suo insieme, nella parte in cui, dopo aver disposto rilevanti stanziamenti a favore di organi statali in materie di competenza regionale o come minimo presupponenti intese con le regioni, contempla convenzioni tra le regioni e il Ministero dell'interno per l'utilizzo di personale e mezzi del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco con l'assunzione delle relative spese a carico del bilancio delle stesse regioni.
Pure la Regione Lombardia richiama la sentenza n. 157 del 1995 di questa Corte, sostenendo che le indicazioni in essa contenute sarebbero state disattese dal Governo.
In particolare essa osserva come, ex d.P.R. n. 616 del 1977, anche le funzioni programmatorie oltre che quelle gestionali sarebbero state trasferite alle regioni e come l'estraneità alle stesse sia stata poi confermata dalla legge n. 491 del 1993, istitutiva del Ministero delle risorse agricole, cui sono riservate solo competenze generalissime e residuali. In tale quadro normativo "la tutela del patrimonio boschivo diviene una delle funzioni in materia di agricoltura e foreste, tutte di competenza regionale", là dove l'impugnata normativa "aspira illegittimamente a rovesciare" la forte autonomia regionale in subiecta materia.
Così l'attribuzione - ex art. 1, commi 1 e 2 - di 40 miliardi al Ministero per la gestione operativa e logistica degli aeromobili, di 30 miliardi al Corpo dei Vigili del fuoco per spese correnti e di 8 miliardi per l'approvvigionamento dei mezzi e per la gestione dei nuclei di elicotteri sarebbe riferibile ad attività consentite soltanto d'intesa con le regioni, vincolo che non sarebbe rispettato né come garanzia di principio, né "sul piano delle effettive garanzie procedimentali". Ciò concreterebbe la violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, con riferimento all'art. 69 del d.P.R. n. 616 del 1977 e al d.P.R. n. 11 del 1972, oltre che alla legge n. 491 del 1993, nonché degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Inoltre l'art. 1, comma 2, stanzia 1,5 miliardi per l'attivazione di lavori socialmente utili, di supporto all'attività di conservazione e manutenzione del patrimonio boschivo di competenza del Corpo forestale dello Stato, utilizzando i lavoratori di cui al decreto-legge n. 232 del 1995 (non convertito, ma sostituito dal decreto-legge n. 326 del 4 agosto 1995, pur non convertito all'atto della pubblicazione della legge impugnata). Ma tali compiti sarebbero interamente devoluti alle regioni (salvo una quota dell'1% del patrimonio della soppressa ASFD), e sarebbero quindi violati gli artt. 117 e 118 della Costituzione, con riferimento anche agli artt. 68, 69 e 71 del d.P.R. n. 11 del 1972 e alle leggi n. 47 del 1975 e n. 491 del 1993.
Anche il finanziamento di 3,5 miliardi alla Presidenza del Consiglio a fini di sperimentazione ed acquisizione di nuove tecniche, non trovando alcun supporto nel d.P.R. n. 616 del 1977, risulterebbe lesivo degli artt. 117 e 118 della Costituzione, con riferimento agli artt. 69 e 71 del d.P.R. n. 616 citato e al d.P.R. n. 11 del 1972, nonché agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
La destinazione di tale finanziamento è rivolta altresì alla utilizzazione delle associazioni di volontariato, ma quest'ultima non può che avvenire, secondo la ricorrente, nel rispetto di quanto enunciato dalla Corte nella sentenza n. 157 del 1995: quindi la mancata, espressa riserva alla regione di destinazione dell'utilizzo dei volontari concreterebbe violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione sempre con riferimento agli artt. 69 e 71, lettera g), del d.P.R. n. 616 del 1977, all'art. 11 del d.P.R. n. 11 del 1972, agli artt. 5 della legge n. 47 del 1975 e 10 della legge n. 491 del 1993, nonché ai principi ispiratori della legge n. 266 del 1991.
