Ordinanza n. 5 del 1996

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ORDINANZA N. 5

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizione sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 1994, dalla Commissione tributaria di primo grado di Verona sul ricorso proposto da Giancarlo Barbieri contro l'Ufficio delle imposte dirette di Verona, iscritta al n. 459 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1995;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 1995 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

RITENUTO che nel corso di un giudizio vertente tra Giancarlo Barbieri e l'Ufficio delle imposte dirette di Verona, avente ad oggetto la richiesta di rimborso dell'IRPEF versata in eccedenza in conseguenza di erronea compilazione del mod. 740 relativo ai redditi dell'anno 1986, la Commissione tributaria di primo grado di Verona, con ordinanza emessa il 21 novembre 1994, pervenuta alla Corte costituzionale il 3 luglio 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nella parte in cui impone al contribuente, a pena di decadenza dal diritto di agire in giudizio, l'onere di presentare un'istanza di rimborso all'Intendente di finanza nel termine di 18 mesi dalla data del versamento;

che a parere del giudice a quo l'imposizione, a pena di decadenza dal diritto di agire in giudizio, di un adempimento quale è quello della presentazione dell'istanza di rimborso all'Intendenza di finanza, si tradurrebbe in un inutile e gravoso ostacolo all'esercizio del diritto di difesa tutelato dall'art. 24 della Costituzione;

che secondo il rimettente al caso di specie sarebbero estensibili le argomentazioni contenute nella sentenza n. 406 del 1993 con la quale questa Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 33, ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, nella parte in cui non prevede, in materia di rimborsi di imposta, l'esperibilità dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la non fondatezza della questione sollevata.

CONSIDERATO che questa Corte con la sentenza n. 494 del 1991 ha affermato che, essendo consentito al legislatore di determinare, in relazione alle esigenze dei singoli procedimenti, le modalità di esercizio del diritto di difesa, il sistema previsto dall'art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 - il quale stabilisce un termine di decadenza di diciotto mesi per presentare l'istanza di rimborso dell'imposta che si assume non dovuta - non comporta violazione del diritto di difesa sotto il profilo della congruità del termine previsto;

che ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche con riguardo alla denunciata violazione dell'art. 24 della Costituzione sotto il profilo della imposizione, a pena di decadenza dal diritto di agire in sede giurisdizionale, dell'onere di presentare l'istanza di rimborso alla competente Intendenza di finanza nel termine previsto;

che in proposito va rilevato che l'art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 deve essere raccordato con l'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ai sensi del quale il ricorso alla Commissione tributaria può essere proposto contro l'avviso di accertamento, l'avviso di liquidazione dell'imposta, e, per quanto in tale sede rileva, contro il provvedimento che respinge l'istanza di rimborso;

che, come evidenziato anche dalla consolidata giurisprudenza di legittimità e delle Commissioni tributarie, il citato art. 16 rappresenta il fulcro del processo tributario cui si dà accesso solo attraverso l'impugnazione di atti (anche se poi la cognizione del giudice si estende al rapporto) che sono tassativamente indicati e la cui elencazione comprende anche il rifiuto di rimborso, o il silenzio, serbato sulla richiesta relativa, equiparato all'atto impositivo;

che la funzione dell'art. 16, per quanto riguarda la richiesta di rimborso, è pertanto quella di individuare, nel sistema esclusivamente impugnatorio per l'accesso al contenzioso tributario, l'atto impositivo cui correlare l'impugnazione, e di fissare i termini per provvedervi a pena di decadenza per evitare l'intangibilità del rapporto sottostante all'atto impositivo così individuato;

che, infine, il richiamo alla sentenza n. 406 del 1993, con la quale questa Corte ha ritenuto contrastante con il diritto di difesa il sistema previsto dall'art. 39 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, nella parte in cui non prevede l'esperimento dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo, non appare invocabile per sostenere la fondatezza delle sollevate censure: ed invero, nella richiamata decisione, così come nelle sentenze nn. 56 del 1995 e 360 del 1994, la Corte ha rilevato la sussistenza della violazione del diritto di difesa a causa della prevista decadenza dall'azione giudiziaria in conseguenza della mancata proposizione del ricorso di introduzione del previo procedimento amministrativo e non già in conseguenza - come nel caso di specie - della mancata presentazione della mera istanza di rimborso;

che, infatti, le richiamate pronunce d'incostituzionalità, mentre hanno avuto ad oggetto quelle disposizioni che, con riguardo alle imposte sugli spettacoli, all'imposta di bollo e alle tasse sulle concessioni governative, richiedono il previo esperimento di ricorsi amministrativi, non hanno inciso sulle norme che impongono la presentazione dell'istanza di rimborso alla competente autorità amministrativa;

che, pertanto, la disposizione impugnata, con il prevedere, a pena di decadenza dalla proponibilità dell'azione giudiziaria, l'onere di presentare l'istanza di rimborso alla competente autorità amministrativa, si pone in armonia col sistema tributario senza menomare il diritto di difesa.

Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Verona con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 gennaio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 9 gennaio 1996.