SENTENZA N. 533
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge 24 marzo 1993, n. 75 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, recante disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonchè altre disposizioni tributarie), promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 1995 dalla Commissione tributaria di primo grado di Cremona sul ricorso proposto da Cesira Gramignola contro l'Intendenza di Finanza di Cremona, iscritta al n. 305 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'8 novembre 1995 il Giudice relatore Massimo Vari.
Ritenuto in fatto
1.-La Commissione tributaria di primo grado di Cremona, con ordinanza del 22 febbraio 1995 -emessa nel giudizio sul ricorso proposto da Cesira Gramignola contro l'Intendenza di Finanza per l'impugnativa del silenzio rifiuto formatosi sulla istanza volta ad ottenere il rimborso dell'imposta pagata sulle plusvalenze conseguite in occasione di cessione volontaria di terreni classificati dal piano regolatore in zona F, assoggettati a procedimenti espropriativi -ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge 24 marzo 1993, n. 75 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, recante disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonchè altre disposizioni tributarie), nella parte in cui fa salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge 28 febbraio 1992, n. 174, 27 aprile 1992, n. 269 e 25 giugno 1992, n. 319.
Ad avviso del giudice remittente, la norma impugnata rende "attuali" le questioni di legittimità costituzionale che già si ponevano al momento della emanazione dei menzionati decreti-legge; in particolare, quella concernente l'art. 3, lettera a), di detti testi normativi, che estende ad aree insuscettibili, per definizione, di utilizzazione edificatoria, e cioè a quelle classificate nella zona F, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, lo stesso regime di tassabilità che l'art. 11, comma 5, della legge n. 413 del 1991, limitava alle plusvalenze conseguite sulle aree destinate ad opere pubbliche e ad infrastrutture urbane all'interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, di cui al medesimo decreto ministeriale 2 aprile 1968, in ragione dell'aumento di valore delle aree stesse "a seguito della classificazione operata dagli strumenti urbanistici". Si determinerebbe, in tal modo, una disparità di trattamento fra il proprietario che vende aree classificate nella predetta zona F sul libero mercato, che risulta sottratto, ai sensi dell'art. 81, lettera b), seconda parte, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, a qualsiasi tassazione a fini IRPEF, e il proprietario che subisce l'espropriazione di aree simili, per l'effettuazione proprio degli impianti di interesse generale cui le aree stesse sono vincolate; proprietario che sull'indennità ricevuta subisce la tassazione in relazione alle plusvalenze conseguite.
2.-Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo la inammissibilità o, in subordine, l'infondatezza della questione.
Secondo l'Avvocatura, la questione relativa alla asserita disparità di trattamento è inammissibile (e anche infondata) per inesatta individuazione del tertium comparationis: è infatti arbitrario assumere per tale soltanto la seconda parte della lettera b) dell'art. 81 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, contenente il testo unico delle imposte sui redditi, senza considerare la prima parte che, con disposizione di portata generale, prevede la tassazione delle plusvalenze infraquinquennali. E questo senza dire che le due discipline messe a confronto sono "reciprocamente autonome", in quanto per le aree incluse nella zona F la vicenda normale è quella espropriativa, e non l'alienazione sul libero mercato. Si deduce, inoltre, l'inammissibilità della questione sotto il profilo della violazione dell'art. 53 della Costituzione, posto che il remittente dubita non della sussistenza della capacità contributiva, ma solo del diverso trattamento di capacità contributive ipotizzate "pari", onde il dubbio riguarda unicamente l'art. 3 della Costituzione. Si assume che i terreni posti in zona F sono pur sempre "suscettibili di utilizzazione edificatoria", sicchè non v'è ragione per escludere le conseguenti plusvalenze dalle imposte sui redditi, non senza osservare che, comunque, il dubbio del remittente è, semmai, prospettabile in senso contrario, giacchè è proprio la disposizione che si vorrebbe assumere a tertium comparationis ad apparire di dubbia costituzionalità, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione, non potendosi escludere dalla imposizione la capacità contributiva espressa da plusvalenze comunque realizzate. Ovviamente tale questione di legittimità costituzionale potrà essere incidentalmente sollevata, innanzi a sè, dalla Corte stessa.
Considerato in diritto
1.-La Commissione tributaria di primo grado di Cremona, con l'ordinanza indicata in epigrafe, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge 24 marzo 1993, n. 75, nella parte in cui fa salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge 28 febbraio 1992, n. 174, 27 aprile 1992, n. 269 e 25 giugno 1992, n. 319, ed in particolare sulla base dell'art. 3, comma 1, lettera a), dei decretilegge medesimi. Si tratta della disposizione, contenuta nei vari decreti-legge testè citati, nessuno dei quali convertito in legge, che aveva il fine di estendere alle aree classificate nella zona F, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, la tassabilità delle plusvalenze conseguite nell'ambito o in occasione di procedure espropriative, che l'art. 11, comma 5, della legge n. 413 del 1991, limitava, invece, ai terreni destinati ad opere pubbliche e ad infra strutture urbane, all'interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, di cui al citato decreto ministeriale 2 aprile 1968.
2.-Il remittente lamenta violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione, in quanto la disposizione denunciata sarebbe in contrasto con la ratio dell'art. 11, comma 5, della legge n. 413 del 1991, essendo le aree classificate in zona F insuscettibili di utilizzazione edificatoria. Di qui una disparità di trattamento, a parità di capacità contributiva, fra il proprietario che vende aree classificate in zona F sul libero mercato, il quale andrebbe esente -ai sensi della seconda parte della lettera b) dell'art. 81 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall'art. 11, comma 1, lettera f), della legge n. 413 del 1991 -da qualsiasi tassazione a fini IRPEF, e il proprietario che subisce l'espropriazione di aree consimili, che vede sottoposte a tassazione le plusvalenze conseguite.
