SENTENZA N. 274
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il 26 gennaio 1995, depositato in Cancelleria il 6 febbraio 1995, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, emesso in data 1° dicembre 1994, con il quale il consigliere regionale Claudio Del Lungo è stato rinviato a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 595 del codice penale, ed iscritto al n. 4 del registro conflitti 1995. Udito nell'udienza pubblica del 30 maggio 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri; udito l'avv. Stefano Grassi per la Regione Toscana.
Ritenuto in fatto
1. -- La Regione Toscana solleva, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione e degli artt. 39 e segg. della legge 11 marzo 1953 n. 87, conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze che ha disposto il rinvio a giudizio del consigliere regionale Claudio Del Lungo per avere, nell'ambito di un comunicato stampa con il quale si dava notizia di una interrogazione presentata dal medesimo consigliere al Presidente della Giunta regionale, offeso la reputazione del direttore del Consorzio del parco della Maremma.
2. -- Ritiene la ricorrente che la sottoposizione a giudizio penale del componente dell'assemblea regionale non può non interferire sull'indipendente esercizio delle funzioni di rappresentanza del corpo elettorale, e quindi sull'autonomia del Consiglio regionale garantita dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione, secondo cui "i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". Tale principio, prosegue la ricorrente, riprodotto anche dall'art. 10, secondo comma, dello Statuto della Regione Toscana, implica il riconoscimento ai consiglieri regionali, al fine di garantire il pieno ed indipendente esercizio delle funzioni consiliari, della medesima tutela accordata ai parlamentari dall'art. 68, primo comma della Costituzione (che, nel testo modificato con la legge costituzionale 29 ottobre 1993 n. 3, utilizza la stessa formulazione per garantire tale prerogativa). Osserva la Regione che l'esonero da responsabilità dei componenti dell'organo (sulla scia di consolidate giustificazioni delle immunità parlamentari) è funzionale alla tutela delle più elevate funzioni di rappresentanza politica. Il decreto di rinvio a giudizio costituirebbe, pertanto, atto lesivo di tali funzioni, e comunque interferirebbe indebitamente nella sfera riservata all'autonomia politica dei rappresentanti del corpo elettorale in Consiglio regionale.
3. -- Nè potrebbero sussistere dubbi che l'interrogazione ed il comunicato stampa del consigliere Del Lungo e del gruppo consiliare Verde fossero da riferire all'esercizio delle funzioni di ispezione e controllo del Consiglio regionale nei confronti della Giunta regionale, e di questa nei confronti degli enti dipendenti dalla Regione (funzioni da ritenersi implicite e coessenziali all'esercizio della funzione legislativa, e comunque connesse ai poteri di controllo e di indirizzo sulla gestione dei parchi naturali regionali). Il decreto di rinvio a giudizio risulterebbe quindi riferito all'esercizio di funzioni, ed all'espletamento di diritti, del consigliere regionale, che rientrano nella insindacabilità di cui all'art. 122, quarto comma, della Costituzione.
4. -- Neppure la circostanza che il decreto di rinvio a giudizio indichi come strumento dell'offesa il comunicato stampa (con il quale il consigliere Del Lungo informava l'opinione pubblica della presentazione dell'interrogazione al Presidente della Giunta regionale) potrebbe escludere che tale attività sia riferibile all'esercizio del diritto di esprimere opinioni nell'ambito delle funzioni di consigliere regionale. Secondo la Regione, proprio con riferimento all'esercizio delle funzioni di controllo del Consiglio regionale, non può non avere la più ampia espansione il principio di pubblicità dell'attività dell'assemblea rappresentativa, sancito in via generale per le assemblee parlamentari dall'art. 64 della Costituzione, nonchè da varie norme previste negli statuti regionali, tra le quali l'art. 17 della Regione Toscana.
5. -- In conclusione la Regione ricorrente chiede che la Corte dichiari che non spetta allo Stato, e per esso al giudice penale, la competenza a sindacare l'attività svolta dal consigliere regionale Del Lungo in ordine alla diffusione di informazioni sui contenuti e sui criteri cui questi ispirava l'esercizio delle funzioni consiliari di ispezione e controllo, a mezzo di interrogazione alla Giunta regionale, e conseguentemente annulli l'impugnato decreto di rinvio a giudizio.
