Sentenza n. 48 del 1995

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SENTENZA N° 48

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Umbria notificato il 15 aprile 1994, depositato in Cancelleria il 21 aprile 1994, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dei provvedimenti della Commissione di controllo sugli atti della Regione Umbria n. 940070/32 dell'11 febbraio 1994, che ha annullato le deliberazioni della Giunta regionale nn. 7475 del 26 ottobre 1993 e 9797 del 30 dicembre 1993, con le quali è stata operata la ricognizione dei posti vacanti e disponibili nel ruolo unico regionale alla data del 1° ottobre 1993 e n. 932166/1883 del 18 novembre 1993, con il quale sono stati richiesti chiarimenti in ordine alla citata delibera n. 7475, ed iscritto al n. 8 del registro conflitti 1994.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1995 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi gli avvocati Maurizio Pedetta e Alberto Predieri per la Regione Umbria e l'avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso del 14 aprile 1994, la Regione Umbria ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo la dichiarazione di non spettanza allo Stato e, per esso, alla Commissione di controllo sugli atti della Regione, del potere di annullare due deliberazioni della Giunta regionale dell'Umbria (nn. 7475 del 26 ottobre 1993 e 9797 del 30 dicembre 1993), con il conseguente annullamento degli atti assunti al riguardo dalla Commissione medesima (protocollo n. 940070, n. d'ordine 32 dell'11 febbraio 1994 e protocollo n. 932166, n. d'ordine 1883 del 18 novembre 1993).

2.- Premette, in fatto, la ricorrente che:

1) con delibera n. 7475 del 26 ottobre 1993 la Giunta regionale dell'Umbria operava -anche ai sensi dell'art. 13, quinto comma, della legge regionale n. 46 del 1983- una ricognizione dei posti vacanti e disponibili nelle qualifiche funzionali del ruolo unico regionale alla data del 1° ottobre 1993;

2) la delibera in questione era inviata alla Commissione di controllo sugli atti della Regione, che dopo aver chiesto, con atto n. 932166, e ottenuto (delibera n. 9797 del 30 dicembre 1993) chiarimenti, annullava entrambe le deliberazioni, in quanto l'Amministrazione non aveva provveduto "nè alla verifica dei carichi di lavoro, nè alla ridefinizione della pianta organica con i criteri del decreto legislativo n. 29 del 1993, nè alla ride terminazione provvisoria della medesima pianta organica, alla stregua delle modalità fissate dal comma 6 dell'art. 3 della legge n. 537 del 1993"; e sul presupposto, altresì, del contrasto con l'art. 36 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e con l'art. 3, comma 20, della legge n. 537 del 1993, nella utilizzazione di graduatorie di concorsi interni già espletati.

3.- Secondo la ricorrente, la Commissione, annullando le menzionate deliberazioni, avrebbe negato, o comunque compresso, "l'autonoma esplicazione delle attribuzioni costituzionalmente spettanti (artt. 117 e 118 della Costituzione; art. 82 ss. Stat. Umbria) alla Regione in materia di ordinamento degli uffici e del personale, con un'indebita espansione della sfera di competenza dello Stato".

Ci si duole, in particolare, del fatto che la Commissione:

1) abbia assoggettato a controllo di legittimità ed annullato atti non compresi fra quelli tassativamente elencati nell'art. 1 del decreto legislativo n. 40 del 1993, recante il nuovo ordinamento dei controlli sugli atti delle Regioni, senza che rilevi la circostanza "di mero fatto" che l'atto sia stato inviato dalla Giunta stessa alla Commissione;

2) abbia enunciato valutazioni e giudizi "che non spettava ad essa formulare", qualificando come "principi fondamentali" le norme del decreto legislativo n. 29 (artt. 31 e 36) e della legge n. 537 del 1993 (art. 3, commi 5 e 20) e individuando un "interesse nazionale alla uniformità della legislazione nella materia del pubblico impiego";

3) abbia asserito, nell'annullare (con non consentita applicazione dello jus superveniens) le delibere in questione, il carattere di norme di principio di tutte le disposizioni del decreto legislativo n. 29 del 1993 e la loro immediata applicabilità alle Regioni, come pure l'assimilazione tra "norme di principio" e "norme di indirizzo".

In aggiunta ad ulteriori specifici rilievi, relativi alla portata dell'art. 31 e dell'art. 36 del citato decreto legislativo n. 29 del 1993, e dell'art. 3, comma 20, della legge n. 537 del 1993, il ricorso deduce, infine, che, ove le norme di legge statale dovessero ritenersi immediatamente applicabili alle Regioni, "acquisirebbe rilevanza nel presente giudizio la questione di legittimità costituzionale delle medesime", per violazione degli artt. 5, 97, 114, 115, 117, 118, 123 e 125 della Costituzione.

