SENTENZA N. 471
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 169 del regio decreto 16 marzo 1942, n.267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il 10 dicembre 1993 dal Tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra s.p.a. Banca Provinciale Lombarda e s.p.a. Edilmobiliare iscritta al n. 420 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Visti gli atti di costituzione della s.p.a. Edilmobiliare e della s.p.a. Istituto Bancario S.Paolo di Torino (che ha incorporato la Banca Provinciale Lombarda) nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 13 dicembre 1994 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
uditi gli avvocati Arturo Giuliano e Piero Sandulli per la s.p.a. Edilmobiliare e l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio avente ad oggetto il pagamento di somme dovute a titolo di interessi maturati nel corso delle procedura concorsuale (nella specie concordato preventivo) vertente tra la Banca Provinciale Lombarda s.p.a. e la Edilmobiliare s.p.a. ed i liquidatori del concordato preventivo, il tribunale di Bolzano, con ordinanza emessa il 10 dicembre 1993 (pervenuta alla Corte costituzionale il 17 giugno 1994), ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 169 del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), ove fa richiamo all'art. 55 della stessa legge, nella parte in cui prevede la sospensione del corso degli interessi sui crediti chirografari verso il debitore concordatario maturati durante il tempo di svolgimento della procedura.
Il tribunale rimettente, dopo aver premesso che gli effetti del concordato comportano che "adempiuto il concordato nulla può più chiedersi al debitore per debiti pregressi", lamenta che la ragionevolezza della prevista sospensione del corso degli interessi viene meno ove, come nel caso, i creditori siano stati interamente soddisfatti e sia nel contempo residuata una disponibilità di denaro che consentirebbe il pagamento degli interessi maturati nel corso della procedura concordataria.
2. - Nel giudizio avanti alla Corte si é costituito l'Istituto Bancario San Paolo di Torino s.p.a. rilevando la propria legittimità ad essere ritenuto parte nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale per aver incorporato con atto 20 dicembre 1993 la Banca Provinciale Lombarda s.p.a., parte nel giudizio a quo, ed essendo così subentrato quale successore a titolo universale in tutti i rapporti dei quali era già titolare la Banca incorporata.
Nel merito, ha osservato la difesa, che la sospensione del corso degli interessi prevista dall'art. 169 della legge fallimentare attraverso il richiamo all'art. 55 della stessa legge, "avviene agli effetti del concorso e fino alla chiusura del fallimento".
Si dovrebbe pertanto ritenere che la norma regola solo i rapporti tra i creditori all'interno della procedura e che non comporta, in conseguenza, alcun esonero del debitore per gli interessi; l'esclusione del pagamento degli interessi non potrebbe d'altra parte ricavarsi né dall'art. 55 della legge fallimentare, né dalla natura del concordato con cessione dei beni, nel quale non esiste una misura vincolata di soddisfacimento dei creditori, essendo soltanto previsto che essi si soddisferanno su quanto sarà ricavato dalla liquidazione dei beni ceduti dal debitore; ciò tanto più quando, come nel caso di specie, la somma disponibile é rappresentata dai frutti civili maturati sulle somme ricavate dalle liquidazione dei beni e quindi su somme già di spettanza dei creditori.
Ritiene pertanto la difesa che il riconoscimento degli interessi in questione dovrebbe derivare già in via di interpretazione dalla legge fallimentare mentre, se si dovesse ritenere che le norme fallimentari impediscano il pagamento di tali somme, emergerebbe evidente l'illegittimità costituzionale della norma sia, per la disparità di trattamento tra i creditori dell'imprenditore fallito ed i creditori dell'imprenditore che ha ceduto i suoi beni in quanto nel primo caso si avrebbe solo una sospensione del decorso degli interessi ai fini del concorso mentre nel secondo la sospensione consisterebbe in un'immotivata liberazione del debitore dal debito per interessi, sia sotto il profilo della irragionevolezza.
3. - Si é costituita anche la Edilmobiliare s.p.a. prospettando in via preliminare un difetto di rilevanza della questione dal momento che il giudizio a quo potrebbe essere definito indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione di legittimità costituzionale.
Ha osservato in proposito la difesa che nei riguardi delle parti private é stata resa, in data 27 gennaio 1984, sentenza di omologazione del concordato oramai passata in cosa giudicata, in base alla quale nella liquidazione ci si doveva attenere all'art. 1982 del codice civile secondo cui il residuo spetta al debitore; l'eventuale accoglimento della questione, a parere della difesa, "mai potrebbe retroagire nella nostra fattispecie" essendo impeditiva la preclusione del giudicato rappresentato dalla citata sentenza di omologazione.
Nel merito, ha rilevato la difesa che non sarebbe ravvisabile alcuna disparità di trattamento dal momento che le situazioni poste a raffronto dal giudice a quo, e cioè quella dei creditori chirografari che non partecipano ad una procedura concorsuale e quella dei creditori chirografari concordatari, non sono omogenee; né potrebbe parlarsi di irragionevolezza atteso che una volta intervenuto tra le parti il concordato con cessione dei beni il debitore si espone al rischio di rimanere totalmente sprovvisto del patrimonio pur di evitare il fallimento mentre i creditori chirografari si espongono anch'essi al rischio di perdere parte del capitale, pur di evitare la liquidazione fallimentare ritenuta più dannosa.
