Sentenza n. 305 del 1995

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SENTENZA N. 305

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, secondo comma (recte terzo comma), e 103, secondo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato), e 103, settimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchè sperimentazione organizzativa e didattica), promosso con ordinanza emessa il 28 aprile 1994 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Ciolfi Gaetano contro il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, iscritta al n. 121 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1995. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto in fatto

1. - Un direttore di sezione ordinario appartenente ai ruoli degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria aveva proposto ricorso avverso il diniego, oppostogli dall'Amministrazione, al riconoscimento del servizio prestato in qualità di docente di ruolo e non di ruolo nella scuola media ai fini del trattamento economico. L'adito T.A.R. del Lazio, premesso che in virtù del rinvio di cui all'art. 1, terzo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato), è nella specie applicabile l'art. 103 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (attuativo della delega per il riordinamento della docenza universitaria di cui alla legge 21 febbraio 1980, n. 28), il quale consente la valutazione, per un terzo, ai fini della ricostruzione di carriera, dei servizi prestati nella scuola secondaria, ha rilevato che il ricorso avrebbe dovuto essere accolto. Tuttavia il remittente con ordinanza emessa il 28 aprile 1994, ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, secondo comma (recte: terzo comma), e 103, secondo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, e 103, settimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, nella parte in cui consentono la valutazione dei servizi prestati nella scuola secondaria ai fini della carriera dei direttori di sezione ordinari del ruolo direttivo scientifico degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria. Osserva il giudice a quo che l'art. 12 della legge di delegazione n. 28 del 1980 prevede l'emanazione di norme atte "a consentire, ai sensi delle leggi vigenti, il riconoscimento, ai fini del pensionamento e del trattamento di quiescenza e previdenza, in analogia con le norme generali sul pubblico impiego, eventualmente anche della carriera, dei periodi di servizio effettivamente prestato nelle università da coloro che sono inquadrati sulla base delle disposizioni" della legge stessa. Poichè quindi il legislatore delegante ha inteso circoscrivere il riconoscimento ai soli servizi resi nelle università, e poichè nella citata legge n. 28 del 1980 non vi sarebbero disposizioni che autorizzano l'ampliamento del beneficio oltre tale àmbito, vi sarebbe il dubbio di eccesso di delega nella previsione dell'art. 103, settimo comma. Nè sarebbe possibile una interpretazione di ordine sistematico atta a superare il dato testuale della norma, per l'inesistenza di norme generali che consentano di valutare, ai fini della carriera dei pubblici dipendenti, le anzianità maturate in altre carriere o in posizione di fuori ruolo. Il riconoscimento dei servizi prestati postula infatti sempre, oltre che una specifica previsione, un qualche collegamento tra la posizione precedente e la nuova, nel senso dell'analogia delle funzioni, ovvero del fatto che lo svolgimento dei servizi riconosciuti ha consentito o ha concorso a consentire l'accesso alla nuova qualifica. Ma nessun collegamento di tal genere sussisterebbe tra l'attività di docente di scuola secondaria e la posizione del docente universitario o del personale direttivo scientifico degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria. In tal senso sarebbe ravvisabile anche una violazione del principio di ragionevolezza.

2. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha chiesto dichiararsi l'illegittimità costituzionale dell'art. 103, settimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, condividendo le argomentazioni del T.A.R. remittente. L'Autorità intervenuta ha però concluso nel senso della non fondatezza della questione relativa all'art. 1, terzo comma, della legge n. 312 del 1980 che opera il rinvio al trattamento economico dei docenti universitari, in quanto la declaratoria d'illegittimità di tale norma avrebbe come conseguenza la "recisione" del legame che consente l'attribuzione del trattamento economico dei docenti universitari ai direttori di sezione in argomento.

