Sentenza n. 36 del 1995

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SENTENZA N. 36

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI "

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi promossi con ricorsi della Regione Campania notificati l'11 giugno e il 3 settembre 1994, depositati in Cancelleria il 23 giugno e l'11 settembre 1994, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 marzo 1994 e del decreto del Presidente della Repubblica del 15 giugno 1994, con i quali è stata disposta la sostituzione dell'amministrazione regionale della Campania con il Ministro per i beni culturali ed ambientali nel compimento degli atti necessari per la redazione e l'approvazione del piano territoriale paesistico nella Regione Campania, ed iscritti ai nn. 21 e 33 del registro conflitti 1994.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli;

uditi l'avvocato Michele Scudiero per la Regione Campania e l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- La Regione Campania, con ricorso notificato l'11 giugno 1994 (n. 21/94), ha sollevato nei confronti dello Stato conflitto di attribuzione - con richiesta di sospensione dell'esecutività dell'atto nelle more del giudizio - in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 marzo 1994, con il quale è stata disposta la sostituzione dell'amministrazione regionale della Campania con il Ministero per i beni culturali e ambientali nel compimento degli atti necessari per la redazione e l'approvazione del piano territoriale paesistico nella Regione Campania.

La ricorrente lamenta la lesione delle proprie competenze in materia urbanistica e ambientale, in quanto l'atto impugnato sarebbe stato adottato in assenza del presupposto della persistente inattività degli organi regionali, necessario per l'esercizio nel settore in esame del potere di sostituzione da parte dello Stato. Dal chè la violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione e del principio di leale cooperazione tra Stato e Regione.

2.- Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, deducendo che l'atto impugnato è stato ritirato a seguito del rilievo formulato dalla Corte dei conti, secondo cui tale atto, ai sensi dell'art. 1, primo comma, lett. ii), della legge 12 gennaio 1991, n. 13, doveva rivestire la forma di decreto del Presidente della Repubblica.

Il resistente fa, quindi, presente che sullo stesso oggetto e con identico contenuto è stato successivamente emanato il decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1994.

3.- In relazione a quest'ultimo decreto la Regione Campania, con ricorso notificato il 3 settembre 1994 (n. 33/94), ha sollevato un nuovo conflitto di attribuzione, con richiesta di sospensione dell'esecutività del provvedimento nelle more del giudizio.

La Regione espone che l'art. 1-bis della legge 8 agosto 1985, n. 431, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale) ha imposto alle Regioni, con riferimento ai beni e alle aree elencati all'art. 82, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (come integrato dall'art. 1 della stessa legge n. 431), di sottoporre il loro territorio a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale mediante piani paesistici o piani urbanistico-territoriali da approvarsi entro il 31 dicembre 1986. La stessa normativa - richiamando l'art. 4 del d.P.R. n. 616 citato, e, attraverso di esso, l'art. 2 della legge 22 luglio 1975, n. 382 - ha riservato al Ministro per i beni culturali e ambientali l'eser cizio del potere sostitutivo in ordine all'adozione dei suddetti atti, in caso di inerzia regionale protrattasi oltre il citato termine del 31 dicembre 1986.

Ora, a giudizio della ricorrente, il decreto oggetto del presente conflitto sarebbe stato emanato in assenza del requisito fondamentale della persistente inattività degli organi regionali e, quindi, in violazione del presupposto legale per l'esercizio del potere surrogatorio.

La Regione, infatti, avrebbe adempiuto agli obblighi di intervento imposti dalla legge, dapprima con la delibera adottata dalla Giunta regionale il 5 dicembre 1986, n. 200, recante la proposta di piano territoriale regionale per la tutela paesistico-ambientale (che, peraltro, non ha avuto seguito); poi, con l'approvazione della legge regionale 27 giugno 1987, n. 35, recante il piano urbanistico-territoriale dell'area sorrentino-amalfitana; infine, con l'elaborazione dei piani paesistici di vari ambiti territoriali, fino all'adozione degli stessi da parte della Giunta regionale nel febbraio 1993.

Non sarebbe, invece, imputabile alla volontà della Regione la mancata conclusione dell'iter di approvazione di questi piani, causata dal sopravvenuto sequestro dei relativi atti disposto, nel marzo 1993, dall'autorità giudiziaria nell'ambito di un'inchiesta concernente la convenzione stipulata dalla Regione con la società IRITECNA, per consulenza nella elaborazione dei piani stessi.

Solo tale evento - ed il successivo rigetto dell'istanza di dissequestro avanzata dalla Regione - avrebbe, infatti, impedito alla Regione stessa di ottemperare alle diffide inviate dallo stesso Ministro il 15 settembre 1993 ed il 16 febbraio 1994, sempre ai fini dell'approvazione del piano paesistico regionale.

Pertanto, a giudizio della ricorrente, nella fattispecie non sussisterebbe l'elemento della inattività degli organi regionali e sarebbe, di conseguenza, illegittimo, in quanto privo del presupposto legale, l'intervento sostitutivo disposto con il decreto presidenziale di cui al conflitto in esame.

