Sentenza n.315 del 1994

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SENTENZA N. 315

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, nono comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonchè per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), promossi con ordinanza emessa il 1° aprile 1993 dalla Commissione tributaria di primo grado di Ravenna sul ricorso proposto da Costa Alberto ed altri contro l'Intendenza di Finanza di Ravenna, iscritta al n. 696 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.48, prima serie speciale, dell'anno 1993; e con ordinanza emessa l'8 novembre 1993 dalla Commissione tributaria di primo grado di Salerno sui ricorsi riuniti proposti da D'Apice Alfonso contro l'Intendenza di finanza di Salerno, iscritta al n. 146 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visti l'atto di costituzione di Costa Alberto ed altri e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1994 il Giudice relatore Massimo Vari;

Uditi gli avvocati Augusto Fantozzi e Giuseppe Tinelli per Costa Alberto ed altri e l'Avvocato dello Stato Carlo Bafile per il Presidente del Consiglio dei ministri

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza 1° aprile 1993 (R.O. n.696 del 1993), la Commissione tributaria di primo grado di Ravenna, nel giudizio instaurato da Alberto Costa e altri contro l'Intendenza di finanza, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, nono comma, della legge 30 dicembre 1991, n.413 che, per le somme percepite a seguito di cessioni anche volontarie nel corso di procedi menti espropriativi, fa retroagire l'imposizione tributaria sulle plusvalenze agli atti e provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della medesima legge n. 413 del 1991.

Premette l'ordinanza che i ricorrenti, sottoposti -quali proprietari di un terreno suscettibile, secondo le prescrizioni urbanistiche, di sfruttamento edilizio- a procedura ablativa avevano, in data 18 maggio 1989, consensualmente ceduto al Comune di Lugo l'area di proprietà, accettando e percependo la relativa indennità di esproprio. Inter venuta la norma qui censurata, essi avevano dovuto indicare come plusvalenza, nella dichiarazione annuale dei redditi per il 1991, la somma percepita, corrispondendo la relativa imposta, della quale richiedevano, poi, il rimborso da parte dell'amministrazione.

Ricordati i principi della giurisprudenza costituzionale in tema di retroattività delle leggi tributarie, il giudice a quo osserva che la norma denunciata assoggetta ad imposizione somme percepite in epoca in cui risultavano non fiscalmente rilevanti, ponendo a base del prelievo un fatto verificatosi nel passato, che ha esaurito i suoi effetti economici e patrimoniali.

Rilevato, altresì, che l'indennità di esproprio, per il carattere riparatorio del sacrificio patrimoniale sofferto, non può costituire elemento rivelatore di capacità contributiva, quando il fatto si è verificato in epoca antecedente al momento della imposizione fiscale, si osserva poi che l'efficacia retroattiva della norma non è sorretta da alcuna razionale presunzione che gli effetti economici del valore realizzato permangano nella sfera patrimoniale del soggetto, data anche la possibilità che lo stesso abbia disposto della somma. E questo anche perchè la configurazione, sul piano fiscale, dell'indennità di esproprio come plusvalenza non era prevedibile in epoca precedente all'entrata in vigore della norma di cui si discute.

L'irragionevole trattamento riservato agli indennizzi sugli espropri già percepiti e consumati in epoca antecedente l'entrata in vigore della legge sarebbe, ad avviso del remittente, alla base altresì della violazione dell'art. 3 della Costituzione.

2.- Con ordinanza dell'8 novembre 1993 (n. 146 del 1994) la Commissione tributaria di primo grado di Salerno -in analogo giudizio promosso da D'Apice Alfonso nei confronti dell'Intendenza di finanza- ha sollevato, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, del pari questione di legittimità costituzionale del predetto art. 11, nono comma, della legge n. 413 del 1991, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui ai precedenti quinto, sesto e settimo comma, si applicano alle somme percepite in conseguenza di atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della legge.

Rileva il giudice a quo che, alla luce della giurisprudenza costituzionale, l'imposizione tributaria retroattiva può, in deroga al principio dell'art. 11 delle disposizioni preliminari del codice civile, considerarsi legittima quando la capacità contributiva sia ancora attuale al momento dell'entrata in vigore della norma, per modo che persista un collegamento effettivo fra la prestazione imposta e il presupposto economico considerato, collegamento che deve basarsi su presunzioni razionali;

ovvero quando il fatto imponibile fosse in precedenza colpito da altro tributo sostituito dal nuovo. Alla stregua di tali principi, il remittente osserva che la permanenza di una capacità contributiva corrispondente alla somma percepita dal contribuente costituita dalla plusvalenza potrebbe riguardare solo un breve periodo, al limite l'anno precedente all'entrata in vigore della legge (1991), non senza, peraltro, rilevare che all'imposta considerata non preesisteva altro tributo riguardante il medesimo presupposto (nè INVIM nè tributo personale).

