ORDINANZA N. 427
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma ter, della legge 13 maggio 1988, n. 154 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, recante norme in materia tributaria nonchè per la semplificazione delle procedure di accatastamento degli immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 25 marzo 1993 dalla Commissione tributaria centrale sul ricorso proposto dall'Intendenza di finanza di Roma contro Scipioni Vincenzo, iscritta al n. 282 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.
Ritenuto che la Commissione tributaria centrale - nel corso di un giudizio volto ad ottenere il rimborso dell'Irpef trattenuta sulla indennità di buonuscita Enpas, spettante al ricorrente, in relazione ai contributi previdenziali da quest'ultimo versati per il riscatto di taluni periodi di anzianità convenzionale - con ordinanza del 25 marzo 1993, ha sollevato questione relativa all'art. 1, terzo comma ter, l.13 maggio 1988, n. 154 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, recante norme in materia tributaria nonchè per la semplificazione delle procedure di accatastamento degli immobili urbani);
che, secondo il remittente, l'art. 1, comma terzo ter, l.n. 154 del 1988, disponendo che quella parte di indennità (equipollente al trattamento di fine rapporto, comunque denominata) formata da contributi previdenziali a totale carico del dipendente sia sottratta alla imposizione fiscale senza operare - al riguardo - alcuna distinzione tra con tributi volontari e contributi obbligatori si porrebbe in contrasto con i principi affermati da questa Corte con la sentenza n. 42 del 1992 e segnatamente con il principio che esclude la esenzione impositiva dalle quote di indennità afferente agli anni ammessi a riscatto, in quanto fondati sulla contribuzione volontaria;
che, ciò premesso, il giudice a quo si chiede se il disposto di cui all'art. 1, comma terzo ter della l. n. 154 del 1988 - ammettendo la esenzione dal prelievo fiscale in ordine alla indennità di buonuscita comunque formata (contribuzioni volontarie od obbligatorie) - "incorra nella lesione di un principio preclusivo, ponendosi fuori dall'ordinamento costituzionale";
che, peraltro e ad avviso del giudice a quo, l'art. 1 succitato sarebbe conforme agli artt. 38 e 53 Cost.; all'art.38 in quanto la volontarietà del diritto di riscatto non determinerebbe necessariamente la caducazione del carattere previdenziale degli accantonamenti dell'interessato, finalizzati al conseguimento di una nota addizionale di fine rapporto, a maggior tutela del futuro suo e della famiglia ed all'art. 53 Cost. in quanto la predetta indennità, essendo il risultato della maturazione nel tempo dei frutti prodotti dai provvidi accantonamenti effettuati dallo stesso beneficiario della indennità, in tempi antecedenti al collocamento a riposo non costituirebbe reddito e non sarebbe, pertanto, tassabile;
che nel giudizio è intervenuta l'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e - solo in subordine - infondata.
Considerato che la questione sollevata dalla Commissione tributaria centrale prospetta un dubbio interpretativo e non fa propria alcuna delle possibili soluzioni, pur enunciate, della norma impugnata e non consente quindi di identificare lo stesso thema decidendi;
che il sindacato di costituzionalità non è preordinato a valutare l'incertezza in ordine alla applicabilità delle norme, bensì ad eliminare la norma viziata;
che, pertanto, la soluzione della questione rimessa dal giudice a quo, concernendo la interpretazione e la applicabilità al caso concreto di una disposizione di legge, non rientra nell'ambito del sindacato di costituzionalità il quale ha - per oggetto - la conformità delle leggi alle norme della Costituzione.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, ter della legge 13 maggio 1988, n. 154 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, recante norme in materia tributaria nonchè per la semplificazione delle procedure di accatastamento degli immobili urbani), sollevata dalla Commissione tributaria centrale, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 05/12/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Gabriele PESCATORE, Redattore
Depositata in cancelleria il 14/12/94.