ORDINANZA N. 315
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 141 d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), come novellato dall'art. 22 della legge 24 marzo 1989, n. 122, del combinato disposto degli artt. 142 e 142 bis dello stesso d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, come novellati dagli artt. 23 e 24 della legge 24 marzo 1989, n. 122, degli artt. 142, ultimo comma, e 142 bis del menzionato d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, come novellati dagli artt. 23 e 24 della legge n. 122 del 1989 e dell'art. 203 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con le ordinanze emesse il 24 maggio 1994 dal pretore di Torino, il 17 giugno 1994 dal pretore di Rimini (n. 5 ordinanze), il 3 maggio 1994 dal pretore di Pordenone (n. 4 ordinanze), iscritte ai nn. 436, 557, 608, 609, 610, 611, 723, 724, 725 e 726 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 30, 40, 42 e 50, prima serie speciale, dell'anno 1994. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 febbraio il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
RITENUTO che, nel corso di un giudizio instaurato per l'opposizione a due cartelle esattoriali emesse per il pagamento di pene pecuniarie irrogate a seguito di violazioni del codice della strada, accertate dal giugno del 1989 al settembre del 1992, il pretore di Torino, con ordinanza emessa il 24 maggio 1994 (reg.ord. n. 436 del 1994) ha sollevato questioni di legittimità costituzionale: (questione a) dell'art. 141 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), come novellato dall'art. 22 della legge 24 marzo 1989 n. 122, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, "nella parte in cui prevede il termine di giorni 150 per la notificazione delle contestazioni di violazioni al codice della strada, anzichè di 90 giorni, come avviene per le altre sanzioni amministrative", così determinando un'irragionevole disparità di trattamento dei trasgressori, senza nemmeno assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione; (questione b) del combinato disposto degli artt. 142 e 142 bis dello stesso codice della strada del 1959, come novellati dagli artt. 23 e 24 della legge n. 122 del 1989 cit., in riferimento agli artt. 3, 97, 24 e 113 della Costituzione, perchè solo coloro che abbiano presentato ricorso al prefetto contro il verbale di accertamento dell'infrazione potrebbero poi proporre opposizione all'ordinanza-ingiunzione in sede giurisdizionale, mentre coloro che abbiano omesso di proporre il ricorso amministrativo si vedrebbero sottoposti all'esecuzione esattoriale a causa della qualità di titolo esecutivo che in tal caso assume il sommario processo verbale; ciò non senza considerare che il sistema sanzionatorio per le infrazioni al codice della strada, diversamente da quanto previsto per le altre sanzioni amministrative, non consentirebbe al prefetto, in mancanza di apposito ricorso, di controllare la regolarità delle contestazioni degli organi accertatori e delle relative notificazioni; (questione c) sempre del combinato disposto di cui agli artt. 142 e 142 bis citati, in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione, "nella parte in cui non prevede, quando all'interessato sia stata notificata la cartella esattoriale non preceduta da ordinanza-ingiunzione per la mancata presentazione del ricorso al prefetto avverso la contestazione, che l'interessato possa proporre il giudizio di opposizione ex art. 22 della legge n. 689 del 1981... e nella parte in cui non prevede il potere del pretore di sospendere l'esecuzione ex art. 22, ultimo comma, della legge n. 689 del 1981"; che è intervenuto in questo giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle prime due questioni e per l'inammissibilità della terza; che, con cinque ordinanze di identico tenore, emesse il 17 giugno 1994 nel corso di altrettanti giudizi promossi avverso cartelle esattoriali concernenti il pagamento di somme dovute a titolo di sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada del 1959, il pretore di Rimini (reg. ord. nn. 557, 608, 609, 610 e 611 del 1994) ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale (questione d) degli artt. 142, ultimo comma, e 142 bis del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 392 (recte: 393), nel testo novellato dagli artt. 23 e 24 della legge 24 marzo 1989, n. 122, vigente all'epoca della commissione dell'illecito, sul cui presupposto risulta emessa la cartella esattoriale opposta; che nelle ordinanze si