Il pregiudizio economico e funzionale recato alla regione risulterebbe ancora "più clamoroso" per effetto dell'art. 3, comma 1, che prevede le convenzioni con i Vigili del fuoco a carico delle regioni. Queste infatti, dopo essere state spogliate delle loro competenze, e dopo che ingenti risorse sono state dirottate allo Stato, devono sopportare esborsi per la convenzione. Il ripetersi degl'interventi, d'altra parte, comproverebbe l'assenza di straordinarietà degli stessi, mentre il decreto-legge impugnato non conterrebbe affatto il disegno organico auspicato dalla Corte; anzi, recando nelle premesse il richiamo all'imminente periodo estivo, esso svelerebbe "l'imprevidenza e la pigrizia del legislatore statale". Secondo la Regione Lombardia, inoltre, il finanziamento non sarebbe affatto aggiuntivo, in quanto le risorse sarebbero state in realtà dirottate da quelle spettanti alle regioni per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali. Ciò sarebbe dimostrato dal tema delle convenzioni: se i Vigili del fuoco svolgono cioè compiti statali, non si coglie la ragione delle convenzioni, se invece svolgono funzioni regionali non si vede perché le regioni dovrebbero accollarsene i costi. Pure qui viene rilevata, in conclusione, la violazione degli artt. 3, 81, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, con riferimento agli artt. 69 e 71 del d.P.R. n. 616 del 1977, al d.P.R. n. 11 del 1972 e alla legge n. 491 del 1993.
2.2. - Anche in questo giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso, in quanto proposto ben oltre il termine di trenta giorni dalla pubblicazione del decreto-legge in Gazzetta Ufficiale: a parere dell'Avvocatura l'impugnativa riguarderebbe infatti il decreto-legge, "venendo la legge di conversione richiamata solo per individuare l'iter successivo".
Nel merito l'Avvocatura, dopo aver richiamato la motivazione della più volte citata sentenza n. 157 del 1995 là dove questa parla di una gestione centralizzata dei mezzi aerei, ribadisce le esigenze funzionali dei Vigili del fuoco, allo scopo di contestare le censure della regione circa i finanziamenti. In proposito sottolinea le peculiarità del Corpo forestale - anche in ragione delle funzioni di polizia forestale - e la distinzione tra sperimentazione e gestione, quanto all'acquisizione di nuove tecniche. Mentre osserva che l'utilizzo dei volontari secondo le disposizioni contenute nel d.P.R. 21 settembre 1994, n. 613, esclude l'elusione di tale normativa.
Infine e conclusivamente, l'Avvocatura rileva come il legislatore sta cercando di attuare con gradualità un disegno che non sarebbe sicuramente destabilizzante ed invasivo, là dove un'opera di sistemazione organica risulta sicuramente di non facile e rapida sistemazione.
3. - Nell'imminenza dell'udienza entrambe le parti hanno depositato memorie insistendo nelle tematiche di cui ai ricorsi.
