Sentenza n.347 del 1994

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 347

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del- l'art. 63, secondo comma, della legge 8 giugno 1990, n.142 (Ordinamento delle autonomie locali) e del decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 251 (Istituzione della Provincia di Lodi), ordinanza emessa il 5 aprile 1993 dal Giudice conciliatore di Codogno nel procedimento civile vertente tra Enrico Palma e Mario Dragoni, iscritta al n. 261 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.24 prima serie speciale dell'anno 1993.

Visto l'atto di costituzione di Mario Dragoni nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 luglio 1994 il Giudice relatore Enzo Cheli;

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel procedimento civile tra Enrico Palma e Mario Dragoni il giudice conciliatore di Codogno, con ordinanza del 5 aprile 1993 (R.O. n.261 del 1993), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 63, secondo comma, della legge 8 giugno 1990, n.142 (Ordinamento delle autonomie locali), per contrasto con gli artt.76 e 133 della Costituzione, nonchè nei confronti del decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 251 (Istituzione della Provincia di Lodi), per eccesso di delega, con riferimento agli artt. 16 e 63, secondo e terzo comma, della suddetta legge n. 142 del 1990.

Nell'ordinanza di rinvio si espone che il convenuto nel giudizio a quo, Mario Dragoni - dopo essersi impegnato ad effettuare la consegna di certificati di credito del Tesoro per l'importo di otto milioni presso uno sportello bancario della Provincia di Milano - ha messo tale somma a disposizione dell'attore, Enrico Palma, presso uno sportello bancario di Codogno, località compresa nella Provincia di Lodi, di recente istituita. Da qui la domanda avanzata dall'attore, relativa al pagamento della penale pattuita per l'inadempimento dell'obbligazione.

Tanto premesso, il giudice remittente, richiamando quanto esposto nella comparsa di costituzione del convenuto ed in un parere legale allegato alla stessa comparsa, prospetta le questioni di costituzionalità di cui è causa nei seguenti termini:

"1) dubbia costituzionalità dell'art. 63, comma secondo, della legge n.142 dell'8 giugno 1990 (che prevede delega legislativa per l'< istituzione di nuove Province tra l'altro segnatamente della Provincia di Lodi .. per .. le aree territoriali nelle quali, alla data del 31 dicembre 1989, è stata già avviata formale iniziativa..>), in ragione della probabile insuscettibilità di delega legislativa per la modificazione delle circoscrizioni provinciali (violazione e falsa applicazione degli articoli 76 e 133 della Costituzione);

"2) probabile incostituzionalità del decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 251, anche per eccesso di delega rispetto agli articoli 63 (commi secondo e terzo) e 16, della legge 8 giugno 1990, n. 142, sotto i seguenti profili:

"2.1) espressione del parere della Regione Lombardia, di cui al comma secondo dell'articolo 63 della legge 8 giugno 1990 n. 142, oltre il termine dei sei mesi dall'entrata in vigore della legge medesima, quindi probabile violazione dell'art. 63, comma secondo;

"2.2) espressione del predetto parere da parte della Giunta regionale della Lombardia, anzichè del Consiglio regionale, con verosimile inosservanza dell'art. 6 dello statuto della Regione Lombardia approvato con legge 22 gennaio 1971, n. 339;

"2.3) recepimento, quali "iniziative" dei Comuni, di cui all'art. 133, primo comma, della Costituzione, con violazione probabile di tale norma, di deliberazioni dei Consigli comunali interessati, anteriori di circa dieci anni, pertanto inattuali, quanto a premesse demografiche, sociali, politiche ed economiche, inoltre non correlate ai < criteri ed indirizzi> di cui all'articolo 16, comma secondo, della legge 8 giugno 1990, n. 142 e pertinenti comunque ad un'area territoriale diversa da quella che è stata costituita come Provincia di Lodi dal decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 251 (probabile violazione anche dell'art. 16, comma secondo, citato);

"2.4) istituzione della Provincia di Lodi anteriormente alla delimitazione territoriale dell'area metropolitana di Milano ed in ogni modo senza valutazione della compatibilità della istituzione della nuova Provincia con la predetta, futura area metropolitana; probabile violazione del comma secondo dell'art. 63 della legge di delega 8 giugno 1990, n. 142." Ad avviso del giudice remittente tali questioni si presentano rilevanti e non manifestamente infondate ai fini della decisione della causa.