sostiene che il sistema di cui al [precedente] codice della strada, come integrato dalla legge n. 122 del 1989 - prevedendo che, in caso di mancato pagamento in misura ridotta o di omesso ricorso al prefetto, acquisti la qualità di titolo esecutivo il verbale di accertamento e non più invece il provvedimento del prefetto secondo la previsione dell'art. 18 della legge n. 689 del 1981 - priverebbe "il trasgressore della facoltà di proporre opposizione al pretore ex art. 22 della l. n. 689 del 1981" e non contemplerebbe il rimedio della opposizione all'esecuzione [delle cartelle esattoriali in cui si concreta il debito delle sanzioni] secondo l'art. 615 c.p.c., che consente al debitore di contestare in via generale l'an e il quantum del debito; ciò in quanto l'art. 54 del d.P.R. n. 602 del 1973 espressamente esclude quel rimedio nella fase della riscossione nè le controversie avverso il ruolo esattoriale possono proporsi, in casi del genere, dinanzi al giudice tributario a causa della tassatività delle materie indicate nell'art. 1 del d.P.R. n. 636 del 1972, tuttora vigente; che pertanto il sistema, in palese contrasto con l'art. 24 della Costituzione, non prevederebbe nessuna forma di tutela giurisdizionale avverso la pretesa di pagamento della sanzione amministrativa conseguente a violazione del codice della strada, una volta divenuto titolo esecutivo il sommario processo verbale e notificata la cartella di paga mento sul presupposto della formazione del ruolo dato in carico all'esattore; che, inoltre, si avrebbe un'ingiustificata disparità di trattamento dei trasgressori che non si siano avvalsi del ricorso al prefetto sia nei confronti di coloro che invece l'abbiano presentato, sia nei confronti dei responsabili di qualsiasi altra violazione amministrativa; che in due di questi giudizi (reg. ord. nn. 597 e 608 del 1994) vi è stato l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per l'infondatezza di tutte le questioni, in quanto analoghe a quella decisa con la sentenza di questa Corte n. 311 del 1994; che, con quattro ordinanze identiche, emesse il 3 maggio 1994 nel corso di altrettanti giudizi di opposizione a cartelle esattoriali per la riscossione di somme dovute a titolo di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada del 1959, il pretore di Pordenone (reg. ord. nn. 723, 724, 725 e 726 del 1994) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 (recte: 113) della Costituzione, questione di legittimità costituzionale (questione e) degli artt. 142 bis del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (come novellato dall'art. 24 della legge n. 122 del 1989) e 203 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice del la strada) "... nella parte in cui ciascuna di tali disposizioni non prevede la possibilità di proporre avanti al pretore (giudice deputato alla valutazione della fondatezza dell'illecito amministrativo in caso di emissione di ordinanza- ingiunzione) opposizione avverso il ruolo esattoriale, emesso ai sensi dei predetti articoli sulla base del sommario verbale di accertamento divenuto titolo esecutivo per mancata proposizione di ricorso al prefetto"; che nelle ordinanze si osserva che la legge n. 122 del 1989 ha modificato il procedimento sanzionatorio per le violazioni del codice della strada, in precedenza disciplinato dalla legge n. 689 del 1981, comune a tutte le sanzioni amministrative, e che la modifica ha comportato che il ricorso al prefetto, avverso il sommario processo verbale di contestazione dell'infrazione, costituisca ora la necessaria "condizione di procedibilità della tutela giurisdizionale", che resta pertanto assicurata solo nei confronti dell'ordinanza- ingiunzione che il prefetto emana all'esito del ricorso amministrativo, non essendo invece previsto dal sistema di poter fare opposizione nè al verbale di accertamento una volta divenuto titolo esecutivo, nè al ruolo predisposto dall'autorità accertatrice nè alla cartella esattoriale; che, potendo il trasgressore soltanto "esperi re i rimedi previsti per la fase esecutiva (ricorso all'intendente di finanza contro gli atti esecutivi dell'esattore, anche ai fini della sospensione, con la conseguente possibilità di ricorrere al giudice amministrativo, nonchè azione giudiziaria di responsabilità contro l'esattore)", in tal modo si sarebbe in presenza di una tutela giurisdizionale "resa eccessivamente difficoltosa", con disparità di trattamento riguardo agli altri illeciti amministrativi non attinenti a violazioni del codice della strada.