Considerato in diritto
1. - Con due distinti ricorsi, notificati rispettivamente il 4 agosto e l'8 settembre 1995, la Regione Veneto e la Regione Lombardia hanno prospettato un articolato thema decidendum, basato sull'assunto che:
a) il decreto-legge 10 luglio 1995, n. 275 (convertito in legge 8 agosto 1995, n. 339), nel suo insieme e in particolare sub artt. 1-3, lederebbe gli artt. 117 e 118 della Costituzione in relazione all'art. 77 della Costituzione e all'art. 15 della legge n. 400 del 1988, siccome emanato in difetto dei presupposti di necessità ed urgenza, e siccome concretante una sostanziale elusione di quanto dalla Corte affermato nella sentenza n. 157 del 1995;
b) l'attribuzione, ex artt. 1, commi 1 e 3, e 2 del decreto-legge impugnato, di risorse finanziarie a soggetti diversi dalle regioni (Ministero per le risorse agricole, Vigili del fuoco, Ministero dell'interno), nonché la destinazione di parte di queste all'acquisizione di nuove tecniche, vulnererebbe gli artt. 117 e 118 della Costituzione in relazione agli artt. 68, 69 e 71 del d.P.R. n. 616 del 1977, alla legge n. 47 del 1975, alla legge n. 491 del 1993, al d.P.R. n. 197 del 1994, alla legge n. 794 del 1991, alla legge n. 266 del 1991 (artt. 2, 7 e 10), agli artt. 9 e 10 del d.P.R. n. 613 del 1994 nonché al d.P.R. n. 11 del 1972, e vulnererebbe altresì gli artt. 3 e 97 della Costituzione: ciò in ragione dello storno delle risorse e della mancata previsione di intese in materie di competenza regionale;
c) lo stanziamento di 1,5 miliardi, ex art. 1, comma 2, per l'attivazione di lavori socialmente utili attraverso l'impiego dei lavoratori in cassa integrazione ed in mobilità per attività di conservazione e manutenzione del patrimonio boschivo, riguardando un'attribuzione pressoché integralmente regionale, violerebbe i predetti parametri;
d) i medesimi precetti costituzionali e le citate norme interposte sarebbero altresì vulnerati dal richiamo - fatto nell'art. 1, comma 3 - all'utilizzazione delle associazioni di volontariato, tenuto conto anche di quanto statuito dalla Corte nella citata sentenza n. 157 del 1995;
e) l'art. 3, comma 1, nel prevedere che le regioni possono stipulare convenzioni con il Corpo dei Vigili del fuoco ed il Ministero dell'interno assumendone le relative spese, lederebbe il descritto sistema normativo di riferimento, stante che le ricorrenti - private dei flussi di finanziamento - dovrebbero poi assumersi gli oneri per lo svolgimento, in regime di convenzionamento, di attività rientranti nelle loro stesse attribuzioni.
2. - I predetti ricorsi prospettano questioni di legittimità costituzionale identiche o connesse; i relativi giudizi vanno perciò riuniti e decisi con un'unica sentenza.
3. - Va preliminarmente esaminata l'eccezione d'inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato, secondo la quale il ricorso della Regione Lombardia, sostanzialmente proposto avverso il citato decreto-legge, risulterebbe tardivo perché depositato ben oltre trenta giorni dalla data di pubblicazione del medesimo.
In proposito rileva la Corte che le censure sollevate dalla Regione Lombardia nei confronti del decreto-legge n. 275 del 1995 si estendono alle corrispondenti disposizioni della legge di conversione 8 agosto 1995, n. 339, dalla cui pubblicazione va dunque computato il termine previsto dall'art. 33, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Infatti la regione che ritenga lese le proprie competenze da un provvedimento intrinsecamente precario, qual è il decreto-legge, può sollevare la relativa questione di legittimità costituzionale avverso il decreto stesso, con gli anzidetti effetti estensivi delle censure in caso di conversione in legge, oppure riservare la propria impugnazione a dopo l'entrata in vigore di questa, che rende permanente e definitiva la normativa solo provvisoriamente dettata col decreto-legge, perpetuando gli eventuali vizi di costituzionalità dello stesso e così rinnovando la lesione da cui nasce l'interesse a ricorrere della regione (v. sentenze n. 192 del 1970 e n. 113 del 1967). Basti considerare che soltanto a partire da tale momento il quadro normativo assume un connotato di stabilità e l'iniziativa d'investire la Corte non rischia di essere vanificata dall'eventualità di una mancata conversione.
Nella specie, il ricorso è stato tempestivamente depositato l'8 settembre 1995, a fronte della pubblicazione della citata legge n. 339 del 1995 nella Gazzetta Ufficiale del 17 agosto 1995. Pertanto l'eccezione preliminare va disattesa, e devesi passare all'esame del contenuto di entrambi i ricorsi.
4. - E' chiesto anzitutto alla Corte - in particolare dalla Regione Veneto - il controllo di costituzionalità dell'intero provvedimento legislativo, sotto il profilo dell'asserita mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza e, più in generale, per l'uso stesso della decretazione d'urgenza in materia.
