ORDINANZA N. 510
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 bis, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), come modificato dall'art. 15, comma 1, lett. a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356, promosso con ordinanza emessa il 9 febbraio 1995 dal Tribunale di sorveglianza per la Corte di Appello di Bari nel procedimento di sorveglianza nei confronti di Colaprico Claudio iscritta al n. 295 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'8 novembre 1995 il Giudice relatore Renato Granata.
RITENUTO che, in un procedimento per l'applicazione dell'affidamento in prova al servizio sociale promosso da un condannato per delitto previsto dall'art. 416-bis cod. pen., l'adito Tribunale di sorveglianza di Bari aveva sollevato, con ordinanza del 17 marzo 1994, questione di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), come sostituito dall'art. 15, comma 1, lettera a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui subordina l'ammissione del condannato a misura alternativa alla detenzione al presupposto della collaborazione con la giustizia a norma dell'art. 58-ter della medesima legge;
che il giudice a quo, data l'applicabilità di tale regime normativo anche ai condannati con sentenza definitiva anteriore alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, ne ravvisava il contrasto con l'art. 25, secondo comma, Cost., ritenendo che il principio di non retroattività della legge penale dovesse estendersi anche alle disposizioni di natura sostanziale relative alla modalità di esecuzione della pena ed in particolare alle misure alternative alla detenzione;
che questa Corte, con ordinanza n. 474 del 1994, ha ordinato la restituzione degli atti al predetto Tribunale di sorveglianza, per nuovo esame della rilevanza della questione, data la possibile incidenza sulla stessa della sopravvenuta sentenza n. 357 del 1994, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità del menzionato art. 4-bis nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali escludere in maniera certa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata; che, con la nuova ordinanza di rimessione in data 3 febbraio 1995, ora all'esame della Corte, il Tribunale di sorveglianza di Bari, riproponendo la medesima questione di legittimità costituzionale, di cui afferma la perdurante rilevanza, osserva che dalla motivazione della sentenza [di condanna], e dalla stessa entità della condanna inflitta, appare evidente la circostanza che la partecipazione del richiedente al fatto criminoso sia tutt'altro che marginale, sicchè nessuna incidenza può avere sulla fattispecie la sentenza n. 357 del 1994, per la quale si può prescindere da una collaborazione rilevante ai fini dell'ammissione alle misure alternative alla detenzione solo nei casi di limitata partecipazione al fatto criminoso accertata nella sentenza di condanna;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, in linea preliminare, una nuova restituzione degli atti al giudice a quo in relazione alla sentenza di questa Corte n. 68 del 1995 e concludendo, in subordine, per l'infondatezza della questione.
CONSIDERATO che, successivamente alla riproposizione della questione, questa Corte, con la sentenza n. 68 del 1995 (cui appunto ha fatto riferimento l'Avvocatura), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, tra l'altro, del medesimo art. 4-bis, comma 1, secondo periodo, della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, con ciò venendosi a superare il ristretto ambito della limitata partecipazione al fatto criminoso preso in considerazione dalla precedente sentenza n. 357 del 1994;
che in ordine alla ricorrenza o meno, nella specie, di tale dato fattuale concernente "l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità" che renderebbe concedibile il chiesto beneficio anche in difetto del requisito della collaborazione nulla è detto nè nella prima, nè nella seconda delle due riferite ordinanze del Tribunale di Bari;
che, pertanto, questa Corte deve necessariamente provvedere a una nuova restituzione degli atti al giudice a quo, per ulteriore esame della rilevanza della questione, questa volta basato sul novum rappresentato dalla sentenza n. 68 del 1995.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Bari.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/12/95.
Mauro FERRI, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 18/12/95.