Sentenza n. 437 del 1995

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SENTENZA N. 437

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 203, comma 3 e 206 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e degli artt. 53 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso con ordinanza emessa il 26 gennaio 1995 dal Pretore di Lecce nel procedimento civile vertente tra Brescia Francesco Giovanni e Ministero dell'interno - Prefettura di Lecce, iscritta al n. 111 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1995. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 luglio 1995 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto in fatto

1.- Il Pretore di Lecce, adito su ricorso in opposizione avverso una cartella esattoriale emessa per il pagamento di somme relative ad infrazioni al codice della strada, solleva, con ordinanza del 26 gennaio 1995, questione di legittimità costituzionale degli articoli 203, comma 3 e 206 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) nonchè degli articoli 53 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), in riferimento agli articoli 3, 24 e 113 della Costituzione.

Nell'ordinanza di rinvio il rimettente espone la vicenda processuale sottostante: a seguito di verbale della Polizia stradale per l'infrazione, era stata emessa cartella esattoriale in virtù della formazione del titolo esecutivo per mancato esperimento del ricorso amministrativo al Prefetto avverso la contestazione nonchè per mancata effettuazione del pagamento in misura ridotta. Avverso detta cartella l'interessato aveva proposto opposizione dinanzi al Pretore rimettente, deducendo la mancata notifica dell'ordinanza- ingiunzione concernente l'irrogazione di sanzioni amministrative, nonchè la prescrizione del diritto alla riscossione delle somme, per decorso del termine quinquennale tra il giorno della commessa violazione e il giorno della notifica della cartella esattoriale, chiedendo altresì, cautelarmente, la sospensione dell'esecutorietà del ruolo. All'udienza, il giudice riservava la decisione sulla richiesta preliminare di sospensione della riscossione.

Ciò esposto, il rimettente osserva in primo luogo che l'opposizione dell'interessato è sicuramente ammissibile, per le considerazioni espresse dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 311 e n. 255 del 1994.

Osserva, quindi, che tra la notifica del processo verbale relativo all'infrazione stradale e la notifica della cartella esattoriale sembrerebbe "prima facie, e salvo quanto potrebbe emergere in corso di causa" essere decorso il quinquennio di prescrizione ex art. 209 del nuovo codice stradale.

In questa situazione, la richiesta di sospensione dell'esecutorietà del ruolo esattoriale risulta, ad avviso del giudice a quo, sorretta dal fumus di fondatezza.

Ma è proprio la ritenuta impossibilità di accordare la sospensione dell'esecuzione coattiva del pagamento della sanzione a mezzo ruoli, ai sensi degli artt. 203 e 206 del codice stradale, a formare oggetto della censura di illegittimità costituzionale.

Rileva infatti il Pretore che, a differenza di quanto avviene nell'ipotesi di emanazione di ordinanza-ingiunzione di pagamento, in cui è possibile per il giudice sospendere l'esecuzione (art. 205, comma 3, del codice stradale in relazione all'art. 22, ultimo comma, della legge n. 689 del 1981), nell'ipotesi dedotta nel giudizio principale, in cui si forma il titolo esecutivo a norma dell'art. 203 del codice e si procede alla riscossione coattiva tramite ruolo dato in carico dall'intendente di finanza all'esattore (art. 206 dello stesso codice), trovano applicazione gli articoli 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973, i quali precludono all'autorità giudiziaria ordinaria di sospendere l'esecuzione, anche in materia di entrate di natura non tributaria.

Potrebbe - prosegue il rimettente - ritenersi che, una volta ammessa l'opposizione anche in caso di mancato esperimento del ricorso al Prefetto in base alle ricordate sentenze della Corte costituzionale, ne dovrebbe seguire anche l'applicabilità dell'ultimo comma dell'art. 22 della legge n. 689 del 1981, che, regolando il procedimento di opposizione, consente per l'appunto di sospendere l'esecuzione dell'atto opposto; ma una simile conclusione è ostacolata, ad avviso del Pretore, dal disposto dei ricordati articoli 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973, dei quali pertanto il giudice a quo chiede la verifica di costituzionalità, unitamente agli articoli del codice stradale collegati, in riferimento agli articoli 3, 24 e 113 della Costituzione: quanto agli ultimi due parametri, per compressione del diritto di agire in giudizio per far valere i propri diritti e del diritto di giovarsi della più ampia tutela giudiziale, ordinaria o amministrativa, dei propri diritti ed interessi di fronte a provvedimenti della pubblica amministrazione, senza limitazioni di sorta; quanto al parametro dell'eguaglianza, per ingiustificata disparità di trattamento di chi sia sottoposto ad esecuzione in base a semplice verbale di accertamento divenuto titolo esecutivo - come si verifica nella specie - rispetto a chi sia sottoposto ad esecuzione in base ad ordinanza-ingiunzione.