Al riguardo è da richiamare la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale le regioni, allorché agiscono nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale, non possono legittimamente far valere asserite violazioni delle norme costituzionali regolanti il potere governativo di adozione dei decreti-legge. Poiché infatti tali violazioni non comportano di per sé alcuna lesione della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita alle stesse, difetta quell'interesse a ricorrere qualificato dalla finalità di ripristinare l'integrità delle competenze regionali, che è proprio dei giudizi in questione (v., da ultimo, le sentenze n. 29 del 1995 e n. 313 del 1994). E nella specie, appunto, la lamentata lesione non deriverebbe comunque dall'uso in sé della decretazione d'urgenza. Per cui la censura a carattere generale della Regione Veneto va dichiarata inammissibile.
5. - Tutte le altre questioni sollevate con i due ricorsi sono prive di fondamento nel merito.
5.1. - La prima di tali questioni - seguendo un ordine logico che non coincide con quello espositivo dei ricorsi - riguarda la stessa strategia prescelta dal legislatore per la lotta agl'incendi boschivi. A parere delle ricorrenti, il fatto di erogare una serie di finanziamenti per attività rientranti nelle attribuzioni delle regioni realizzerebbe un approccio al problema, sostanzialmente elusivo del ruolo centrale che le regioni stesse svolgono in materia, e concreterebbe uno storno di risorse a loro danno.
In proposito osserva la Corte che l'impugnato decreto-legge ripropone lo schema del finanziamento aggiuntivo, già attuato con il decreto-legge 15 giugno 1994, n. 377, convertito in legge 8 agosto 1994, n. 497, oggetto della sentenza n. 157 del 1995. Sicché valgono, al riguardo, le considerazioni contenute nella predetta decisione; tanto più che, da un lato, non risultano affatto ridotti gli ordinari trasferimenti disposti in favore delle ricorrenti e, dall'altro lato, le erogazioni dalle quali le ricorrenti si affermano escluse, concernono fondamentalmente la gestione dei mezzi aerei e le esigenze del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco (salvo quanto si dirà appresso). Lo Stato, insomma, finanzia direttamente funzioni ed attività delle quali ha conservato la titolarità e che fanno capo ad una direzione unitaria come condizione di efficacia del loro impiego.
Tale conclusione risulta confermata dalla stessa normativa contenuta negli artt. 1, comma 1, e 2, che prevedono, rispettivamente, i finanziamenti per la gestione operativa e logistica degli aeromobili e degli elicotteri, per il funzionamento del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e per i mezzi aerei di quest'ultimo, analogamente a quanto disposto per l'anno 1994 dall'art. 1, comma 2, lettere a) e b) della legge n. 497 del 1994, già scrutinato da questa Corte e con riguardo al quale il legislatore ha rispettato la declaratoria d'illegittimità di cui alla sentenza n. 157 del 1995, avendo con l'art. 4 del decreto ora in esame (proprio in conformità a quella pronuncia, come espressamente risulta dai lavori preparatori) integrato, sub lettera c), il piano di rilevamento sul territorio con la previsione dell'intesa delle regioni interessate.
I finanziamenti in argomento - mentre dunque nulla tolgono alle attribuzioni regionali - garantiscono, viceversa, efficienza ed operatività alle strutture cui si indirizzano, le quali a loro volta espletano una serie di attività necessariamente complementari alle attribuzioni stesse.
5.2. - Ad eguale conclusione si deve pervenire riguardo alla censura concernente l'art. 1, comma 3, col quale vengono erogati 3,5 miliardi per le esigenze della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, relative particolarmente alla sperimentazione ed all'acquisizione di nuove tecniche da impiegare per lo spegnimento degli incendi boschivi, nonché per l'utilizzazione delle associazioni di volontariato; anche se non si può non rilevare l'estrema improprietà della formula adottata dal legislatore, che accomuna i destinatari di un'unica somma (3,5 miliardi) senza operare le dovute distinzioni.
