SENTENZA N. 441
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della delibera legislativa del Consiglio regionale del Lazio riapprovata il 20 aprile 1994 avente per oggetto: "Testo unico, con modificazioni ed integrazioni, delle disposizioni concernenti la FI.LA.S. s.p.a., Finanziaria laziale di sviluppo), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 26 maggio 1994, depositato in cancelleria il 1° giugno successivo ed iscritto al n. 46 del registro ricorsi 1994.
Udito nell'udienza pubblica del 22 novembre 1994 il Giudice relatore Francesco Guizzi;
udito l'Avvocato dello Stato Franco Favara, per il ricorrente.
Ritenuto in fatto
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, per violazione degli artt. 2, 3 e 117 della Costituzione e segnatamente del limite del diritto privato che incombe sull'esercizio delle competenze regionali, la delibera legislativa del Consiglio regionale del Lazio (Testo unico, con modificazioni ed integrazioni, delle disposizioni concernenti la FI.LA.S. s.p.a., Finanziaria laziale di sviluppo) approvata, la prima volta, il 13 ottobre 1993, e riapprovata con modifiche, a seguito di rinvio governativo, il 20 aprile 1994.
Il ricorrente censura, in particolare, l'art.4 della delibera legislativa in esame che, disciplinando l'assetto organizzativo della FI.LA.S. s.p.a. (Finanziaria laziale di sviluppo), già costituita con legge regionale 15 febbraio 1974, n. 13, contempla fra gli organi societari il presidente laddove l'art. 2380, terzo comma, del codice civile prevede solo un presidente del consiglio di amministrazione da questo prescelto.
Il comma 2 del citato art. 4 ha subìto, in sede di riapprovazione, una modifica nella quale si fa riferimento agli artt. 2458, 2460 e 2386 del codice civile: l'intento era quello di recepire le indicazioni contenute nell'atto governativo di rinvio, ma l'adeguamento risulta incongruo sul piano della tecnica legislativa (nel comma 2 vengono menzionati l'art. 2386, mentre l'atto di rinvio indica l'art.2396 e l'art. 2460, che però non è pertinente a quanto disposto dal comma), ed è contraddetto dalla parte successiva dello stesso comma 2, con gravi incertezze circa la validità e l'efficacia degli atti societari. L'art. 2458 codice civile dispone, infatti, che quando lo Stato o altro ente pubblico partecipa ad una società per azioni, l'atto costitutivo della società (e non una legge regionale o altro atto autoritativo) può conferire a tale soggetto la facoltà, e non la competenza esclusiva, di nominare uno o più amministratori o sindaci, mentre la norma impugnata prevede la designazione, da parte della Regione, di un numero di consiglieri e sindaci in proporzione alla quota di capitale posseduta.
Quanto al comma 4 dell'art. 4, esso è affetto dai medesimi vizi: l'obbligo, per l'assemblea, di tener conto delle designazioni della Regione al momento di nominare i componenti del consiglio di amministrazione e il collegio sindacale, indebolisce l'efficacia di queste ultime rispetto alle <nomine> previste dall'art. 2458 codice civile e alle stesse regole poste dal comma 2 sul numero degli amministratori e sindaci di designazione regionale. Il secondo periodo del comma 4, in base al quale l'assemblea nomina il presidente della FI.LA.S. fra i componenti indicati dalla Regione, comprime la libertà dell'assemblea e indebolisce il consiglio d'amministrazione, in contrasto com'è con l'art. 2460 codice civile, il quale riserva la presidenza soltanto ai componenti nominati per il collegio sindacale.
Il successivo comma 5 prevede il numero minimo e quello massimo degli amministratori, ma la mate ria è rimessa dall'art. 2380, codice civile, all'atto costitutivo della società.
Il comma 6 dell'art. 4 disciplina la nomina del direttore generale e dei rappresentanti della FI.LA.S. negli organi delle società partecipate, attribuendo al presidente un potere di proposta: la legge regionale non può comunque interferire nell'organizzazione di una società per azioni, e ancor meno nelle vicende di società ed enti nei quali la FI.LA.S. assume partecipazioni minoritarie, ai sensi dell'art.3, comma 2, lett. a), del testo in esame.
L'art. 5, comma 1, detta, poi, una norma che appare irragionevole, e non consentita dal codice civile, se applicata ai componenti del consiglio di amministrazione non espressi dalla Regione.
In conclusione, il ricorrente osserva che non vi è alcun bisogno di un intervento legislativo per assicurare al socio che ha la maggioranza assoluta delle azioni (art. 2, comma 1, del testo in esame) quanto occorre per conseguire i fini di cui all'art. 4; chiede dunque la caducazione, nell'art. 4, dei commi 1, 2, 4, 5 e del primo periodo del comma 6, nonchè una pronuncia <manipolativa> del comma 1 dell'art. 5 o, quanto meno, una sua inter pretazione correttiva.
Considerato in diritto
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna la delibera legislativa approvata dal Consiglio regionale del Lazio, una prima volta il 13 ottobre 1993 e poi, a seguito di rinvio governativo, il 20 aprile 1994, contenente il testo unico delle disposizioni concernenti la FI.LA.S. s.p.a. (Finanziaria laziale di sviluppo). Il ricorrente censura, in realtà, soltanto l'art. 4, commi 1, 2, 4, 5, 6 primo periodo, e l'art. 5, comma 1 (di quest'ultimo suggerendo, invero, un'interpretazione correttiva), perchè la Regione avrebbe oltrepassato il limite del diritto privato, e a tal fine richiama, quali parametri, gli artt. 2, 3 e 117 della Costituzione.