CONSIDERATO che le ordinanze di rimessione sollevano, pur sotto profili in parte diversi, questioni simili, tutte attinenti ad alcune norme del codice della strada anteriore rispetto a quello attualmente vigente, tranne una sola che riguarda una corrispondente norma di quest'ultimo; onde i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia; che in particolare la questione sub a), concernente l'art. 141 del codice della strada del 1959, come novellato dall'art. 22 della legge n. 122 del 1989, e in modo specifico la denunciata eccessiva lunghezza del termine di 150 giorni per la notifica del verbale di accertamento delle infrazioni in tema di circolazione stradale, è manifestamente infondata, perchè, essendo già stata esaminata negli stessi termini ora prospettati, è stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 255 del 1994 di questa Corte; che, quanto alla questione sub b), che censura il combinato disposto degli artt. 142 e 142 bis del codice della strada del 1959, come novellati dagli artt. 23 e 24 della legge n. 122 del 1989, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, il primo dei profili con essa prospettati muove dall'errato presupposto secondo cui il mancato preventivo esperimento del ricorso al prefetto precluderebbe l'azione giudiziaria, il che è stato già escluso da questa Corte (sent. n. 255 del 1994), onde la sua manifesta infondatezza; che la medesima questione sub b) è manifestamente infondata anche sotto il profilo secondo cui soltanto il ricorso al prefetto provocherebbe "il dovere in capo a quell'Autorità ... di esaminare ... l'iter sanzionatorio e ... la regolarità delle contestazioni degli organi accertatori ..., laddove tutte le altre violazioni amministrative ... provocano sempre il potere- dovere in capo all'Autorità competente [nel caso, il prefetto] di esaminare la regolarità della sanzione e procedere in sede di autotutela dell'annullamento o archiviazione del verbale ..."; difatti, come già affermato da questa Corte (sent. n. 311 del 1994), per le violazioni del codice della strada "il riesame della contestazione da parte dell'autorità prefettizia non è stato eliminato, ma, anzichè avvenire d'ufficio, come era in precedenza in base alla legge n. 689 del 1981, consegue al ricorso dell'interessato avverso il verbale di accertamento", consentendogli in questa sede di far valere comunque le sue ragioni e di ottenere quindi l'invocato riesame in sede amministrativa, per cui è privo di riflessi sul piano della costituzionalità che in alcuni casi la legge subordini questo riesame all'istanza dell'interessato, dato che la Costituzione assicura soltanto la tutela giurisdizionale, peraltro anch'essa esperibile in via d'azione; che quanto alle questioni sub c, d, e, (quest'ultima, relativamente al solo art. 142 bis del codice della strada del 1959, come novellato dall'art. 24 della legge n. 122 del 1989), prospettate sostanzialmente sotto il profilo della carenza di un rimedio giurisdizionale avverso le cartelle esattoriali, va considerato che - mancando una specifica disciplina circa i termini e le modalità da osservarsi per l'esperimento dell'azione giudiziaria, nel caso in cui dopo la notifica del verbale di contestazione l'interessato non si sia avvalso del rimedio del ricorso amministrativo - una volta escluso dalla già menzionata giurisprudenza di questa Corte (sentt. nn. 311 e 255 del 1994 cit.) che in questo caso sia impedita la tutela giurisdizionale, spetta al giudice dinanzi al quale l'azione è proposta di verificare, alla stregua del diritto vigente, il quomodo ed il quando della sua esperibilità affinchè la tutela risulti assicurata nella sua pienezza, con la conseguenza che, formulando le ordinanze di rinvio quesiti d'ordine interpretativo, le relative questioni sono manifestamente inammissibili; che quanto alla medesima questione sub e), con riguardo all'art. 203 del nuovo codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992) - impugnato insieme alla norma, solo parzialmente corrispondente, dell'art. 142 bis del precedente codice della strada per ragioni meramente cautelative, nella incertezza, sottesa alla prospettazione del giudice a quo, circa la disposizione in concreto applicabile nella successione tra il regime normativo precedente e quello del nuovo codice - essa è, nella specie, manifestamente inammissibile perchè della norma, ratione temporis, il giudice non deve fare applicazione nei giudizi a quibus (V. artt. 237, comma 2, e 238, comma 1, del decreto legislativo n. 285 del 1992). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità:
a) delle questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 142 e 142 bis del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), come novellati dagli artt. 23 e 24 della legge 24 marzo 1989, n. 122, sollevate, in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione, dal pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. 436 del 1994);
b) delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 142, ultimo comma, e 142 bis del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, come novellati dagli artt. 23 e 24 della legge 24 marzo 1989, n. 122, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal pretore di Rimini con le ordinanze indicate in epigrafe (reg. ord. nn. 557, 608, 609, 610 e 611 del 1994);
c) delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 142 bis del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, come novellato dall'art. 24 della legge 24 marzo 1989, n. 122, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dal pretore di Pordenone con le ordinanze indicate in epigrafe (reg. ord. nn. 723, 724, 725 e 726 del 1994);
d) delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 203 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dal pretore di Pordenone con le ordinanze indicate in epigrafe (reg. ord. nn. 723, 724, 725 e 726 del 1994); dichiara la manifesta infondatezza:
e) delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 141 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, come novellato dell'art. 22 della legge 24 marzo 1989, n. 122, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 436 del 1994);
f) delle questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 142 e 142 bis del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, come novellati dagli artt. 23 e 24 della legge 24 marzo 1989, n. 122, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, dal pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 436 del 1994).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Vincenzo CAIANIELLO, Redattore
Depositata in cancelleria il 12 luglio 1995.