Come risulta chiarito dagli atti parlamentari (cfr. relazione al disegno di legge di conversione n. 1931 ed allegati tecnici), anche lo stanziamento per le "nuove tecniche" riguarda la gestione dei mezzi aerei, trattandosi di uno specifico programma di potenziamento delle capacità operative delle versioni antincendio degli elicotteri, vòlto a sopperire alle carenze in precedenza verificatesi nell'utilizzazione di liquidi estinguenti. Pertanto si verte in tema di dettagli organizzativi della generale attribuzione statuale ex art. 69, terzo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977; e dunque vale sul punto quanto già sopra osservato.
I parametri costituzionali evocati e le richiamate norme primarie interposte non sono vulnerati neanche dallo stanziamento per l'utilizzazione delle associazioni di volontariato. Il legislatore ha infatti chiaramente specificato che l'impiego delle associazioni stesse deve avvenire "secondo le disposizioni contenute nel d.P.R. 21 settembre 1994, n. 613". Questa Corte aveva dichiarato l'illegittimità della precedente normativa nella parte in cui non riservava il potere di tale impiego alla regione cui gli operatori erano stati destinati, appunto sottolineando che il d.P.R. n. 613 del 1994 "conferma il radicamento sul territorio delle associazioni di volontariato". La norma de qua non contraddice, quindi, ma anzi realizza il precetto che appunto scaturisce dalla sentenza n. 157 del 1995.
A proposito di tale decisione, sembra poi il caso di incidentalmente qui rilevare il carattere meramente sollecitatorio delle altre indicazioni in essa contenute, nonché di sottolineare la brevità del tempo sinora intercorso. L'asserito vulnus con riferimento alla decisione stessa, sarebbe astrattamente configurabile solo in relazione al divieto di ripristino dell'efficacia di disposizioni già dichiarate illegittime nella parte in cui esse risultassero lesive delle competenze della regione. Ma tale evenienza va qui esclusa, sia in termini generali, sia in relazione a ciascuna delle singole norme censurate. D'altra parte il Parlamento si è manifestato consapevole, in sede di conversione del decreto-legge in esame, dell'affermata esigenza di una normativa organica, avendo impegnato il Governo - attraverso l'approvazione di uno specifico ordine del giorno - alla predisposizione entro brevi termini di un testo unico "che riordini e razionalizzi la materia". L'auspicio formulato da questa Corte ha così trovato una risposta immediata; sicché non senza fondamento si può pronosticare un prossimo superamento degli interventi frammentari resi sin qui necessari dalla mancanza di una sistemazione normativa della materia.
5.3. - L'art. 1, comma 2, prevede l'utilizzazione dei lavoratori di cui al decreto-legge 14 giugno 1995, n. 232, in lavori socialmente utili di supporto all'attività di conservazione e manutenzione del patrimonio boschivo di competenza del Corpo forestale dello Stato, autorizzando la relativa spesa.
Anche di tale norma si sospetta a torto l'illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione e con riferimento agli artt. 68, 69, 71 del d.P.R. n. 616 del 1977, al d.P.R. n. 11 del 1972, nonché alle leggi n. 47 del 1975 e n. 491 del 1993. Al riguardo valgono le seguenti considerazioni.
L'impiego dei lavoratori in cassa integrazione o in mobilità nei lavori socialmente utili - presente nella nostra legislazione da diversi anni - è in un certo senso divenuto necessitato nell'attuale emergenza occupazionale, alla cui soluzione tale impiego può concorrere sotto molteplici aspetti, grazie anche al consenso espresso dalle parti sociali nel protocollo d'intesa siglato il 23 luglio 1993 tra Governo e sindacati.