3.- Nel primo giudizio si è costituita la parte privata, depositando una memoria, nella quale, nel chiedere l'accoglimento della questione, si osserva che:

- l'ipotesi di sottoporre ad imposizione fattispecie già esaurite è stata vista con sfavore già in sede di dibattito parlamentare, tanto che la portata retroattiva, dal decennio originariamente previsto nel disegno di legge, è stata ridotta al triennio;

- la previsione di un termine triennale di retroattività dell'imposizione non scongiura gli effetti distorsivi della medesima, anche per l'impossibilità di una prova contraria da parte del contribuente, diretta a dimostrare la non sussistenza nel proprio patrimonio degli effetti economici connessi alla percezione dell'indennità di esproprio;

- appare dubbia la permanenza della capacità contributiva a distanza di un triennio dalla percezione, dovendo ipotizzarsi o un reinvestimento della somma percetta, con probabile duplicazione di imposta, ovvero il consumo della somma stessa;

- ammessa la possibilità di individuare nel patrimonio del beneficiario la persistenza degli effetti dell'indennità, si darebbe luogo, nell'ormai consolidato patrimonio del soggetto, ad una tassazione, priva di ragionevolezza, su base patrimoniale, limitata, peraltro, soltanto ad alcune componenti del patrimonio stesso.

4.- In entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che la questione venga dichiarata infondata.

Secondo l'Avvocatura, per poter ritenere violato l'art.53 della Costituzione occorrerebbe un profondo distacco temporale tra presupposto dell'imposizione e momento impositivo.

Rilevato che il periodo di retroattività si riduce ulteriormente, dal momento che gli atti e i provvedimenti che danno titolo alle somme sono in via pratica emessi in data successiva al 31 dicembre 1988 e rilevata, altresì, la modestia della imposizione fiscale operata, si osserva che il recupero alla tassazione delle plusvalenze realizzate nel breve periodo anteriore alla legge attenua quella disuguaglianza, tra il prima e il dopo, che si determina, alla fine dell'anno 1991, quando la condizione delle aree edificabili è divenuta particolarmente gravosa, a causa di una serie di disposizioni innovative oltre a quella di cui si discute.

Considerato in diritto

 

1.- I giudizi in epigrafe vanno riuniti per essere decisi con un' unica sentenza.

2.- La Corte è chiamata a giudicare della legittimità costituzionale dell'art. 11, nono comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, che estende le disposizioni sulla tassazione delle plusvalenze conseguite in occasione di procedimenti ablatori ovvero a seguito di cessioni volontarie di aree nel corso dei procedimenti stessi, alle "somme percepite in occasione di atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della legge" .

Ad avviso di entrambi i giudici remittenti, la norma confliggerebbe con l'art. 53 della Costituzione, in quanto assoggetterebbe ad imposizione tributaria situazioni già esaurite, risultando spezzato il rapporto tra capacità contributiva e imposizione.

Secondo la sola Commissione tributaria di primo grado di Ravenna sussisterebbe, inoltre, violazione dell'art. 3 della Costituzione, per l'irragionevole trattamento riservato agli indennizzi sugli espropri già percepiti e consumati in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge.

3.- Prima di passare all'esame del merito, la Corte ritiene opportuno premettere brevi cenni sul contesto normativo nell'ambito del quale la questione viene a collocarsi.

L'art. 11, primo comma, lettera f), della legge 31 dicembre 1991, n. 413, modificando l'art. 81, primo comma, lettera b) del d.P.R.22 dicembre 1986, n. 917 (contenente il testo unico delle imposte sui redditi) dispone la tassabilità - accanto alle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso dei beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, salvo talune eccezioni - delle "plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo onoreso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione".

Lo stesso art. 11 stabilisce, al quinto comma, che le disposizioni del predetto art. 81, primo comma, lettera b), ultima parte, si applicano anche alle plusvalenze conseguenti alla percezione, da parte di soggetti che non esercitano imprese commerciali, di indennità di esproprio o di somme a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi nonchè di somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni d'urgenza divenute illegittime, relativamente a terreni, destinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane all'interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, definite dagli strumenti urbanistici, ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n.167, e successive modificazioni.

Allo stesso regime d'imposizione, proprio dei "redditi diversi", sono ricondotte, per effetto del sesto comma del medesimo art.11, le indennità di occupazione e gli interessi comunque dovuti sulle somme sopra menzionate, mentre il successivo settimo comma definisce le modalità di tassazione dei redditi di cui trattasi.

Infine, la disposizione denunciata, vale a dire il nono comma del predetto art. 11, fa retroagire il nuovo regime impositivo, ricomprendendovi anche le somme percepite in conseguenza di atti anche volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della legge, se l'incremento di valore non è stato assoggettato all'INVIM.

