ORDINANZA N.171
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 7, commi 14 e 15, del decreto- legge 25 novembre 1994, n. 649 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), e dell'art. 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 12 dicembre 1994 dal Pretore di Gela nel procedimento penale a carico di Pieri Nazareno iscritta al n. 100 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Udito nella camera di consiglio del 15 maggio 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli.
RITENUTO che nel corso del procedimento penale contro Pieri Nazareno, imputato per reati edilizi, il Pretore di Gela, con ordinanza del 12 dicembre 1994, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 9, 32, 41 e 79 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 7, commi 14 e 15, del decreto-legge 25 novembre 1994, n. 649 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), e dell'art. 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria della opere edilizie) (R.O. n. 100 del 1995); che, premettendo che l'imputato nel giudizio a quo aveva richiesto la sospensione del processo per potersi avvalere della procedura di sanatoria al fine di ottenere il condono edilizio previsto dal decreto-legge impugnato, nell'ordinanza si osserva che il condono, comunque lo si definisca, costituisce una forma d'esercizio della potestà di clemenza dello Stato e deve perciò essere concesso secondo le forme previste, per la concessione dell'amnistia, dall'art. 79 della Costituzione, come riformato dalla legge costituzionale 6 marzo 1992, n. 1; che il giudice remittente osserva che di tali forme risulta sprovvisto il decreto-legge impugnato, che ha disposto la "riapertura" dei termini del condono contenuti nelle disposizioni di cui ai capi IV e V della legge n. 47 del 1985, estendendo l'effetto estintivo dei reati agli illeciti commessi fino al 31 dicembre 1993; che, nell'ordinanza di rimessione, dopo aver richiamato la sentenza n. 369 del 1988 della Corte costituzionale, il giudice a quo afferma che le norme impugnate contrastano con il principio di ragionevolezza, dal momento che esse reiterano, a distanza di tempo, quelle stesse disposizioni che la Corte aveva dichiarato "eccezionali" e giustificate solo dall'intento di "chiudere un passato di illegalità di massa", nonchè finalizzate a porre sicure basi per la repressione futura di fatti che violano "fondamentali esigenze" di governo del territorio, sicurezza dell'esercizio dell'iniziativa economica privata e tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico; che, infine, il giudice remittente rileva il contrasto tra le ragioni alla base del nuovo condono previsto dalle disposizioni impugnate e le finalità formalmente indicate dal decreto-legge n. 649 del 1994, quali "il rilancio dell'attività economica" e "la ripresa delle attività imprenditoriali", e censura il bilanciamento operato dalle disposizioni impugnate tra gli interessi costituzionalmente tutelati, tra i quali rientrano anche il diritto alla salute psico-fisica e la tutela del paesaggio.
CONSIDERATO che il decreto-legge 25 novembre 1994, n. 649, non è stato convertito in legge entro il termine di sessanta giorni fissato dall'art. 77 della Costituzione, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 21 del 26 gennaio 1995; che le censure formulate nei confronti della disposizione di cui all'art. 38 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per il loro carattere accesso rio, devono ritenersi assorbite in quelle concernenti le norme del decreto-legge n. 649 del 1994, dove si richiama, all'art. 1, l'intero capo IV della legge n. 47 del 1985, nel quale risulta inserito anche l'art. 38; che, pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo le ordinanze nn. 67 e 43 del 1995), la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 7, commi 14 e 15, del decreto- legge 25 novembre 1994, n. 649 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), e dell'art. 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 9, 32, 41 e 79 della Costituzione, dal Pretore di Gela con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/05/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 16/05/95.