Ordinanza n. 179 del 1995

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ORDINANZA N.179

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), e dell'art. 1, comma 6, dello stesso decreto-legge, come modificato dall'art. 3, comma 4, del decreto-legge 28 ottobre 1994, n. 601 (Disposizioni urgenti in materia di differimento di termini previsti da disposizioni legislative), nonchè degli artt. 1, 2, 3 e 6 dello stesso decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551, promossi con quattro ordinanze emesse il 18 novembre 1994 dal Pretore di Gorizia; il 15 novembre 1994 dal Pretore di Gorizia, sezione distaccata di Monfalcone, il 17 ottobre e il 27 ottobre 1994 dal Pretore di Gela, e rispettivamente iscritte ai nn. 24, 76, 98 e 99 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 5, 8 e 9, prima serie speciale, dell'anno 1995; udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1995 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

RITENUTO che nel corso di un procedimento penale a carico di Paolo Menegaldo ed altro, imputati del reato di cui agli artt. 110 del codice penale, e 20, lett. a) e b) della legge 28 febbraio 1985, n. 47, il Pretore di Gorizia, sezione distaccata di Monfalcone, con ordinanza emessa in data 15 novembre 1994 (R.O. n. 76 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), nonchè dell'art. 1, comma 6, dello stesso decreto-legge, come modificato dall'art. 3, comma 4, del decreto-legge 28 ottobre 1994, n. 601, che estendono le disposizioni sul condono edilizio di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 anche ad opere ultimate dopo il 1° ottobre 1983 e fino al 31 dicembre 1993 in presenza di determinati requisiti, e regolano la relativa disciplina; che, ad avviso del giudice a quo, la normativa denunciata avrebbe previsto un meccanismo analogo a quello dell'amnistia condizionata pretermettendo la procedura per questa prevista dall'art. 79 della Costituzione, ed incidendo sul principio di uguaglianza tra cittadini di cui all'art. 3 della Costituzione per la interruzione, priva di ragionevole giustificazione, del nesso costante tra reato e punibilità; che identica questione è stata sollevata, alla stregua delle medesime argomentazioni, dal Pretore di Gorizia, con ordinanza emessa in data 18 novembre 1994 (R.O. n. 24 del 1995); che i medesimi rilievi sono contenuti in due ordinanze, di identico contenuto, emesse rispettivamente in data 17 ottobre 1994 (R.O. n. 98 del 1995) e 27 ottobre 1994 (R.O. n. 99 del 1995), con le quali il Pretore di Gela, nel corso di altrettanti procedimenti penali, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6 dello stesso decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551, ravvisandone il contrasto con gli artt. 79 e 3 della Costituzione, invocato, tale secondo parametro, sotto il duplice profilo dell'irragionevolezza della normativa denunciata e della disparità di trattamento che essa determinerebbe rispetto ad interessi diversi, meritevoli di pari tutela costituzionale, quali quello del paesaggio (art. 9, secondo comma, della Costituzione) e quello della salute (art. 32, primo comma, della Costituzione).

CONSIDERATO che le questioni sono identiche e che, pertanto, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi congiuntamente; che il decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551, non è stato convertito in legge entro il termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 26 novembre 1994; che analoga considerazione vale per il decreto-legge 28 ottobre 1994, n. 601 (si veda il comunicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 29 dicembre 1994); che, pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo, le ordinanze n. 148 e 146 del 1995), le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili, tanto più che il decreto-legge 27 marzo 1995, n. 88, attualmente vigente in materia edilizia, e la legge 23 dicembre 1994, n. 724, che, all'art. 39, regola la medesima materia, hanno un contenuto solo parzialmente riproduttivo della normativa impugnata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, 1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), nonchè dell'art. 1, comma 6, dello stesso decreto-legge, come modificato dall'art. 3, comma 4, del decreto-legge 28 ottobre 1994, n. 601 (Disposizioni urgenti in materia di differimento di termini previsti da disposizioni legislative), sollevate, in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione, dal Pretore di Gorizia, sezione distaccata di Monfalcone, e dal Pretore di Gorizia con le ordinanze in epigrafe; 2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6 del menzionato decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551, sollevata, in riferimento agli artt. 79 e 3 della Costituzione, dal Pretore di Gela con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/05/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 17/05/95.