Considerato in diritto

1. - Il T.A.R del Lazio sospetta di illegittimità costituzionale il combinato disposto dell'art. 1, secondo comma (recte: terzo comma), della legge 11 luglio 1980, n. 312 - che rende applicabile il trattamento economico dei professori universitari a diverse figure di docenti, tra i quali i direttori di sezione degli istituti di ricerca e sperimentazione agraria - e dell'art. 103, primo e settimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (il riferimento all'art. 103, secondo comma della citata legge n. 312 del 1980, contenuto nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione, deve intendersi dovuto ad un mero errore materiale, come si evince dalla parte motiva). Il citato primo comma dell'art. 103 prevede che, ai fini della carriera, ai professori ordinari venga riconosciuto per un terzo il servizio prestato in una delle figure di cui all'art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (dove si elencano una serie di profili professionali dell'attività di docente svolta a vario titolo nell'università). Il pure citato settimo comma, sempre ai fini della ricostruzione di carriera, assimila poi al servizio prestato in una delle dette figure anche i servizi prestati nella scuola secondaria. Ma la legge delega 21 febbraio 1980, n. 28, di cui il d.P.R. n. 382 del 1980 costituisce attuazione, si limitava a consentire, ai fini della carriera, soltanto il riconoscimento dei periodi di servizio effettivamente prestato nelle università (art. 12, lettera i). Di qui il dubbio di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 76 della Costituzione, concretando la censurata previsione, secondo il giudice a quo, un eccesso di delega ed una lesione del principio di ragionevolezza.

2. - La questione è fondata. Con la legge delega n. 28 del 1980 ed il successivo d.P.R. n. 382 del 1980 è stata attuata un'integrale trasformazione del precedente assetto dei ruoli dei docenti universitari, comportante innovazioni radicali, che concernono in particolare l'articolazione dei ruoli stessi in due fasce e l'ampliamento della loro consistenza numerica nonchè la ridefinizione dei compiti dei docenti e l'istituzione del duplice regime d'impegno nel tempo pieno e nel tempo definito (cfr. sentenza n. 1019 del 1988). La legge di delegazione, con riguardo all'inquadramento nella fascia dei ricercatori confermati, in fase di prima applicazione, individua una serie di figure caratterizzate tutte dallo svolgimento, a vario titolo, di attività didattica, di ricerca o di studio, svolta all'interno dell'università: tale è appunto l'elencazione degli aventi diritto alla conferma, previo giudizio di idoneità, contenuta nell'art. 7, ottavo comma, della legge n. 28 del 1980. Coerentemente con una ratio di valorizzazione dell'opera prestata nell'àmbito accademico, che deriva a sua volta da un disegno complessivamente finalizzato ad esaltare l'autonomia e la specificità di tale sfera, l'art. 12 della legge citata demanda al legislatore delegato l'emanazione di norme volte a consentire il riconoscimento dei periodi di servizio effettivamente prestato nelle università "ai sensi delle leggi vigenti", ai fini del pensionamento e del trattamento di quiescenza e di previdenza, nonchè "in analogia con le norme generali sul pubblico impiego, eventualmente anche (ai fini) della carriera".

3. - Nell'attuare la delega, l'art. 103, sesto comma, correttamente rinvia, quanto ai trattamenti pensionistici e previdenziali, alla normativa di cui ai dd.P.R. 29 dicembre 1973, numeri 1092 e 1032, cioè a quelle "leggi vigenti" espressive del principio che impone di computare ai fini pensionistici, nonchè nella base di calcolo della indennità di buonuscita, il servizio comunque reso allo Stato. Su tale punto l'intervento legislativo non poteva non ritenersi vincolato da un preciso quadro normativo contenente regole di generale applicazione.