4.- Passando al merito delle questioni, è da ricordare, a proposito del lamentato contrasto della norma con l'art. 53 della Costituzione, che questa Corte ha affermato ripetutamente che una legge tributaria retroattiva non comporta di per sè violazione del principio della capacità contributiva, occorrendo, invece, verificare, di volta in volta, se la legge stessa, nell'assumere a presupposto della prestazione un fatto o una situazione passati, abbia spezzato il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità stessa, violando così il precetto costituzionale sopra richiamato.

Alla stregua di detto principio, la questione sollevata con le ordinanze in epigrafe va dichiarata infondata.

Si deve, infatti, ritenere che le descritte innovazioni introdotte, sul piano legislativo, con l'art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, valgano a completare un quadro ordinatore generale già desumibile dall'art. 81 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.917, il quale sotto il capo VII dedicato ai "redditi diversi", aveva considerato come cespiti tassabili tra le plusvalenze - da intendere come incremento del valore di scambio di un bene fra il momento in cui esso entra nel patrimonio del soggetto e quello in cui ne esce- quelle realizzate a seguito di lottizzazione di terreni o di esecuzione di opere intese a renderli edificabili, con successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici, come pure quelle realizzate, salvo alcune eccezioni, mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni.

In questo quadro, l'assoggettamento ad imposizione fiscale anche delle plusvalenze derivanti dalla cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici, giusta la nuova ipotesi di cui all'art. 11, primo comma, lettera f) della legge n. 413 del 1991, come pure quella, sicuramente connessa, sotto il profilo concettuale, alla prima, delle plusvalenze derivanti da indennità di esproprio o da corrispettivi da cessione volontaria nel corso di procedimenti ablatori, ulteriormente addotta dal quinto comma dell'art. 11 della predetta legge, vale a determinare una più compiuta, più rigorosa, disciplina della materia, con la previsione di nuove fattispecie, sostanzialmente riconducibili alla medesima ratio di quelle già disciplinate.

In sostanza la norma impugnata configura in maniera più esauriente l'ambito della disciplina di cui trattasi, accogliendo, per quel che concerne più specificamente la questione qui in esame, un orientamento, emerso talora nei dibattiti in materia, secondo il quale i trasferimenti onerosi coattivi all'esito di procedimenti posti in essere dalla pubblica amministrazione potevano già in passato farsi rientrare nella disciplina delle plusvalenze connesse alla cessione di immobili.

É dato così rinvenire, nella vicenda normativa in esame, un elemento di prevedibilità dell'imposta che questa Corte, altre volte, ha reputato significativo sotto il profilo della permanenza della capacità contributiva e che, pertanto, è da considerarsi rilevante per giudicare della conformità all'art. 53 della Costituzione della retroattività conferita dall'art. 11, nono comma, della legge n. 413 del 1991, alla norma sulla tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione volontaria di terreni sottoposti ad espropriazione, specie se si tiene conto del breve lasso di tempo entro il quale tale retroattività è destinata ad operare.

D'altro canto, la Corte non ritiene che, in senso contrario a quanto testè osservato, possa valere l'argomento della mancanza di una facoltà di prova da parte del contribuente circa la sorte che, nel frattempo, possano aver subito le plusvalenze in termini di reimpiego o di consumo. Come si è già avuta occasione di precisare, il principio sancito nel primo comma dell'art. 53 della Costituzione ha carattere oggettivo, perchè si riferisce ad indici rivelatori di ricchezza e non già a stati soggettivi del contribuente (sentenza n. 143 del 1982). Ne consegue che, se la capacità contributiva è da intendere come attitudine ad eseguire la prestazione imposta, correlata non già alla concreta situazione del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l'obbligazione è collegata, non può non essere indifferente la sorte che possano aver subito medio tempore i ricavi conseguiti.

Difatti, la prova che eventualmente venisse fornita dal contribuente circa la non più presente disponibilità in concreto della somma realizzata, a causa dell'avvenuto consumo o del reimpiego, non servirebbe certo a dimostrare la mancanza di quella capacità contributiva che è legittimamente presunta in relazione al fatto in sè della percezione della somma.

Le stesse considerazioni sopra esposte, nel momento in cui escludono la menzionata lesione dell'art. 53 della Costituzione, portano a ritenere non fondata l'altra censura sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Ravenna, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevolezza del trattamento riservato alle plusvalenze percepite e consumate in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge, non risultando addotti, da questo punto di vista, profili argomentativi diversi od ulteriori rispetto a quelli sopra esaminati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, nono comma, della legge 30 dicembre 1991, n.413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonchè per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti;

delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, con ordinanza 1° aprile 1993 della Commissione tributaria di primo grado di Ravenna (R.O. n. 696 del 1993) e, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, con ordinanza 8 novembre 1993 della Commissione tributaria di primo grado di Salerno (R.O.n.146 del 1994).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1994.

Gabriele PESCATORE, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 15 Luglio 1994.