4.- Si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, nel chiedere il rigetto del ricorso, ha osservato che:

1) per quanto non rideterminative della pianta organica, le delibere in questione "consistevano pur sempre in provvedimenti comunque inerenti alla dotazione degli organici", provvisoriamente congelati, in via generale, in base all'art. 3 della legge n. 537 del 1993;

2) successivamente alla elevazione del presente conflitto, la Regione ha rimesso alla Commissione di controllo un ulteriore provvedimento in materia di redistribuzione di personale, con ciò confermando "di ritenere gli atti del genere comunque influenti sulla consistenza degli organici e quindi da assoggettare al controllo";

3) in ordine allo jus superveniens di cui alla legge n. 537 del 1993, la definizione provvisoria delle piante organiche ex art. 3, comma 6, ha effetto retroattivo con decorrenza 31 agosto 1993.

Circa la asserita non immediata applicabilità alla Regione delle norme dell'art. 31 del decreto n. 29 del 1993 e la non cogenza delle "norme di indirizzo" di cui al comma 66 dell'art. 3 della legge n. 537 del 1993, la memoria osserva che, se fosse accolta la tesi della Regione, questa potrebbe rinviare sine die l'adeguamento della legislazione e coprire tutti i posti vacanti della vecchia pianta organica.

5.- In prossimità dell'udienza la difesa della Regione Umbria ha presentato una memoria, con la quale, nell'insistere nelle conclusioni già formulate, si ribadiscono le osservazioni e i motivi del ricorso, non senza rilevare che l'organico regionale é determinato con legge e non è condizionabile dalla legge statale.

Considerato in diritto

1.- Con il ricorso per conflitto di attribuzione all'esame di questa Corte, la Regione Umbria lamenta un'invasione da parte dello Stato delle proprie attribuzioni, per l'avvenuto annullamento della deliberazione n. 7475 del 26 ottobre 1993, con la quale la Giunta regionale -in relazione alla previsione della legge regionale n. 46 del 16 dicembre 1983, art. 13, comma 5- ha inteso operare una ricognizione dei posti vacanti e disponibili nelle qualifiche funzionali del ruolo unico regionale, alla data del 1° ottobre 1993, nonchè della deliberazione n. 9797 del 30 dicembre 1993, con la quale la Giunta stessa aveva fornito alla Commissione di controllo i richiesti chiarimenti in ordine alla predetta deliberazione n. 7475 del 1993.

Viene impugnato l'atto adottato dalla Commissione di controllo (n. protocollo 940070, n. d'ordine 32) nella seduta dell'11 febbraio 1994, per l'annullamento di entrambi i predetti provvedimenti della Giunta regionale, e, con esso, la precedente richiesta di chiarimenti (n. protocollo 932166, n. d'ordine 1883) deliberata dalla Commissione nella seduta del 18 novembre 1993.

Le deliberazioni della Giunta risultano annullate perchè l'amministrazione non avrebbe provveduto alla verifica dei carichi di lavoro ed alla ridefinizione della pianta organica con i criteri del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, né alla rideterminazione provvisoria della medesima alla stregua delle modalità fissate dall'art. 3, comma 6, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ed al tempo stesso per l'asserita violazione dell'art. 36 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e dell'art. 3, comma 20, della legge n. 537 del 1993, che non consentono l'assunzione di personale mediante concorsi interni.

2.- La ricorrente, nell'asserire che gli atti impugnati sono tali da negare o comunque comprimere l'autonoma esplicazione delle attribuzioni ad essa spettanti (artt. 117 e 118 della Costituzione; artt. 82 ss. dello statuto Regione Umbria), prospetta un duplice ordine di censure, attinenti, da un canto, all'ambito nel quale, per legge, devesi ritenere circoscritta la funzione di controllo di legittimità affidata alla relativa Commissione e, dall'altro, alle attribuzioni che devono ritenersi spettare alla Regione in materia di ordinamento degli uffici e del personale.

Sotto il primo profilo, si rileva che gli atti di controllo sarebbero stati assunti "in assoluta carenza di potere", in quanto la deliberazione n. 7475, pur inviata alla Commissione, non é "riconducibile ad alcuna delle categorie di atti da sottoporre a controllo ai sensi dell'art. 1, lettera d) della legge 13 febbraio 1993, n. 40".