Con particolare riguardo all'art. 4, contesta l'inclusione del presidente tra gli organi societari (comma 1), in aggiunta a quelli stabiliti dal codice civile: assemblea, consiglio di amministrazione e collegio dei sindaci; la prevista designazione, da parte della Regione, di un numero di consiglieri e sindaci in proporzione alla quota di capitale posseduta (comma 2); il meccanismo di nomina dei componenti del consiglio d'amministrazione e del collegio dei sindaci (comma 4); la determinazione del numero minimo e massimo dei consiglieri ad opera della legge, anzichè dell'atto costitutivo (comma 5); la nomina del direttore generale su proposta del presidente (comma 6, primo periodo).
2. Le censure mosse all'art. 4 sono fondate.
Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, il limite del diritto privato vieta alle leggi regionali di derogare alla normativa statale nella sfera dei rapporti intersoggettivi attinenti alle società: la normativa regionale deve, infatti, applicare le norme del codice civile o, in generale, la disciplina introdotta dallo Stato per detti rapporti. Sono ammissibili le deroghe alla legislazione di diritto privato nell'area dei rapporti che intercorrono tra la società privata e l'amministrazione regionale, ma è necessario che esse non rechino violazione dei principi civilistici, ancorchè indiretta, e non risultino manifestamente irragionevoli (fra le varie, v. la sent. n. 35 del 1992).
Alla luce di tali premesse, appare evidente l'illegittimità delle disposizioni contenute nel citato art. 4, prima menzionate.
Il comma 1 include tra gli organi societari, in aggiunta a quelli individuati dal codice civile, il presidente (laddove l'art. 2380, terzo comma, del codice civile contempla solo un presidente del consiglio di amministrazione, da questo prescelto).
Il comma 2, che riconosce direttamente alla Regione il potere di designare consiglieri e sindaci, esordisce con una clausola di salvaguardia degli artt. 2458, 2460 e 2386 del codice civile; ma non basta tale rinvio ad assicurare la conformità della normativa regionale a quella del codice civile (l'art. 2458 dispone che quando lo Stato o altro ente pubblico partecipa ad una società per azioni, sia l'atto costitutivo della società - e non, dunque, la legge regionale - a conferire a tale soggetto la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci).
Il comma 4 introduce un meccanismo che palesemente si discosta dallo schema codicistico, e segnatamente dagli artt. 2458 e 2460. Quanto al comma 5, la materia va rimessa, ai sensi dell'art. 2380 codice civile, all'atto costitutivo della società.
Il comma 6, nel disciplinare la nomina del direttore generale e dei rappresentanti della FI.LA.S. negli organi delle società partecipate, interferisce nell'organizzazione della società per azioni e dei soggetti nei quali la FI.LA.S. assume partecipazioni minoritarie. E per tale ragione partecipa dei motivi di illegittimità che inficiano le disposizioni prima indicate.
3. Il ricorrente si duole, poi, dell'irragionevolezza dell'art. 5, comma 1, del quale suggerisce una <manipolazione> o, quanto meno, un'interpretazione correttiva. Ma su tale disposizione la censura è inammissibile: nell'atto di rinvio della delibera consiliare del 13 ottobre 1993, sotto scritto dal Ministro per gli affari regionali il 12 novembre 1993, l'unico articolo cui si fa riferimento è l'art. 4, per il denunziato contrasto con la disciplina privatistica degli artt. 2458, 2460 e 2396 codice civile. Non si menziona l'art. 5, e il ricorso deve dunque ritenersi, per questa parte, inammissibile.
4. Occorre aggiungere che norme analoghe a quelle censurate erano già presenti nella legge regionale 15 febbraio 1974, n. 13, che provvede alla costituzione della FI.LA.S. s.p.a. In particolare, l'art. 4, primo comma, e l'art. 5, primo e secondo comma, contengono norme sulla struttura organizzativa della FI.LA.S. e delle società in cui quest'ultima ha partecipazioni, che sono affette dagli stessi vizi illustrati trattando dell'art. 4 del testo impugnato.
Occorre dunque dichiararne, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che è applicabile anche ai giudizi di legittimità costituzionale in via principale, secondo quanto già chiarito da questa Corte (sent. n. 34 del 1961).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1, 2, 4, 5, 6, primo periodo, della delibera legislativa approvata dal Consiglio regionale del Lazio il 13 ottobre 1993, e riapprovata il 20 aprile 1994 (Testo unico con modificazioni ed integrazioni delle disposizioni concernenti la FI.LA.S. s.p.a., Finanziaria laziale di sviluppo;
dichiara altresì in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, e dell'art. 5, primo e secondo comma, della legge della Regione Lazio 15 febbraio 1974, n. 13 (Costituzione della FI.LA.S. s.p.a. - Finanziaria laziale di sviluppo);
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della stessa delibera legislativa sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 117 della Costituzione, con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositata in cancelleria il 23/12/94.