Sentenza n.107 del 1980
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SENTENZA N.107

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 48, ultimo comma, e 54, ultimo comma, in relazione all'art. 47, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e dello stesso art. 47, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta), promossi con ordinanze emesse il 1° ottobre e il 9 dicembre 1976 dalla Sezione di Sorveglianza di Bologna, sulle istanze proposte da Agostini Aldo e da Castellazzi Giancarlo, iscritte ai nn. 25 e 244 del registro ordinanze 1977 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 59 e 176 del 1977.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 aprile 1980 il Giudice relatore Livio Paladin;

udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Data la sostanziale identità delle questioni sollevate dalle due ordinanze di rimessione, i conseguenti giudizi devono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

Va infatti respinta l'eccezione d'inammissibilità, proposta dall'Avvocatura dello Stato limitatamente al primo dei giudizi stessi, per la nullità dalla quale sarebbe viziata la relativa ordinanza della sezione di sorveglianza di Bologna, essendo stata emessa in violazione dell'art. 71 della legge 26 luglio 1975, n. 354, cioè senza aver sentito il pubblico ministero.

Indipendentemente dal problema se vizi del genere siano rilevabili da questa Corte, è comunque decisivo quanto si desume dagli atti trasmessi dal giudice a quo: ossia che il pubblico ministero, regolarmente avvisato circa il giorno della deliberazione, ha espresso per iscritto parere contrario alla concessione dei benefici richiesti dall'interessato.

2. - Nel merito, la sezione di sorveglianza di Bologna contesta, invocando il principio costituzionale di eguaglianza nonché l'esigenza che la pena tenda alla rieducazione del condannato (sia pure indicata attraverso l'erroneo richiamo del secondo anziché del terzo comma dell'art. 27 Cost.), la legittimità di tutte le norme della legge n. 354 del 1975 artt. 47 cpv., 48, ultimo comma, 54, ultimo comma che limitano l'applicabilità delle < misure alternative alla detenzione >: coinvolgendo nelle sue censure entrambi i tipi di esclusione previsti da tale disciplina, sia pertinenti all'ipotesi che il condannato < abbia precedentemente commesso un delitto della stessa indole >, sia concernenti determinate specie di reati (con particolare riguardo alla rapina aggravata).

Sotto il primo profilo, tuttavia, si rende necessario che il giudice a quo riconsideri la rilevanza della questione. Nel corso del presente giudizio è entrata in vigore la legge 12 gennaio 1977, n. 1: la quale ha introdotto nell'art. 4 una disciplina più favorevole al reo, che esclude l'affidamento al servizio sociale (come pure la concessione della semilibertà), soltanto < per i delitti di rapina, rapina aggravata, estorsione, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione >.

Inoltre, l'art. 5 di quest'ultima legge incide imponendo anche in tal senso la restituzione degli atti sull'intera impugnativa dell'art. 54, ultimo comma, della legge n. 354 del 1975, compresa la parte riguardante l'esclusione del relativo beneficio per i condannati che abbiano commesso un delitto di rapina; giacché il comma stesso è stato abrogato, consentendo pertanto che tutti i condannati a pena detentiva possano ottenere la liberazione anticipata.

3. - Le innovazioni apportate dalla legge n. 1 del 1977 non alterano invece i termini della questione di legittimità degli artt. 47, secondo comma, e 48, ultimo comma, quanto al divieto di affidamento in prova al servizio sociale e di concessione del regime di semilibertà, per i condannati (o per gli internati) che abbiano commesso determinati delitti, fra cui figura appunto la rapina aggravata: divieto che la sezione di sorveglianza di Bologna considera incostituzionale, sia perchè implicante un'arbitraria disparità di trattamento ed una più gravosa emarginazione sociale degli interessati rispetto ai con dannati per altri delitti egualmente o maggiormente gravi (che possono pur sempre beneficiare delle misure in esame), sia perchè tale da rendere impossibile il conseguimento di quel fine rieducativo cui deve tendere l'espiazione di qualsiasi pena. Ma la questione non è fondata, né in riferimento all'art. 3, primo e secondo comma, né in vista dell'art. 27, terzo comma, della Costituzione.

Da un lato, i lavori preparatori della legge n. 354 del 1975 dimostrano che il legislatore, rendendo inapplicabile ad una data serie di delitti le < misure alternative alla detenzione >, ha inteso fronteggiare più efficacemente condotte criminose che possono considerarsi di particolare pericolosità, per la loro frequenza e per i loro effetti, e che danno luogo ad accentuati allarmi nella società contemporanea. Disposizioni del genere sono naturalmente opinabili, sia per ciò che riguardano in modo esplicito, sia per ciò che escludono dalla loro previsione. Ma si tratta di scelte che non si prestano a venire censurate e, meno ancora, modificate da parte della Corte, nei termini indicati dal giudice a quo: allo stesso modo che di regola appartengono alla discrezionalità legislativa, tanto la definizione delle varie figure di reato, quanto il ricorso ai relativi provvedimenti di clemenza (come ha precisato, in quest'ultimo senso, la sentenza n. 175 del 1971). Ciò basta a far concludere, con riferimento ad entrambi i commi dell'art. 3, che le norme impugnate non ledono il principio costituzionale di eguaglianza.

D'altro lato, le ordinanze di rimessione forzano il significato della statuizione contenuta nell'art. 27, terzo comma, Cost., conducendo alle estreme conseguenze la tesi che < il fine rieducativo inerisce ad ogni pena >; ed inutilmente ricercano conferme nella precedente giurisprudenza della Corte. Vero è che la sentenza n. 204 del 1974 afferma < il diritto per il condannato a che... il protrarsi della realizzazione della pretesa punitiva venga riesaminato al fine di accertare se in effetti la quantità di pena espiata abbia o meno assolto positivamente al suo fine rieducativo >. Ma un tale diritto viene fatto dipendere dal verificarsi delle condizioni previste dalla legge penale. E la frase richiamata dal giudice a quo va comunque intesa collegandola al problema specifico, che la Corte era allora chiamata a risolvere, delle rispettive attribuzioni del potere giudiziario (ovvero del giudice di sorveglianza) e del potere esecutivo (ovvero del Ministro della giustizia).

Del resto, la Corte ha chiarito, nella sentenza n. 12 del 1966, che accanto alla rieducazione del condannato la pena persegue altri scopi, < essenziali alla tutela dei cittadini e dell'ordine giuridico contro la delinquenza >; e, nella sentenza n. 264 del 1974, ha quindi ribadito che la funzione ed il fine della pena stessa non si esauriscono nella < sperata emenda > del reo, ma hanno di mira esigenze irrinunciabili di < dissuasione, prevenzione, difesa sociale >. Se oltre a ciò si considera che ormai la misura alternativa della liberazione anticipata può essere disposta anche per i gravi delitti tassativamente menzionati nell'art. 47, secondo comma, della legge n. 354 del 1975, ne segue a più forte ragione che le limitazioni tuttora concernenti l'affidamento in prova al servizio sociale ed il beneficio della semilibertà non contrastano neppure con l'art. 27, terzo comma, della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 47, secondo comma, e 48, ultimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte concernente i delitti di rapina, rapina aggravata, estorsione, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, sollevata dalla sezione di sorveglianza di Bologna in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, e 27, terzo comma, Cost. con le ordinanze indicate in epigrafe;

2) ordina la restituzione degli atti alla sezione di sorveglianza di Bologna.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/07/80.

 Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 07/07/80.