4. - É pure intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza della questione. Ha rilevato in proposito che, poiché la giurisprudenza della Cassazione collega strettamente il disposto dell'art. 55 della legge fallimentare alle esigenze del concorso ammettendo l'azione del creditore verso il debitore in fase post-fallimentare, la questione apparirebbe risolvibile in sede interpretativa senza che sia necessario un intervento della Corte costituzionale.
5. In prossimità dell'udienza sia le parti private costituite che l'Avvocatura generale dello Stato hanno presentato memoria insistendo per l'accoglimento delle già formulate conclusioni.
In particolare l'Avvocatura generale dello Stato ha rilevato che la questione andrebbe di chiarata inammissibile sul rilievo che la preclusione al pagamento degli interessi sui crediti chirografari maturati nel corso della procedura concordataria non dipenderebbe dalle norme impugnate bensì da alcune non ben individuate disposizioni della legge fallimentare che fanno del pactum de non petendo un elemento essenziale del concordato preventivo.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale di Bolzano con ordinanza emessa il 10 dicembre 1993, pervenuta a questa Corte il 17 giugno 1994, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 169 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), ove fa richiamo all'art. 55 della stessa legge, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
Secondo il giudice a quo la norma, con il prevedere la sospensione del decorso degli interessi sui crediti chirografari durante lo svolgi mento della procedura concorsuale anche nel caso in cui dal ricavato della vendita dei beni oggetto del concordato preventivo sia avanzato un residuo -che potrebbe essere utilizzato per il pagamento di tali interessi- sarebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza e determinerebbe altresì un'ingiustificata disparità di trattamento fra i creditori concordatari e quelli di soggetti non sottoposti a procedure concorsuali.
2. - Deve anzitutto ritenersi ammissibile la costituzione dell'Istituto Bancario S. Paolo di Torino per la prima volta in sede di giudizio incidentale di legittimità costituzionale, in quanto successore universale per avere incorporato la Banca Provinciale Lombarda S.p.a., che era parte nel giudizio principale.
3. - Sia le parti private costituite che l'Avvocatura generale dello Stato deducono l'inammissibilità della sollevata questione di costituzionalità sotto diversi profili.
Ha carattere preliminare l'eccezione di irrilevanza della questione nel giudizio a quo per il motivo che la stessa non sarebbe riferibile ai denunziati articoli 55 e 169 della legge fallimentare.
Osserva in proposito l'Avvocatura che "l'ostacolo all'accoglimento della domanda del creditore deve rinvenirsi nella diversa norma, peraltro non esattamente individuata, che fa del pactum de non petendo un elemento essenziale del concordato approvato".
L'eccezione non merita accoglimento.
Anche se il giudice a quo afferma molto concisamente che "adempiuto il concordato nulla può più richiedersi al debitore per i debiti pregressi", facendo discendere da questa premessa che la sospensione prevista dai menzionati artt.55 e 169 legge fallimentare vada intesa come estinzione degli interessi maturati nel corso della procedura (effetto che però lo stesso giudice sospetta di illegittimità costituzionale), in realtà l'Autorità rimettente non ha inteso ancorare tale estinzione né ad un pactum de non petendo di carattere negoziale, né ad un'altra specifica norma della disciplina del concordato preventivo, ma la ritiene una connaturale conseguenza della fisionomia dell'istituto.
Del resto la dottrina e la giurisprudenza nel distinguere fra fallimento e concordato preventivo a proposito della sorte degli interessi maturati nel corso della procedura, si sono riferite sempre e soltanto ai citati articoli, pur se con argomenti desumibili dalla portata delle diverse discipline delle due procedure concorsuali.
Esattamente quindi gli articoli che dovevano essere denunziati dal giudice a quo erano appunto quelli che specificamente riguardano i predetti interessi, e non altre norme dalle quali discendo no le caratteristiche distintive delle due procedure.
4. - L'Istituto Bancario S. Paolo di Torino e l'Avvocatura Generale dello Stato sostengono che il giudice avrebbe potuto e dovuto definire la questione interpretando la disposizione in modo conforme ai principi costituzionali senza bisogno di rimetterla a questa Corte.
L'eccezione non é condivisibile.
Invero, pur avendo questa Corte più volte affermato (da ultimo sentenze nn. 121, 149 e 255 del 1994) che il giudice rimettente, a fronte di diverse interpretazioni della norma della cui legittimità costituzionale si dubita, é tenuto a adottare quella conforme al parametro costituzionale altrimenti vulnerato, nella specie il giudice a quo -conformemente all'orientamento quasi pacifico della dottrina e della giurisprudenza- ritiene che l'unica interpretazione possibile degli impugnati artt.55 e 169 della legge fallimentare sia quella in base alla quale, una volta adempiuto il concordato nulla é più dovuto dal debitore nemmeno per gli interessi "sospesi" durante la procedura concorsuale; ma dubita che tale interpretazione sia conforme ai principi costituzionali invocati.
