Ordinanza n. 290 del 1995

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ORDINANZA N. 290

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 12 ter, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, aggiunto dall'art. 8 del decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187 (Nuove misure in materia di trattamento penitenziario, nonchè sull'espulsione dei cittadini stranieri), convertito, con modificazioni, nella legge 12 agosto 1993, n. 296, promosso con ordinanza emessa il 25 gennaio 1995 dal Pretore di Cremona, Sezione distaccata di Soresina, nel procedimento penale a carico di Savic Igor, iscritta al n. 173 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1995 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.

RITENUTO che il Pretore di Cremona, Sezione distaccata di Soresina, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 13 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 12 ter, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, aggiunto dall'art. 8 del decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187, convertito, con modificazioni, nella legge 12 agosto 1993, n. 296, nella parte in cui non prevede che, in assenza di regolare passaporto o documento equipollente, l'acquisizione dei documenti o visti atti a consentire che l'espulsione dello straniero sia disposta d'ufficio dal giudice, nonchè nella parte in cui non consente che l'espulsione dello straniero sia disposta dal giudice su richiesta del pubblico ministero; che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione impugnata determinerebbe sia una irragionevole disparità di trattamento tra cittadini italiani e stranieri in materia di diritti inviolabili dell'uomo, sia una illegittima distinzione tra espulsione disposta dal giudice ed espulsione disposta dall'autorità amministrativa.

CONSIDERATO che la disciplina della espulsione dello straniero dallo Stato ha già formato oggetto di esame da parte di questa Corte, la quale, sin dalla sentenza n. 62 del 1994, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale della stessa prospettata con riferimento alla pretesa difformità di trattamento tra lo straniero e il cittadino; che nella medesima decisione questa Corte ha altresì rilevato come il fatto che l'espulsione sia subordinata alla richiesta dell'interessato o del suo difensore non costituisce "un arbitrario elemento di favore nei confronti dello straniero, ma rappresenta, come si deduce anche dai lavori preparatori, un requisito diretto, nella fattispecie, ad armonizzare la condizione dello straniero ai valori costituzionali cui il legislatore deve riferirsi nel prendere una misura pur sempre incidente sulla libertà personale, cioè su un diritto inviolabile dell'uomo"; che, pertanto, la mancata previsione della possibilità che l'espulsione sia richiesta anche dal pubblico ministero, nel mentre trova una razionale giustificazione nella complessiva configurazione data alla espulsione dello straniero dall'art. 7, comma 12 bis e comma 12 ter, come sospensione della esecuzione della custodia cautelare e della espiazione della pena, non può neanche ritenersi irragionevole rispetto alla disciplina indicata come tertium comparationis, dal momento che differenti sono i presupposti dei provvedimenti di espulsione per i quali è ammissibile la richiesta dell'autorità amministrativa; che, per quanto riguarda la omessa attribuzione al pubblico ministero della facoltà di chiedere il rilascio del passaporto o di altro documento va lido per l'espatrio in favore dello straniero de tenuto, la stessa non appare irragionevole ed è anzi coerente con la configurazione dell'istituto della espulsione a richiesta dell'interessato, mentre non può affatto escludersi che, pur in stato di detenzione, lo straniero possa richiedere il rilascio del prescritto documento, non incidendo eventuali difficoltà di fatto nè sulla ragionevolezza della disposizione impugnata, nè sulle garanzie a tutela dei diritti inviolabili dell'uomo. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 12 ter, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, aggiunto dall'art. 8 del decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187 (Nuove misure in materia di trattamento penitenziario, nonchè sull'espulsione dei cittadini stranieri), convertito con modificazioni nella legge 12 agosto 1993, n. 296, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 13 della Costituzione, dal Pretore di Cremona, Sezione distaccata di Soresina, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Antonio BALDASSARRE, Redattore

Depositata in cancelleria il 29/06/95.