Sotto il secondo profilo, la ricorrente assume fondamentalmente che:

a) la decisione della Commissione sarebbe basata su valutazioni "del tutto arbitrarie", in ordine alla qualificazione come "principi fondamentali" delle norme statali richiamate (artt. 31 e 36 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e art. 3, commi 5 e 20, della legge n. 537 del 1993) ed alla individuazione di un "asserito interesse nazionale alla uniformità della legislazione nella materia del pubblico impiego";

b) la Commissione, annullando, con non consentita applicazione dello jus superveniens, le delibere della Giunta, avrebbe errato nell'attribuire carattere di "norme di principio" a tutte le disposizioni del già citato decreto legislativo n. 29 del 1993, reputandole immediatamente applicabili alla Regione, come pure nell'assimilare "norme di principio" e "norme di indirizzo" di cui all'art. 3 della legge n. 537 del 1993, senza considerare, riguardo a queste ultime, che, dove ci sia capacità di spesa, la Regione decide, in materia di rapporti di lavoro, "nell'ambito della propria autonomia" (comma 66).

Accanto a taluni più specifici rilievi attinenti all'ambito di applicazione dell'art. 31 e dell'art. 36 del più volte citato decreto legislativo n. 29 del 1993, la Regione prospetta, infine, l'ipotesi dell'eventuale illegittimità delle norme di cui si discute, ove dovesse ritenersene l'immediata applicabilità, per violazione degli artt. 5, 97, 114, 115, 117, 118, 123 e 125 della Costituzione.

3.- Sotto il profilo dell'ammissibilità del ricorso, è sufficiente rilevare che ad essa non osta il fatto che l'atto sia stato inviato al controllo della Commissione per iniziativa della stessa Regione ricorrente, in quanto detto invio spontaneo non può, in alcun modo, incidere sull'ordine delle competenze costituzionalmente garantite, nè precludere la tutela delle stesse che si assumano lese.

4.- Nel merito, il ricorso è fondato.

L'art. 125 della Costituzione dispone che il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione è esercitato nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica.

Orbene, la materia di cui trattasi, regolata per il passato dalla legge 10 febbraio 1953, n. 62 secondo criteri di generale assoggettamento a controllo dei provvedimenti amministrativi della Regione, ha trovato nuova disciplina nel decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40, che ha ridefinito le categorie di atti soggetti all'esame di legittimità affidato alla Commissione recando il principio della tassativa e puntuale identificazione dei medesimi. Donde la conseguenza che gli atti non espressamente menzionati risultano esclusi dal controllo.

Vero è che fra gli atti indicati dal decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40, si ritrovano (art. 1, lettera d) quelli concernenti le "piante organiche e relative variazioni"; ma tra questi non possono farsi rientrare provvedimenti, quali quelli qui considerati, aventi ad oggetto la mera ricognizione dei posti disponibili, sia pure in vista dell'eventuale copertura degli stessi.

5.- Il ricorso va pertanto accolto per le ragioni sopra espresse, senza che occorra passare all'esame delle altre censure prospettate dalla ricorrente, segnatamente sotto il profilo della lesione delle sue attribuzioni in materia di ordinamento degli uffici e del personale; e senza, per ciò, nemmeno escludere che la Regione resti pur sempre vincolata -secondo quanto questa Corte ha avuto occasione di precisare proprio nella sentenza n. 359 del 1993, richiamata dalla ricorrente- al rispetto delle disposizioni del decreto legislativo n. 29 del 1993, nei limiti in cui esse costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, avuto riguardo anche alle successive modificazioni ed integrazioni di detto decreto, nonchè all'art. 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

I provvedimenti adottati dalla Commissione di controllo sull'amministrazione regionale dell'Umbria, in ordine alle deliberazioni sopra menzionate, vanno, pertanto, annullati per essere stato il controllo esercitato in violazione dell'art. 125 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato, e per esso alla Commissione di controllo sull'amministrazione della Regione Umbria, annullare le deliberazioni nn. 7475 del 26 ottobre 1993 e 9797 del 30 dicembre 1993 della Giunta regionale dell'Umbria in materia di ricognizione dei posti vacanti e disponibili nelle qualifiche funzionali del ruolo unico regionale;

annulla, di conseguenza, le deliberazioni n. protocollo 940070, n. d'ordine 32, dell'11 febbraio 1994 e n. protocollo 932166, n. d'ordine 1883, del 18 novembre 1993, della Commissione anzidetta.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta l'8 febbraio 1995.

Francescp Paolo CASAVOLA, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1995.