5. - La s.p.a. Edilmobiliare deduce l'inammissibilità della questione rilevando che il concordato preventivo é basato su un accordo delle parti, insuscettibile di sindacato di costituzionalità, e che comunque la questione di legittimità sarebbe preclusa dal passaggio in giudicato della sentenza di omologazione che ha definitivamente fissato i limiti di quanto dovuto, facendo anche richiamo all'art. 1982 c.c.
Se con tale eccezione si intende affermare che la preclusione al pagamento degli interessi deriva, non già dalla norma impugnata, ma da altre norme relative agli effetti dell'accordo di natura negoziale alla base del concordato preventivo, valgono anche in tal caso le argomentazioni svolte riguardo alla precedente eccezione di inammissibilità.
Ove invece si intende considerare la forza preclusiva derivante dalla sentenza di omologazione del concordato in cui tale accordo é assorbito, va osservato che in realtà il giudicato spiega detta forza preclusiva con riguardo alla definita ed esaurita procedura concorsuale, ma non incide sui rapporti fra debitori e creditori successivi alla chiusura della suddetta procedura (tant'é che l'art. 120 ha disciplinato per il fallimento questa successiva situazione).
Ne consegue che deve ritenersi persistente la rilevanza della questione relativamente al mancato ripristino delle stesse ragioni anche per i creditori del concordato.
6. - Nel merito la questione é infondata.
Il giudice rimettente non si duole della irragionevolezza delle norme relative alla sospensione durante la procedura concorsuale del corso degli interessi sui debiti pecuniari, riconoscendo che le stesse hanno una loro "razionalità ai fini di una equa distribuzione delle perdite fra tutti i creditori concorrenti".
A tale affermazione può aggiungersi, anche in base a quanto già affermato da questa Corte (sentenza n. 242 del 1994), che detta sospensione risponde all'esigenza delle procedure concorsuali di cristallizzare la massa passiva evitando sia l'ammissione di nuovi crediti che la lievitazione (con gli interessi) di quelli già esistenti, al fine di impedire un ulteriore deterioramento delle condizioni patrimoniali del debitore e per assicurare meglio la par condicio soddisfacendo almeno in parte anche i crediti infruttiferi; tanto più che la durata della procedura non é direttamente riconducibile al debitore.
Tali considerazioni valgono anche con riguardo al concordato preventivo, in quanto procedura concorsuale con struttura avente analoghe finalità liquidatorie e satisfattive.
7 - Il Tribunale di Bolzano limita la denunzia di incostituzionalità al profilo che la prevista sospensione del corso degli interessi durante la procedura concordataria, se può essere ritenuta razionale ai fini di un'equa distribuzione fra tutti i creditori concorrenti, non può più dirsi tale nel caso in cui i creditori vengano interamente soddisfatti per capitale, interessi precedenti e spese, ed avanzino altri fondi. In questo caso si determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra i creditori concordatari ed i creditori di soggetti non sottoposti a procedura concorsuale che vedono soddisfatto integralmente il proprio credito per capitale ed interessi.
8. - Va premesso in proposito che, parte della giurisprudenza giustifica la non operatività della sospensione degli interessi nel caso di concordato per cessione dei beni, in considerazione della sua natura (suppletiva dell'autonomia negoziale) di datio in solutum o di pactum de non petendo, mentre la prevalente dottrina perviene alla stessa giustificazione sotto il profilo dei peculiari caratteri di detto processo esecutivo.
In particolare, nel concordato preventivo, per quanto trattasi di un pubblico processo concorsuale, viene pur sempre a stabilirsi un equilibrio dei vantaggi e dei rischi delle due parti: da un lato il debitore, cedendo tutti i suoi beni, mira a non incorrere nelle gravi conseguenze civili e penali del fallimento chiudendo subito e definitivamente la sua situazione debitoria senza ulteriori strascichi circa le richieste di capitale o interessi; e, dall'altro, i creditori accettano di realizzare rapidamente, in tutto o in parte, le loro ragioni attraverso l'immediata disponibilità di quei beni. Una pretesa successiva all'adempimento del concordato, avente ad oggetto gli interessi "sospesi" (o, come si sostiene in dottrina "estinti" per effetto della omologazione che ha cristallizzato definitivamente tutto quanto dovuto, sia per capitale che per interessi), snaturerebbe questa figura concorsuale, alterando il predetto equilibrio.
Da queste considerazioni discende la razionale giustificazione della diversità di trattamento dei creditori concordatari, non solo rispetto a quelli del fallimento, ma anche rispetto ai credi tori di debitore non coinvolto in alcuna procedura concorsuale. Anzi la disomogeneità di quest'ultima posizione appare ancor più evidente, non essendo prevista in questa diversa situazione alcuna sospensione del corso di interessi, data la mancanza sia di un fondamentale accordo transattivo, sia di qualsivoglia procedura esecutiva collettiva.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 169 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), ove fa richiamo all'art. 55 della stessa legge, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione dal Tribunale di Bolzano con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in cancelleria il 30/12/94.