Lo stesso decreto presidenziale - sempre secondo la ricorrente - risulterebbe, altresì, illegittimo sotto un diverso profilo.

La Regione sostiene, infatti, che - a seguito della mancata registrazione del decreto del Presi dente del Consiglio dei ministri del 31 marzo 1994, con il quale era stato originariamente disposto l'intervento sostitutivo poi attuato con il decreto presidenziale oggetto del presente conflitto - si sarebbe chiuso il procedimento di sostituzione avviato con la diffida del 15 settembre 1993 e proseguito con la diffida del 16 febbraio 1994. L'emanazione del successivo decreto del Presidente della Repubblica del 15 giugno 1994 avrebbe, pertanto, richiesto - a giudizio della ricorrente - una integrale rinnovazione del procedimento, mediante una nuova istruttoria ed una nuova diffida ad adempiere, in conformità con il principio costituzionale di leale cooperazione.

4.- Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere il rigetto del ricorso.

Il resistente deduce che il decreto impugnato è stato adottato in conseguenza della perdurante assenza degli strumenti regionali di pianificazione, imposti dalla legge n. 431 del 1985, ben oltre la scadenza del termine del 31 dicembre 1986.

La mancata adozione dei piani regionali avrebbe determinato una grave situazione di pericolo per i valori paesistici del territorio campano nonchè diffusi fenomeni di abusivismo edilizio, stante la difficoltà di prolungare per un così lungo periodo di tempo la rigida misura cautelare disposta con il decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali del 28 marzo 1985 e consistente nel divieto assoluto di modificazione, fino alla adozione dei piani regionali, dei luoghi tutelati. Tanto che - insiste l'Avvocatura dello Stato - la stessa Regione Campania avrebbe in più occasioni rilasciato autorizzazioni illegittime - annullate poi dal Ministro per i beni culturali e ambientali - ad eseguire opere in violazione del suddetto divieto.

Risulterebbe, perciò, evidente - conclude l'Avvocatura - che il decreto impugnato ha promosso l'intervento sostitutivo dello Stato non tanto per sanzionare un prolungato inadempimento della Regione agli obblighi di legge, quanto per rimuovere gli effetti gravemente pregiudizievoli conseguenti alla omessa pianificazione paesistica regionale. E questo porterebbe ad escludere che l'intervento dello Stato si sia svolto in violazione del principio di leale cooperazione affermato dalla giurisprudenza costituzionale.

Considerato in diritto

1. Con ricorso n. 21 del 1994, notificato in data 11 giugno 1994, la Regione Campania ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 marzo 1994, mediante il quale è stata disposta la sostituzione dell'amministrazione regionale della Campania con il Ministero per i beni culturali e ambientali nel compimento degli atti necessari per la redazione e l'approvazione del piano territoriale paesistico della stessa Regione.

A seguito del rilievo prospettato dalla Corte dei conti in ordine alla insufficienza della forma di tale atto, l'atto stesso è stato ritirato dall'amministrazione statale e non ha avuto ulteriore corso. In sua sostituzione è stato poi emanato, con identico contenuto, il decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1994.

Nei confronti del ricorso in esame va, pertanto, dichiarata la cessazione della materia del contendere.

2. Con successivo ricorso n. 33 del 1994, notificato il 3 settembre 1994, la Regione Campania ha sollevato un nuovo conflitto, con istanza di sospensione dell'atto impugnato, in relazione al decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1994 che, a sua volta, - dopo il ritiro del decreto del Presidente del Consiglio oggetto del precedente conflitto - ha disposto la sostituzione della Regione con il Ministero dei beni culturali e ambientali, sempre ai fini del compimento degli atti necessari per la redazione e l'approvazione del piano territoriale paesistico regionale.

Ad avviso della ricorrente, tale decreto avrebbe leso la sfera delle attribuzioni regionali per aver disposto la sostituzione dell'amministrazione regionale con l'amministrazione statale pur in assenza dei presupposti necessari per l'esercizio di tale potere e cioè senza che nella specie si fosse determinata una persistente inattività da parte degli organi regionali: dal che la violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione e del principio di leale cooperazione. Pertanto, la Regione ricorrente chiede a questa Corte di voler dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Presidente della Repubblica, di disporre la sostituzione dell'amministrazione regionale della Campania per la redazione ed approvazione del piano territoriale paesistico e, per l'effetto, annullare il d.P.R. 15 giugno 1994.

3. Il ricorso non è fondato.

Il potere sostitutivo esercitato con il decreto presidenziale di cui è causa trova il suo fondamento nel secondo comma dell'art. 1-bis della legge 8 agosto 1985, n. 431, dove si stabilisce che - decorso inutilmente il termine del 31 dicembre 1986, fissato nel primo comma dello stesso articolo ai fini dell'approvazione da parte delle Regioni dei piani paesistici o dei piani urbanistico-territoriali destinati a sottoporre a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale i beni e le aree incluse nel vincolo paesistico - il Ministero per i beni culturali e ambientali esercita i poteri di cui agli artt. 4 e 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.