Allo scopo di rendere ancora più spediti i meccanismi di cui alla legge 19 luglio 1994, n. 451, il Governo è intervenuto con una serie di decreti-legge, integrativi ed in parte sostitutivi della disciplina dettata con tale legge. La norma qui impugnata richiama il decreto-legge 14 giugno 1995, n. 232, poi decaduto per mancata conversione, al quale sono succeduti i decreti-legge di analogo contenuto n. 326 e n. 416, fino al decreto-legge 4 dicembre 1995, n. 515.
Segnatamente la Regione Lombardia assume la violazione delle attribuzioni regionali in materia di conservazione e manutenzione del patrimonio boschivo; ma la doglianza scaturisce da un evidente errore prospettico. La norma, infatti, intende solo porre un limite al Corpo forestale dello Stato circa il personale che può essere utilizzato a supporto di tale attività, escludendo così l'impiego di lavoratori stagionali o precari, che molti dubbi anche in passato ha sollevato per il non infrequente collegamento col carattere doloso di alcuni incendi.
Per altro verso, poi, occorre notare che il denunciato art. 1, comma 2, è disposizione attinente al governo del mercato del lavoro; e in nulla modifica il riparto delle competenze, atteso che il complesso procedimento descritto dal quadro normativo ivi richiamato resta al di fuori della censurata previsione, collocandosi in una fase cronologicamente successiva. In tale fase si ha il concorso di una pluralità di soggetti interessati per i diversi aspetti (occupazionali, assicurativi, previdenziali) e tra questi soggetti si annovera la stessa regione, che assume il ruolo di ente gestore. Il personale come sopra utilizzabile viene ad iscriversi, appunto in virtù dell'anzidetta funzione di supporto, nel rapporto stesso - già descritto ampiamente nella citata sentenza n. 157 del 1995 - che lega la regione al Corpo forestale dello Stato.
Nella parte finale della norma è altresì contemplato l'indispensabile finanziamento, imposto dalla legge, per l'approvazione del progetto. Ne consegue che la ratio del provvedimento è vòlta in direzione opposta a quella descritta e paventata dalla Regione Lombardia, poiché - così come avviene in materia di tutela dell'ambiente, di salvaguardia del patrimonio artistico e di incremento dei servizi sociali - l'apprestamento dei mezzi finanziari per l'utilizzazione dei lavoratori in parola mira ad un potenziamento degli strumenti a disposizione della regione.
5.4. - Da ultimo viene censurato l'art. 3, che prevede la possibilità di stipulare convenzioni con il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco "per le finalità di cui al presente decreto".
Osserva la Corte che tali "finalità" sono appunto quelle vòlte a fronteggiare gl'incendi boschivi, per il cui spegnimento i Vigili del fuoco sono stati sinora utilizzati in modo episodico dalle regioni interessate al fenomeno, in un quadro certamente non organico d'interventi e nel sovrapporsi di competenze che questa Corte ha già sottolineato nella sentenza n. 157 del 1995.
La previsione della (mera) facoltà per le regioni di predisporre delle convenzioni anche relativamente ad attività non istituzionali di detto Corpo (in quanto devolute invece al Corpo forestale) ovvero, più in generale, per interventi anche in aree non ancora antropizzate o, infine, per disciplinare il concorso nell'opera di estinzione degli incendi, lungi dall'espropriare le regioni stesse di alcuna competenza, viene ad inserirsi nel contesto di razionalizzazione della disordinata situazione già esistente, fornendo un supporto normativo alla giustificazione delle spese conseguenti a tali convenzioni e, nel contempo, consentendo una più articolata ed efficace programmazione regionale in materia.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del decreto-legge 10 luglio 1995, n. 275 (Disposizioni urgenti per prevenire e fronteggiare gli incendi boschivi sul territorio nazionale), convertito in legge 8 agosto 1995, n. 339, sollevata, in riferimento agli artt. 77, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Veneto con il ricorso di cui in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1, 2 e 3, 2, commi 1 e 2 e dell'art. 3 del decreto-legge 10 luglio 1995, n. 275, convertito in legge 8 agosto 1995, n. 339, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 77, 81, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia, con i ricorsi di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1996.