3.-In via pregiudiziale, l'Avvocatura dello Stato eccepisce l'inammissibilità della questione, per inesatta individuazione del tertium comparationis, a suo avviso arbitrariamente identificato nell'art. 81, lettera b), seconda parte del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, senza tener conto della prima parte della disposizione in parola che contempla, in via generale, la tassabilità delle plusvalenze infraquinquennali. L'eccezione non può essere accolta, in quanto il giudice remittente ha puntualmente formulato la questione indicando la norma rispetto alla quale si verificherebbe, a suo avviso, la disparità di trattamento, mentre l'idoneità di questa a porsi quale tertium comparationis rispetto alla disposizione denunciata è problema che attiene al merito della questione e non alla sua ammissibilità.
Va respinta anche l'altra eccezione sollevata dall'Avvocatura, la quale ritiene che la questione sarebbe inammissibile per il profilo che attiene alla lamentata violazione dell'art. 53 della Costituzione. Non si può, infatti, condividere l'avviso che, essendo prospettato dal remittente un diverso trattamento di capacità contributive "pari", il dubbio riguarderebbe solo l'art. 3 della Costituzione. È sufficiente ricordare, infatti, in ordine alla pertinenza del richiamo fatto dall'ordinanza all'art. 53, l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale, secondo il quale tale articolo costituisce uno specifico sviluppo del principio dell'art. 3 della Costituzione.
4.-La questione non è fondata.
Il legislatore, prevedendo, con l'art. 11, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, la tassazione delle plusvalenze derivanti da indennità di esproprio o da corrispettivi di cessioni volontarie nel corso di procedimenti ablatori, ha teso ad assoggettare ad una medesima uniforme disciplina sia il trasferimento coattivo di terreni rientranti nelle aree urbane classificabili, secondo gli strumenti urbanistici, quali zone omogenee di tipo A, B, C e D, sia la cessione negoziale di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, anch'essa considerata fonte di plusvalenze tassabili, dal comma 1, lettera f), del medesimo art. 11 che, in questo senso, ha provveduto a modificare l'art. 81, lettera b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, contenente il testo unico delle imposte sui redditi (v. al riguardo la sentenza di questa Corte n. 315 del 1994).
Si tratta di una scelta legislativa che trova la sua ragione nel fatto che, secondo un principio ormai pacificamente accolto dalla giurisprudenza, anche di questa Corte, in materia di indennizzi, l'indennità di esproprio dei terreni localizzati in zone urbane è divenuta un serio ristoro del bene espropriato e va pertanto commisurata ai valori di edificabilità che i terreni avrebbero avuto se non fossero stati vincolati ed espropriati. Di ciò danno conferma anche i lavori preparatori della legge, esattamente richiamati dal giudice remittente, dai quali si desume, infatti, che si è inteso recuperare a tassazione somme che hanno consentito ai soggetti espropriati un realizzo prossimo al valore corrente di mercato, per terreni i cui prezzi sono lievitati non a seguito di una attività produttiva del proprietario, bensì per l'avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica.
Orbene, nell'ambito della correlazione così stabilita fra ipotesi di cessione di terreni in occasione di procedimenti ablatori e di cessione negoziale, si colloca, contrariamente a quanto ipotizza il remittente, anche la disposizione denunciata, che fa salvi gli effetti dei decretilegge decaduti che hanno esteso alle aree classificate in zona F la disciplina dell'art. 11, comma 5, della legge n. 413 del 1991, giacchè anche i terreni che fanno parte, dal punto di vista degli strumenti urbanistici, della zona F, per essere destinati ad insediamenti di interesse generale, possono conseguire, per obiettiva collocazione nell'ambito delle zone urbane, l'indennizzo espropriativo proprio dei terreni dotati di suscettibilità edificatoria. La inclusione della zona F tra quelle tassabili non appare, pertanto, in contrasto con la ratio dell'art. 11, comma 5, della legge n. 413 del 1991.
D'altronde, sono proprio tali caratteristiche delle aree rientranti nella zona F a fare escludere che il proprietario che venda aree consimili sul libero mercato resti sottratto a qualsiasi tassazione a fini IRPEF, ai sensi della seconda parte della lettera b), dell'art. 81 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, contrariamente all'assunto del giudice a quo e alle conseguenze che il medesimo ne trae sul piano della disparità di trattamento a danno del proprietario che subisca l'espropriazione di aree site nella stessa zona. Nella disposizione indicata quale tertium comparationis -la quale sottopone a tassazione "le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione" -ben possono rientrare anche le cessioni negoziali di aree destinate ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane all'interno della zona omogenea di tipo F, come del resto mostra di ben conoscere lo stesso remittente quando afferma che, per tali cessioni, il proprietario può riuscire a conseguire un prezzo maggiore "data la persistenza di una speranza edificatoria". In effetti, come si evince da consolidata giurisprudenza, l'attitudine all'utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti è strettamente collegata, in presenza di piano regolatore, alla qualificazione assegnata all'area dal piano medesimo.
Da ciò discende che, anche in caso di cessione negoziale di aree incluse nella zona F, sussiste la riconducibilità della fattispecie all'ipotesi di cui alla seconda parte della lettera b), dell'art. 81 del d.P.R. n. 917 del 1986, sicchè non si può ritenere sussistente la lamentata disparità di trattamento.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge 24 marzo 1993, n. 75 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, recante disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonchè altre disposizioni tributarie), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Cremona, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/95.
Mauro FERRI, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 29/12/95.