Tra questi poteri risulta compreso - ai sensi del quarto comma dell'art. 4 del d.P.R. n. 616 del 1977 - anche il potere di sostituzione previsto dall'art. 2 della legge n. 382 del 22 luglio 1975, dove si prevede che "in caso di persistente inattività degli organi regionali nell'esercizio delle funzioni delegate, qualora le attività relative alle materie delegate comportino adempimenti da svolgersi entro termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi, il Con siglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, dispone il compimento degli atti relativi in sostituzione dell'amministrazione regionale".

La ricorrente contesta che, nella specie, fosse maturata una "persistente inattività" degli organi regionali tale da giustificare l'esercizio del potere sostitutivo e, a questo fine, richiama le diverse azioni svolte dalla Regione, a partire dal 1986, in funzione dell'adempimento dell'obbligo di approvazione di una pianificazione paesistica. Senonchè tali attività o non sono approdate a risultati conclusivi (come nel caso della delibera di Giunta del 5 dicembre 1986, n. 200) o hanno investito soltanto aree limitate del territorio regionale (come nelle ipotesi della legge regionale n. 35 del 1987, concernente il piano urbanistico-territoriale dell'area sorrentino-amalfitana, o dei piani paesistici relativi a determinati territori comunali adottati dalla Giunta regionale nel febbraio del 1993).

In ogni caso si è trattato di attività che non sono state in grado di superare il fatto oggettivo dell'assenza di un piano paesistico relativo all'intero territorio regionale a più di sette anni di distanza dalla scadenza del termine fissato dal la legge. La persistenza dell'inattività viene, dunque, in questo caso, a derivare non solo dal comportamento inadeguato tenuto dal soggetto obbligato, ma anche dall'assenza del risultato che la legge imponeva di perseguire e che di fatto - nonostante il tempo trascorso - non è stato realizzato.

Né, su questo piano, può assumere rilievo il fatto che il ritardo nello svolgimento dell'attività richiesta dalla legge sia derivato anche dal sequestro degli elaborati di piano disposto dal giudice penale: a parte il rilievo che il sequestro è intervenuto soltanto nel 1993, resta il fatto che tale elemento, se può concorrere a spiegare, non può certo giustificare il ritardo nell'adempimento in cui sono incorsi gli organi regionali. E questo tanto più ove si consideri che la stessa Regione, dopo il rigetto dell'istanza di dissequestro rivolta al giudice penale ed in risposta alla prima diffida del Ministero per i beni culturali e ambientali, forniva allo stesso Ministero "formale assicurazione" che i piani paesistici della Regione Campania sarebbero stati approvati entro sei mesi dalla data di adozione della delibera della Giunta regionale n. 6564 del 16 novembre 1993 (v. lettera 15 dicembre 1993 del Presidente della Regione al Ministro per i beni culturali e ambientali).

D'altro canto, neppure può essere ragionevolmente contestata allo Stato una violazione del principio di leale cooperazione, nei termini in cui lo stesso è stato ripetutamente richiamato, anche con riferimento al settore in esame, nella giurisprudenza di questa Corte (v. sentt. nn. 151 e 153 del 1986). In proposito basti solo accennare ai ripetuti solleciti (quali emergono anche dalla corrispondenza prodotta in giudizio) nonché al fatto che la Regione è stata per due volte diffidata all'adempimento, con atti rispettivamente in data 15 settembre 1993 e 16 febbraio 1994, adottati a distanza di cinque mesi l'uno dall'altro. Solleciti e diffide che ponevano chiaramente in luce sia i danni per l'economia e per l'ordinato sviluppo urbanistico conseguenti alla mancata approvazione del piano paesistico (in relazione al protrarsi del blocco dell'attività edilizia ed al dilagare dell'abusivismo), sia i gravi problemi di ordine pubblico collegati al mancato adempimento (segnalati dal Prefetto di Napoli con nota del 9 agosto 1993).

Né si può, infine, condividere la censura pro spettata nel ricorso, in base alla quale il ritiro del decreto del Presidente del Consiglio del 3 marzo 1994 e la sua sostituzione con il decreto del Presidente della Repubblica del 15 giugno 1994 avrebbero richiesto una nuova istruttoria ed una nuova diffida. In realtà, il rinnovo di tali incombenti procedurali, già compiutamente espletati, non si presentava in alcun modo necessario in relazione ad un atto, quale il decreto presidenziale di cui è causa, che, a seguito del rilievo formulato dalla Corte dei conti, doveva limitarsi semplicemente a sanare, senza alcuna modifica sostanziale, il vizio formale rilevato nei confronti del precedente decreto del Presidente del Consiglio, come atto conclusivo del procedimento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara:

a) che spetta allo Stato disporre, mediante il decreto del Presidente della Repubblica del 15 giugno 1994, la sostituzione dell'amministrazione regionale della Campania con il Ministero per i beni culturali e ambientali ai fini del compimento degli atti necessari per la redazione e l'approvazione del piano territoriale paesistico della Regione Campania;

b) cessata la materia del contendere in ordine al conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Campania in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 marzo 1994.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 6 febbraio 1995.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 13 febbraio 1995.