2. - L'ordinanza è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 giugno 1993.

In data 10 luglio 1993 si è costituita in giudizio, fuori termine, la parte convenuta nel giudizio a quo, producendo una memoria di costituzione, cui sono seguite, nel corso del procedimento, due ulteriori memorie illustrative.

3. - Nel giudizio ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque manifestamente infondata.

In primo luogo l'Avvocatura sostiene che non sarebbe possibile individuare, con la necessaria precisione, la rilevanza delle questioni sollevate, dal momento che l'ordinanza di rinvio non fornirebbe una adeguata e comprensibile rappresentazione dei termini della controversia.

In particolare, non risulterebbero chiari nè la natura del rapporto de dotto in giudizio nè la portata che l'individuazione del luogo in cui i titoli di credito sono stati depositati assume per la definizione della lite. Un ulteriore profilo di inammissibilità deriverebbe poi dal fatto che l'ordinanza di rinvio è motivata per relationem, essendosi il giudice remittente limitato a sintetizzare le argomentazioni svolte in un parere legale allegato agli atti e a ricalcare l'esposizione contenuta nella memoria difensiva del convenuto.

Nel merito, le questioni sono ritenute dal- l'Avvocatura manifestamente infondata.

Al riguardo si ricorda che nell'ordinanza di rinvio si avanza un dubbio sulla possibilità per il Parlamento di delegare al Governo l'emanazione di decreti legislativi per l'istituzione di nuove Provincie - come ha fatto l'art. 63 della legge 142 del 1990 - sul rilievo che le leggi provvedimento non sarebbero delegabili. Ad avviso dell'Avvocatura una riserva di legge formale sussisterebbe solo quando la Costituzione attribuisce al Parlamento determinate materie inerenti ai rapporti tra organi costituzionali, mentre per le leggi provvedimento non ricorrerebbe comunque un divieto assoluto di delegazione.

Nè il divieto di delega potrebbe, in questo caso, derivare dal fatto che è in gioco una legge "rinforzata", dal momento che tale categoria di leggi è caratterizzata da particolari adempimenti nell'iter formativo, senza che ne derivi una posizione differenziata nel sistema gerarchico delle fonti.

Per quanto riguarda tutti gli altri profili - incentrati su di un preteso eccesso di delega del decreto legislativo n. 251 del 1992, istitutivo della Provincia di Lodi - l'Avvocatura rileva che le censure mosse nell'ordinanza di rinvio riguarda no pretese inosservanze della legge n. 142 del 1990, senza investire in alcun modo prescrizioni costituzionali.

In ogni caso sarebbe ininfluente il richiamo alla pretesa inosservanza del termine di sei mesi per l'emissione del parere della Regione, trattandosi di iniziative già assunte in precedenza, secondo quanto previsto dal secondo comma dell'art. 63 della legge n. 142 del 1990.

Nè avrebbe rilievo costituzionale il dato che il parere della Regione Lombardia provenga, in violazione dello statuto regionale, dalla Giunta anzi chè dal Consiglio, investendo tale questione sol tanto l'organizzazione interna regionale senza assumere rilievo costituzionale.

Infine, dalle norme costituzionali non emergerebbero indicazioni sui termini di validità delle iniziative adottate dai Comuni nè sarebbe desumibile il condizionamento dell'istituzione di nuove Province alla previa delimitazione dell'area metropolitana.

4. - La causa veniva presa in esame nella camera di consiglio del 17 novembre 1993, a seguito della quale la Corte adottava l'ordinanza istruttoria 11 gennaio 1994, dove si disponeva di richiedere al Ministero dell'interno gli atti relativi al procedimento di formazione del decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 251 e, in particolare, gli atti di iniziativa adottati dai Comuni interessati ai fini della costituzione della nuova Provincia, i pareri espressi dalla Regione Lombardia, gli atti della stessa Regione concernenti la delimitazione dell'area metropolitana, i pareri espressi dalle Commissioni affari costituzionali della Camera e del Senato.

5. - Esaurita l'istruttoria, la causa è stata portata in decisione nella camera di consiglio del 6 luglio 1994.