2.- È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

L'Avvocatura rileva che la questione sollevata muove da presupposti inesatti quanto all'ambito di operatività degli impugnati artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973; dette norme, infatti, non sono riferibili che ai tributi veri e propri, mentre nessun divieto di sospensione della riscossione sussisterebbe per le varie entrate non tributarie che vengono riscosse tramite ruolo. Del resto, il rigore della censurata preclusione relativamente ai tributi è "compensato" da altre previsioni, specifiche e proprie dello stesso settore tributario (sospensione dell'esecuzione da parte dell'intendente di finanza; effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale), per cui risulterebbe abnorme estendere il divieto di sospensione anche alle al tre entrate non tributarie e alle sanzioni amministrative, per le quali il divieto di sospensione in argomento diverrebbe assoluto. In definitiva, la generalizzazione del sistema dei ruoli come modo di riscossione delle entrate (ex d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43) non implica generalizzata applicazione delle specifiche norme degli artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973 a tutti i tipi di credito.

D'altro canto, l'Avvocatura erariale reputa che l'ordinanza di rinvio sia errata anche sotto altro profilo, e conduca perciò alle conseguenze censurate dal rimettente a causa di tale erroneo presupposto: se infatti è vero che l'art. 205 del codice stradale richiama, nel comma 3, l'art. 22 della legge n. 689 del 1981 relativamente all'opposizione all'ordinanza-ingiunzione del Prefetto, è anche vero che l'art. 206 impugnato fa espressamente salvo (nel comma 1) l'ultimo comma dell'art. 22 citato, che appunto contempla la sospensione della riscossione (recte: dell'esecuzione del provvedimento opposto) da parte del Pretore, indistintamente per tutte le somme dovute e non versate nei termini, siano esse dovute a seguito del solo verbale di accertamento non impugnato o siano dovute a seguito di accertamento e applicazione della sanzione con ordinanza-ingiunzione. Per un verso, dunque, la questione riferita alle norme del codice stradale non dovrebbe neppure essere posta; per altro verso, non viene in giuoco la legittimità degli articoli 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto dette norme vanno riferite alla sola riscossione dei tributi in senso proprio. Ne segue la conclusione per una declaratoria di inammissibilità o di non fondatezza della questione da parte dell'interveniente.

Considerato in diritto

1.- È stata sollevata questione di legittimità costituzionale degli articoli 203, comma 3, e 206 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (Nuovo codice della strada) e degli artt. 53 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito). Le disposizioni impugnate, secondo l'ordinanza di rinvio, non consentirebbero al giudice, in sede di opposizione avverso la cartella esattoriale emessa per la riscossione di somme a titolo di sanzione da infrazione stradale (contestata con verbale poi divenuto titolo esecutivo in ragione del mancato pagamento in misura ridotta e del mancato esperimento del ricorso amministrativo al Prefetto, cui consegue eventualmente l'adozione dell'ordinanza-ingiunzione), di disporre la sospensione dell'esecutorietà del ruolo. In tale impossibilità si ravvisa il contrasto: a) con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, per lesione del diritto di azione e della tutela piena delle posizioni soggettive contro gli atti amministrativi; b) con l'art. 3 della Costituzione, per disparità di trattamento nel raffronto con l'ipotesi in cui l'esecuzione tramite ruolo sia promossa sulla base dell'ordinanza-ingiunzione (eventualmente emessa a seguito del ricorso in via amministrativa avverso il verbale di accertamento), nel qual caso è accordata la possibilità di sospensione dell'esecuzione a norma dell'art. 22, ultimo comma, della legge n. 689 del 1981.

2.- La questione non è fondata nei sensi che verranno ora precisati.

Questa Corte, con la sentenza n. 255 del 1994, ha escluso la necessità del previo esperimento del ricorso amministrativo ai fini della tutela giurisdizionale avverso il verbale di accertamento di un'infrazione stradale che diviene titolo esecutivo per una somma maggiore a quella indicata nel verbale stesso "qualora nei termini previsti non sia stato proposto il ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta". Con tale interpretazione adeguatrice è stato superato il dubbio di costituzionalità dal quale in quella occasione era stato mosso il giudice rimettente nel sollevare la questione che investiva disposizioni (art. 142-bis del precedente codice della strada, introdotto con la legge 24 marzo 1989, n. 122), di contenuto analogo a quello recato dagli artt. 203, comma 3, e 206 del nuovo codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), oggetto della questione ora in esame. L'interpretazione adeguatrice circa la mera facoltatività del previo esperimento del ricorso amministrativo, rimesso alla scelta dell'interessato che può quindi rivolgersi al giudice indipendentemente da esso, è stata ribadita nella sentenza n. 311 del 1994 e, da ultimo, nell'ordinanza n. 315 del 1995 che, sullo specifico punto dei rimedi esperibili, ha precisato che spetta al giudice, dinanzi al quale è proposta l'azione, di verificare la conformità alle norme vigenti delle modalità e dei termini osservati da chi abbia invocato la tutela giurisdizionale senza il preventivo esperimento del rimedio amministrativo.