4. - Non così, invece, per il riconoscimento del servizio ai fini della carriera, riguardo al quale la delega introduce due determinanti distinzioni, precisando che il riconoscimento è eventuale ed effettuato in analogia con le norme generali sul pubblico impiego. Ebbene, su tale ultimo punto deve escludersi l'esistenza di un comune canone enucleabile dalla legislazione in materia di pubblico impiego, al quale si possa attribuire la valenza di norma generale sul riconoscimento, ai fini della carriera, dei servizi prestati, tanto più ove si ponga mente al frazionato panorama normativo che si offriva al legislatore delegato. Anzi, i pochi segmenti di legislazione qualificabili come regola - al di là delle contingenti discipline dettate per specifici settori - sembrano limitare il riconoscimento ai casi di passaggi di carriera tra diverse amministrazioni, in presenza però di un'identità ordinamentale che consenta di ravvisare una corrispondenza di qualifiche, ovvero addirittura all'ipotesi di omogeneità di carriera per il servizio prestato anteriormente alla nomina (cfr. ad es., rispettivamente, gli artt. 200 e seg. del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e 26 della legge 28 ottobre 1970, n. 775). Ed anche a voler spostare l'indagine circa la sopravvenienza nel sistema di tale generale principio nel periodo successivo all'emanazione del d.P.R. n. 382 del 1980, deve parimenti giungersi a conclusioni negative in ragione del progressivo abbandono di una prospettiva di legificazione dei trattamenti e di reductio ad unum del criterio di valutazione dei servizi, a favore dell'opposto principio della contrattualizzazione espresso dalla legge delega 23 ottobre 1992, n. 421. In proposito va anzi osservato che l'art. 1, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ha ulteriormente distinto il rapporto d'impiego dei professori e ricercatori universitari, collegandolo espressamente a quell'autonomia dell'università che l'art. 33 della Costituzione garantisce e che questa Corte ha più volte posto in luce (cfr. sentenza n. 281 del 1992). Autonomia che, in subiecta materia, risulta evidente dall'intento del legislatore di avviare un regime nuovo e diverso rispetto al previgente, mirato a privilegiare esclusivamente l'attività svolta all'interno dei comparti della ricerca e della didattica. La previsione di cui al citato art. 12, con il riferimento a tale attività, si distacca infatti nettamente e volutamente dalla possibilità offerta in passato dagli artt. 17 e 18 della legge 18 marzo 1958, n. 311, che consentivano tra l'altro, a domanda, il computo dei servizi prestati nelle carriere di altri ruoli in qualifiche a partire dal grado sesto del gruppo A. Soltanto in via transitoria l'art. 36 del più volte citato d.P.R. n. 382 del 1980 riconosce, al comma settimo, la possibilità di fruire dell'inquadramento in base alle disposizioni vigenti al momento di entrata in vigore del d.P.R. medesimo.

5. - Il denunciato art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1980 ammette il riconoscimento del servizio prestato in una delle anzidette figure di cui all'art. 7 della legge n. 28 del 1980 (caratterizzate tutte, ripetesi, dall'appartenenza all'università) nella misura di un terzo per i professori ordinari, della metà per i professori associati e di due terzi per i ricercatori confermati (cfr., rispettivamente, primo, secondo e terzo comma). Dopo aver operato, nel sesto comma, il rinvio ai servizi prestati in altri ruoli a fini pensionistici (di cui s'è detto sub 2), il settimo comma aggiunge che "gli stessi periodi prestati nella scuola secondaria sono assimilati ai fini della ricostruzione di carriera al servizio in una delle figure di cui all'art. 7 della legge n. 28 del 1980". Alla luce delle descritte premesse, il richiamo a (inesistenti) principi generali in tema di valutazione dei servizi, può leggersi soltanto nel senso di una certa discrezionalità quoad quantum del riconoscimento, così che l'indicazione contenuta nel medesimo art. 12, secondo cui il servizio deve effettivamente essere prestato nell'università, conserva intatto il suo valore cogente e risulta tanto più perentoria se si considera la complessiva ratio della delega, volta a valorizzare - ripetesi - l'autonomia della sfera universitaria. L'assimilazione - a fini di carriera - dell'insegnamento nella scuola secondaria alle figure, squisitamente universitarie, di borsisti, lettori, assistenti ecc. di cui all'art. 7 vulnera quindi l'invocato art. 76 della Costituzione, per la contraddizione con il dato testuale (oltre che con il complessivo senso) della legge di delegazione.

6. - La declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 103, primo e settimo comma, in parte qua, comporta altresì, in via conseguenziale, l'illegittimità anche del secondo e terzo comma, sempre in relazione al comma settimo, con riguardo alla posizione dei professori associati e dei ricercatori confermati.

7. - Esula invece dalle finalità caducatorie della decisione il denunciato art. 1, terzo comma, della legge n. 312 del 1980, trattandosi d'una norma di mero rinvio, del tutto indifferente al denunciato vulnus e che viene in evidenza solo in quanto rende applicabile la disciplina dei professori universitari ai profili professionali ivi elencati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 103, primo e settimo comma del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchè sperimentazione organizzativa e didattica), nella parte in cui, ai fini della ricostruzione di carriera dei professori di ruolo, rende valutabili i servizi prestati nella scuola secondaria, assimilandoli al servizio prestato in una delle figure di cui all'art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica); dichiara - in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - l'illegittimità costituzionale dell'art. 103, secondo e terzo comma del d.P.R. n. 382 del 1980, nella parte in cui, ai fini della ricostruzione di carriera, rispettivamente, dei professori associati e dei ricercatori confermati, rende valutabili i servizi prestati nella scuola secondaria assimilandoli al servizio prestato in una delle figure di cui all'art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 7 luglio 1995.