Ordinanza n. 367 del 1995

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ORDINANZA N. 367

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI Giudice

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 47 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario), promosso con ordinanza emessa il 23 febbraio 1995 dal Tribunale di Prato nel procedimento di esecuzione nei confronti di Martini Massimo iscritta al n. 198 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1995 il Giudice relatore Renato Granata;

RITENUTO che, nel corso di un incidente di esecuzione avverso il decreto del P.M. che aveva respinto una richiesta di scarcerazione avanzata, da un tossicodipendente detenuto in espiazione di pena, ai sensi dell'art. 47 bis della legge del 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario), il Tribunale di Prato adito - premesso che il riferito provvedimento risultava effettivamente in contrasto con il citato art. 47 bis che attribuisce al P.M. (od al Pretore) solo una verifica formale delle condizioni di ammissibilità dell'affidamento, cui deve conseguire l'immediata scarcerazione del richiedente, e non anche una valutazione di merito sulla fondatezza della domanda riservata al successivo esame del Tribunale di sorveglianza quale giudice della rieducazione - ha conseguentemente sollevato, con ordinanza del 23 febbraio 1995, questione di legittimità del predetto art. 47 bis in riferimento all'art. 27 della Costituzione;

che, ad avviso del giudice a quo, la disciplina dell'affidamento in prova di soggetti tossico-alcooldipendenti già sottoposti ad espiazione di pena - come articolata dalla norma denunciata attraverso la riferita duplicità di fasi ed il previsto "automatismo della scarcerazione" in dipendenza del mero riscontro di ammissibilità dell'istanza - risulterebbe potenzialmente lesiva degli effetti afflittivi e rieducativi della pena, comportando una "sospensione necessaria (non condizionata da alcuna valutazione di merito nè da parte del P.M. nè da parte del Tribunale di sorveglianza) della esecuzione della pena, non sostituita immediatamente da alcuna misura alternativa". Dal che appunto la prospettata violazione dell'art. 27 della Costituzione;

che, nel giudizio innanzi alla Corte, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura di Stato, che ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità della impugnativa per incompetenza del giudice a quo ad emettere il provvedimento di scarcerazione in oggetto.

CONSIDERATO che deve respingersi la riferita eccezione dell'Avvocatura;

che, infatti, la proponibilità dell'incidente di esecuzione avverso il provvedimento del P.M. adottato ai sensi del citato art. 47 bis - ancorchè non espressamente prevista dalla legge - è ritenuta coerente al sistema dalla dottrina che si è occupata dell'argomento ed è stata anche ammessa dalla Cassazione in taluni recenti pronunzie, per cui le riserve che si vogliano tuttora avanzare sulla esattezza di tale soluzione certamente non evidenziano quel "macroscopico difetto di competenza" del giudice a quo che solo potrebbe rilevare, in questa sede, ai fini della verifica di ammissibilità (cfr. sentenza n. 263 del 1994; ordinanze n. 349 del 1993; n. 120 del 1993); che, nel merito, la questione è manifestamente infondata;

che, infatti - nel quadro della peculiare forma di affidamento in esame, conformata alla singolarità della situazione dei suoi destinatari, nei confronti dei quali si giustifica una risposta correlativamente differenziata dell'ordinamento penale - l'automatismo della scarcerazione, che si censura, risponde invece a ragionevoli finalità di incentivazione della scelta terapeutica che il legislatore (anche scontando in partenza il rischio di atteggiamenti strumentali del richiedente) espressamente ha inteso privilegiare rispetto ad ogni altro trattamento risocializzante, in prospettiva del superamento dello stato di tossicodipendenza;

che è, peraltro, comunque arbitrario il collegamento presupposto dal Tribunale rimettente tra finalità rieducative della sanzione e necessità di una sua continuativa applicazione;

che, pertanto, la temporanea interruzione della pena (in attesa, come nella specie, della sua sostituzione con la misura alternativa o di una sua riconferma) non potrebbe, in ogni caso, di per sè violare - come a torto quindi si ipotizza - l'art. 27 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 47 bis della legge del 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario) sollevata in riferimento all'art. 27 della Costituzione, dal Tribunale di Prato, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/07/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 24/07/95.