Va altresì ricordato che nella disciplina vigente relativa ai rimedi azionabili in materia di infrazioni al codice stradale, è espressamente previsto (art. 205 del nuovo codice della strada) che il giudizio di opposizione (a seconda dei casi dinanzi al pretore o al giudice di pace) è regolato dalle disposizioni di cui agli artt. 22 e 23 della legge 24 ottobre 1981, n. 689. L'art. 22, da ultimo citato, stabilisce, al settimo comma, che l'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che il pretore (ed ora, nei casi di sua competenza, il giudice di pace), concorrendo gravi motivi, disponga diversamente con ordinanza inoppugnabile.

Ebbene, una volta che - in base alle richiamate pronunce di questa Corte - i dubbi di costituzionalità prospettati in relazione alle ipotesi del mancato esperimento del ricorso amministrativo nei termini previsti sono stati superati, come si è detto, interpretando la disciplina nel senso che anche in tale ipotesi deve intendersi garantita la tutela giurisdizionale piena, nello stesso modo, cioè, di quella che si otterrebbe se fosse previamente proposto quel ricorso, deve ritenersi ammessa (in base al rinvio operato dal comma 3 dell'art. 205 del nuovo codice della strada, come modificato dall'art. 107 del decreto legislativo n. 360 del 1993, all'art. 22 della legge n. 689 del 1981) anche la possibilità di ottenere la sospensione della riscossione, pretesa con la cartella esattoriale emessa sulla base del titolo esecutivo formatosi ai sensi dell'art. 203, comma 3, di detto nuovo codice.

Con questa ulteriore interpretazione adeguatrice, che costituisce naturale corollario di quella già offerta nelle richiamate precedenti decisioni, vengono superati i dubbi di costituzionalità prospettati nell'ordinanza di rimessione, in riferimento a tutti i parametri costituzionali invocati (artt. 3, 24 e 103 della Costituzione), in quanto in base ad essa risulta indifferente, per ottenere la sospensione della riscossione in sede di azione giudiziaria, l'essersi o meno avvalsi previamente del rimedio amministrativo ai sensi degli artt. 203 e 204 del nuovo codice della strada.

3.- Per completezza di indagine devesi ricordare che l'art. 206 citato prevede che, se il pagamento delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria non è effettuato nei termini previsti, la loro riscossione avviene mediante notifica della cartella esattoriale e relativa procedura esecutiva. Difatti detto art. 206 stabilisce che la riscossione in parola è regolata dall'art. 27 della legge n. 689 del 1981, il quale, a sua volta, fa rinvio alle norme previste per la esazione delle imposte dirette, ossia al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il quale, prevedendo, ai fini della sospensione della riscossione, una particolare procedura amministrativa dinanzi all'intendente di finanza, fa ritenere esclusa la possibilità di ottenerla dal giudice ordinario.

Al riguardo devesi ancora ricordare che questa Corte con la sentenza n. 318 del 1995 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge n. 3233 del 1928 - concernente la disciplina della riscossione delle entrate a favore dell'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese - nella parte in cui, richiamando le norme in vigore per la riscossione delle imposte dirette (cioè il d.P.R. n. 602 del 1973 cit.), impediva all'autorità giudiziaria ordinaria di sospendere l'esecuzione dei ruoli esattoriali relativi ad entrate di natura non tributaria.

Orbene, si deve osservare che, in detta recente sentenza, risulta affermato il principio, di estrema importanza nella questione in esame, secondo cui, quando si verte in tema di riscossione di somme diverse da quelle di natura tributaria (rispetto alle quali è espressamente previsto che la sospensione della cartella esattoriale possa essere disposta, come si è già ricordato, con un rimedio esperibile dinanzi all'intendente di finanza) la tutela giudiziaria, per essere conforme ai precetti costituzionali, non può escludere la possibilità di ottenere la sospensione della riscossione. Ma mentre, per ottenere tale risultato, nella questione definita con la sentenza in parola si è dovuti intervenire con la dichiarazione di incostituzionalità della normativa allora denunziata, in quanto essa, operando un mero rinvio alla disciplina per la riscossione delle entrate tributarie, escludeva la possibilità di ottenere la tutela cautelare dinanzi al giudice ordinario, nella questione ora in esame, invece, allo stesso risultato si può pervenire sulla base della indicata interpretazione adeguatrice, perchè, come si è visto, il rinvio al sistema previsto per detta riscossione è operato in via indiretta attraverso il rinvio all'art. 22 (e 23) della legge n. 689 del 1981 che, a sua volta, prevede la possibilità della sospensione da parte del giudice ordinario. Una possibilità questa che, si ripete, non può ritenersi ammessa solo se si sia azionato preventivamente il ricorso amministrativo, una volta che in base alle già richiamate pronunzie di questa Corte è stato escluso che il suo mancato esercizio condizioni o limiti la tutela giurisdizionale, che deve essere assicurata nella sua pienezza, e quindi anche in sede cautelare, indipendentemente dall'esperimento di quel rimedio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 203, comma 3, e 206 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e degli artt. 53 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dal Pretore di Lecce, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 settembre 1995.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 settembre 1995.