SENTENZA N. 49
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 5 e il 26 luglio 1994 dal Tribunale militare di sorveglianza
nei procedimenti di sorveglianza nei confronti di Cadinu Francesco e Guisa Giuseppe, iscritte ai nn. 493 e 605 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 37 e 42, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza 5 luglio 1994 (r.o. n.493/1994), resa nel procedimento relativo alla concessione di affidamento in prova del condannato militare Cadinu Francesco, il Tribunale militare di sorveglianza solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
In base alla disposizione impugnata non è possibile concedere il beneficio dell'affidamento in prova a militari che, in precedenza, sono stati condannati per i reati comuni di "rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione o per reati commessi a fine di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale".
Nella fattispecie, il condannato militare aveva avuto una condanna per rapina, sequestro di persona e violenza privata in concorso.
Il Tribunale militare di sorveglianza, dopo aver osservato che un'analoga disposizione era contenuta nell'ordinamento penitenziario comune, ne rileva l'abrogazione ad opera della novella del 1986 e sostiene l'incostituzionalità, per irragionevolezza, del mantenimento della preclusione ex art. 1, secondo comma, legge n. 167 del 1983.
2.- Analoga questione viene sollevata dal Tribunale militare di sorveglianza con ordinanza 26 luglio 1994 (r.o. n. 605/1994) resa nel procedimento di sorveglianza relativo al condannato militare Guisa Giuseppe, con la quale è stato prospettato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, il dubbio di illegittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge n. 167 del 1983, nella parte in cui esclude che l'affidamento in prova del condannato militare possa essere concesso a chi abbia riportato precedente condanna per rapina.
Considerato in diritto
1.- Le due ordinanze del Tribunale militare di sorveglianza sollevano, nella sostanza, la medesima questione relativa alla legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), nella parte in cui prevede che l'affidamento in prova del condannato militare è escluso quando questi sia stato in precedenza condannato per i reati comuni di rapina o di estorsione, di sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione o per reati commessi a fine di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale. I relativi giudizi possono, pertanto, essere riuniti e decisi congiuntamente.
2.- In particolare, l'autorità rimettente ritiene che contrasti con il principio di ragionevolezza il mantenimento in vita di detta esclusione nei riguardi del condannato militare a seguito della eliminazione della preclusione prevista per i condannati comuni contenuta nel testo originario del secondo comma dell'art. 47 dell'ordinamento penitenziario di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, ad opera della modifica intervenuta in forza dell'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663.
3.- La questione è fondata.
Va presa in considerazione, anzitutto, la previsione originaria di cui all'art. 47 dell'ordinamento penitenziario comune, nel cui alveo - secondo la prospettazione del giudice a quo - si colloca l'esclusione di cui alla disposizione impugnata. A tenore del secondo comma dell'art. 47 della legge n. 354 del 1975, l'affidamento in prova non era consentito quando il condannato avesse "precedentemente commesso un delitto della stessa indole" ed era escluso "in ogni caso ... per i delitti di rapina, rapina aggravata, estorsione, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione".
Il comma in questione fu assoggettato a diverse modificazioni (ed integrazioni), prima della novella del 1986. In particolare, l'art. 4 della legge 12 gennaio 1977, n. 1 cancellò il divieto derivante dai delitti della stessa indole commessi in precedenza. Da quel momento, per il condannato comune, il trattamento penitenziario è stato informato a un criterio di maggiore valutazione discrezionale della personalità del reo. Nell'ambito di tale valutazione possono senz'altro essere considerate precedenti condanne: queste, tuttavia, non costituiscono una preclusione assoluta - disposta ex lege - alla concessione dell'affidamento in prova.
L'ulteriore modifica dell'art. 47, ora completamente sostituito dall'art. 11 della legge n. 663 del 1986, ha d'altro canto eliminato del tutto le pre clusioni collegate al titolo di reato per il quale è stata riportata la condanna della cui esecuzione si tratta: preclusioni - va sottolineato - quasi del tutto coincidenti con quelle relative ai reati comuni - commessi in precedenza - che ostano alla concessione dell'affidamento in prova del condannato militare ai sensi dell'impugnato art. 1, secondo comma, della legge n. 167 del 1983. Va ricordato, altresì, che tali ipotesi ostative si giustificavano con la finalità (sottolineata anche dalla sentenza n. 107 del 1980 di questa Corte) di impedire la fruizione dell'affidamento in prova a chi si fosse reso responsabile di reati che provocano un notevole allarme sociale in modo da "fronteggiare più efficacemente condotte criminose ... di particolare pericolosità, per la loro frequenza e per i loro effetti".
Con la riforma del 1986 (ma già con la ricordata modifica del 1977) il legislatore ha ritenuto di dare preminenza al finalismo rieducativo ed ha lasciato la valutazione della personalità del reo (come pure quella dell'allarme sociale) alla fase della determinazione della pena in concreto.
Appare, pertanto, irragionevole, alla luce delle intervenute modificazioni dell'ordinamento peniten ziario comune, mantenere la previsione dei reati comuni ostativi ai fini della concessione del beneficio dell'affidamento in prova del solo condannato militare.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), nella parte in cui prevede che l'affidamento in prova è escluso "quando il condannato militare è stato in precedenza condannato per rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione o per reati commessi a fine di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 1995.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Ugo SPAGNOLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1995.