Considerato in diritto
1. -- La Regione Toscana solleva conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze che ha disposto il rinvio a giudizio del consigliere regionale Claudio Del Lungo per rispondere del reato di diffamazione in danno del direttore del Consorzio del parco naturale della Maremma; fatto consistito, secondo l'ipotesi accusatoria, nell'aver diffuso un comunicato stampa nel quale si dava notizia di un'interrogazione rivolta dal consigliere Del Lungo al Presidente della Giunta regionale in ordine a taluni fatti che avevano comportato il rinvio a giudizio del citato direttore del Consorzio maremmano.
2. -- Ritiene la ricorrente che la sottoposizione a giudizio penale del consigliere regionale, per un'attività riferibile all'esercizio delle sue funzioni di componente del collegio rappresentativo della Regione, violi la guarentigia sancita dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione, interferendo sulla libertà di determinazione dei rappresentanti del corpo elettorale e quindi sull'indipendenza del Consiglio regionale, espressione fondamentale dell'autonomia costituzionale riconosciuta alla Regione.
3. -- Il ricorso è fondato. L'art. 122, quarto comma, della Costituzione, prevede che i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. In ordine all'estensione di tale guarentigia, posta a salvaguardia dell'autonomia e dell'indipendenza costituzionalmente riservata al Consiglio regionale, è indubbio che essa ricomprenda in primo luogo tutte quelle attività che costituiscono esplicazione di una funzione consiliare tipica o di attribuzioni direttamente previste dalla stessa Costituzione o dalle altre fonti normative cui la prima rinvia (v. sent. n. 81 del 1975). Altrettanto indubbio è che tra gli atti consiliari tipici, in quanto strumentale alle funzioni di controllo e di sindacato politico che il Consiglio esercita nei confronti della Giunta, debba annoverarsi il c.d. "diritto d'interrogazione", specificamente previsto, per la Regione Toscana, all'art. 10 dello Statuto, e che, nel caso in esame, è stato esercitato dal consigliere regionale mediante la presentazione di un'interpellanza al Presidente della Giunta su taluni fatti -- certamente di pubblico interesse -- che hanno coinvolto gli amministratori del Consorzio del parco naturale della Maremma in un procedimento penale.
4. -- Questa Corte ha già avuto occasione di rilevare, pur se in riferimento all'analoga guarentigia sancita dall'art. 68, primo comma, della Costituzione per i membri del Parlamento (v. sent. n. 443 del 1993), che non soltanto la riproduzione all'esterno di interpellanze o interrogazioni può ritenersi attività compresa nella previsione suddetta, ma anche il semplice riferire fatti conosciuti nell'esercizio delle proprie funzioni, ovvero manifestare i punti di vista e le opinioni che ispirano il proprio comportamento in sede parlamentare. A maggior ragione, nel rispetto dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione, anche secondo l'interpretazione più rigorosa dei limiti di tale guarentigia (in base alla quale il consigliere regionale è coperto da irresponsabilità solo per le opinioni espresse nell'esercizio delle sue funzioni, intese nell'accezione più ristretta), deve ritenersi che non possono essere sottoposte a sindacato le opinioni che il consigliere regionale intenda esprimere pubblicamente in relazione al contenuto di atti tipici del suo mandato, qual è certamente la presentazione di un'interrogazione; anche quando tale commento sia stato espresso dal consigliere regionale al di fuori della sede consiliare propria ma in connessione ed a causa dell'esercizio delle funzioni stesse. Nè, infine, dal raffronto tra il testo del comunicato stampa e quello dell'interrogazione presentata dal consigliere Del Lungo possono emergere dubbi circa la sussistenza di una connessione oggettiva e temporale, o sulla sostanziale coincidenza di contenuti, tra i due atti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, sindacare l'attività con la quale il consigliere regionale Claudio Del Lungo, ha diffuso notizie ed opinioni in ordine alla presentazione dell'interrogazione I.O. n. 633 del 1992 al Presidente della Giunta regionale toscana, e conseguentemente annulla il decreto n. 981/94, emesso in data 1° dicembre 1994 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, con il quale il medesimo consigliere regionale è stato rinviato a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 595 del codice penale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/06/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 22/06/95.