Ordinanza n. 428 del 1994

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ORDINANZA N. 428

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 15, quarto comma septies, della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), introdotto dall'art.1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16 (Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali), promosso con ordinanza emessa il 20 ottobre 1993 dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sul ricorso proposto da Serio Ambrogio contro il ministero delle finanze ed altra, iscritta al n. 512 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1994.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

 

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con ordinanza del 20 ottobre 1993, ha denunciato, in riferimento agli artt. 3, 4, 35, 36 e 97 della Costituzione, l'illegittimità dell'art. 15, quarto comma septies, della l.19 marzo 1990, n. 55 introdotto dall'art. 1 della l. 18 gennaio 1992, n. 16 nella parte in cui prevede la sospensione del pubblico dipendente che abbia riportato sentenza di condanna per i delitti indicati nelle lettere a), b), c) e d) di cui al prece dente primo comma, ovvero nei cui confronti sussistano le condizioni di cui alle lettere e) ed f) dello stesso primo comma;

 

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

 

Considerato che la questione sollevata con la presente ordinanza è stata dichiarata non fondata (sent. n. 184 del 1994) e manifestamente infondata (ord. n.370 del 1994);

 

che con le summenzionate decisioni questa Corte ha statuito che la sospensione ex art. 15, quarto comma septies, della l. n. 55 del 1990, introdotto dall'art. 1, l. n. 16 del 1992, consiste "in un provvedimento cautelare di carattere speciale ed obbligatorio che si colloca, per le fattispecie cui si riferisce, accanto a figure generali, come la sospensione cautelare, prevista per gli impiegati civili dello Stato dall'art. 91 del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3;

 

che "la fase di quiescenza della posizione soggettiva del pubblico dipendente, aperta dal provvedimento di sospensione ex art. 15, quarto comma septies citato, è connessa ad una specifica normativa diretta a tutelare interessi essenziali della P.A.;

 

che, difatti, la ratio della l. n. 16 del 1992, è stata individuata da questa Corte "nella esigenza di rafforzare la disciplina già posta dalla l. n. 55 del 1990, estendendone talune qualificanti previsioni - inizialmente riferite ai soggetti legati alla P.A. da rapporto di servizio onorario, elettivo o non - a pubblici dipendenti legati alla stessa da rapporto di servizio, che possono talora versare in condizione di potenziale maggiore pericolosità e, quindi, essere fonte di possibili maggiori danni";

 

che, pertanto, l'automaticità della sospensione di cui alla norma impugnata è strettamente preordinata alla tutela del principio posto dall'art. 97, primo comma, della Costituzione;

 

che nell'ordinanza di rimessione non sono stati dedotti profili nuovi rispetto a quelli già esaminati dalla Corte;

 

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, quarto comma septies, della l. 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), introdotto dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16 (Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 35, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con ordinanza emessa il 20 ottobre 1993.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 05/12/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Gabriele PESCATORE, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 14/12/94.