SENTENZA N. 382
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti) promosso con ordinanza emessa il 26 gennaio 1995 dal Pretore di Padova nel procedimento penale a carico di Posa Gioanni ed altra, iscritta al n. 182 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 giugno 1995 il Giudice relatore Renato Granata.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 26 gennaio 1995, emessa in un procedimento penale nel quale l'imputata aveva chiesto di essere ammessa al patrocinio pubblico ex lege 30 luglio 1990, n.217, il Pretore di Padova - premesso che "secondo tale attuale normativa la domanda avrebbe dovuto essere accolta" perchè l'istante non risiedeva anagraficamente con i genitori, dai quali pur aveva ammesso di essere aiutata economicamente - ha reputato di conseguenza rilevante, e non manifestamente infondata in riferimento agli artt. 2, 3, 24, terzo comma, della Costituzione, onde ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, della citata legge n. 217 del 1990 "nella parte in cui limita ai familiari conviventi e non ai familiari che mantengono un collegamento economico, pur nella diversità di residenza anagrafica, la determinazione del reddito rilevante per l'ammissione al patrocinio pubblico".
Nel giudizio innanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la non fondatezza di siffatta questione.
Considerato in diritto
1. - La Corte è chiamata a decidere se contrasti con gli artt, 2, 3 e 24, terzo comma, della Costituzione la disposizione dell'art. 3, comma 2, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), "nella parte in cui limita ai familiari conviventi e non ai familiari che mantengono un collegamento economico, pur nella diversità di residenza anagrafica, la determinazione del reddito rilevante per l'ammissione al patrocinio pubblico".
Secondo il Pretore a quo, irragionevolmente - oltrechè con ingiustificata disparità di trattamento di situazioni omogenee e contro esigenze di effettiva solidarietà sociale e garanzia della difesa ai non abbienti - la norma denunciata condurrebbe ad ammettere al beneficio soggetti che, come accertato nella specie per la richiedente, continuano a godere del sostegno economico della fami glia di origine, solo perchè essi hanno deciso di vivere da soli, facendo venire così meno, con la situazione di convivenza, anche la valutabilità dei redditi facenti capo ai componenti di tale famiglia.
2. - La questione è infondata.
Nel richiedere la formale convivenza per il computo cumulativo dei redditi conseguiti da ogni componente della famiglia ai fini della verifica del requisito della non abbienza che dà diritto al patrocinio pubblico, la disposizione impugnata appresta, invero, un criterio (per l'accertamento della condizione reddituale nella specie rilevante) che, per il suo carattere obiettivo e l'agevole riscontrabilità, è certamente funzionale alle esigenze di effettiva solidarietà e garanzia della difesa nei confronti del non abbiente, di cui agli artt, 2 e 24, terzo comma, Costituzione, che a torto quindi si ipotizzano violati.
Neppure sussiste la denunciata disparità di trattamento, attesa la disomogeneità delle situazioni comparate in rapporto al discrimine della "convivenza" che, ove sussistente, comporta infatti una peculiare organizzazione economica della famiglia, che invece in fatto manca quando si abbia soltanto un mero, sia pur apprezzabile, collegamento economico (concretantesi in aiuti, sovvenzioni, contributi) tra non conviventi.
Per altro, il rapporto economico che in tali forme intercorra tra l'interessato ed altre persone non conviventi non è privo di rilevanza ai fini della ammissione al beneficio in esame, dovendosi nella nozione di reddito, ai detti effetti, ritenere comprese - come già precisato con sentenza n. 144 del 1992 - le risorse di qualsiasi natura di cui il richiedente disponga e quindi, appunto, anche gli aiuti economici (significativi e non saltuari) in qualsiasi forma a lui prestati da familiari o terzi. Per cui, in definitiva, mentre - ragionevolmente - ai fini indicati, il computo di redditi propri di soggetti diversi dall'istante è legato al criterio oggettivo della convivenza, non è comunque esclusa la computabilità, come redditi direttamente imputabili all'interessato richiedente, di contributi (economicamente apprezzabili) a lui provenienti da non conviventi, ove in concreto accertati "con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici previste all'art. 2739 cod.civ., quali il tenore di vita ed altri fatti di emersione della percezione di redditi" (sent. n. 144 del 1992 cit.).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti) sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, dal Pretore di Padova, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 25 luglio 1995.