In prossimità di tale data, l'Avvocatura dello Stato ha prodotto una memoria dove si ribadisce l'infondatezza delle questioni sollevate anche alla luce dei nuovi documenti acquisiti agli atti del processo.

Considerato in diritto

 

1. Il giudice conciliatore di Codogno solleva questione di legittimità costituzionale nei con fronti: A) dell'art. 63, secondo comma, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali) per violazione degli artt. 76 e 133 della Costituzione, dal momento che la norma impugnata ha affidato l'istituzione delle nuove Province ivi previste a leggi delegate; B) del decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 251 (Istituzione della Provincia di Lodi) per eccesso di delega, con riferimento agli artt. 16 e 63, secondo e terzo comma, della legge n. 142 del 1990, per essere stato lo stesso decreto legislativo adottato (a) sulla base di un parere della Regione Lombardia espresso oltre il termine di sei mesi indicato dall'art. 63, secondo comma, della legge n. 142, (b) formulato dal la Giunta anzichè dal Consiglio regionale, (c) assumendo a presupposto iniziative comunali anteriori di circa dieci anni, non correlate ai "criteri ed indirizzi" di cui all'art. 16, secondo comma, della legge n. 142 e, comunque, pertinenti ad un'area territoriale diversa da quella inizialmente individuata come Provincia di Lodi, (d) senza aver provveduto preventivamente alla delimitazione territoriale dell'area metropolitana di Milano.

2. Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità prospettate dalla Presidenza del Consiglio sul presupposto che l'ordinanza sarebbe stata motivata per relationem e non consentirebbe, comunque, di individuare la rilevanza delle questioni proposte.

Tali eccezioni non possono essere accolte.

L'ordinanza di rimessione offre, infatti, una motivazione autonoma alle questioni proposte quando, pur ricalcando le argomentazioni espresse nella comparsa di risposta del convenuto del processo a quo (recepite, a loro volta, da un precedente pare re legale allegato agli atti), dichiara di condividere le stesse argomentazioni, assumendole come proprie. La stessa ordinanza chiarisce, d'altro canto, in termini adeguati il profilo della rilevanza, nella parte in cui richiama il collegamento esistente tra l'inadempimento contestato e la col locazione nella Provincia di Lodi (anzichè nella Provincia di Milano) dello sportello bancario presso cui è stato effettuato il deposito dei titoli, collegamento idoneo a individuare la pregiudizialità della questione sollevata sia rispetto alla valutazione della correttezza dell'adempimento che al rigetto della domanda avanzata dall'attore.

3. Nel merito le questioni non sono fondate.

L'art. 133 della Costituzione dispone che al mutamento delle circoscrizioni provinciali esistenti o alla istituzione di nuove Province nell'ambito di una Regione si possa giungere mediante "legge della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione".

Questa procedura non esclude che l'istituzione di una nuova Provincia (o la modifica della circoscrizione di una Provincia esistente) possa essere effettuata, oltre che con legge formale delle Camere, anche mediante il ricorso ad una delega legislativa, nel rispetto dei limiti richiamati nell'art. 76 della Costituzione. Il che, nella specie, è avvenuto mediante l'art. 63 della legge n.142 del 1990 e, in particolare, mediante la disciplina posta con il secondo comma di tale articolo, nei cui confronti si appunta la prima delle censure di costituzionalità prospettate dall'ordinanza in esame.

Nè contro tale soluzione potrebbe valere il richiamo all'esistenza di un principio di non delegabilità delle "leggi-provvedimento" ovvero il rilievo che lo strumento da adottare è, in questo caso, una legge "rinforzata", caratterizzata da particolari adempimenti procedurali fissati dalla stessa Costituzione.

Nè l'uno nè l'altro di tali argomenti può, infatti, valere al fine di dare fondamento alla censura in questione, ove si consideri che questa Corte ha da tempo ammesso la possibilità che il Governo adotti, in sede di legislazione delegata, anche atti con forza di legge a contenuto particolare (sent. n. 60 del 1957), mentre non è dato individuare ostacoli di natura costituzionale suscettibili di impedire che gli adempimenti procedurali destinati a "rinforzare" il procedimento (e consistenti nell'iniziativa dei Comuni e nel parere del la Regione) possano intervenire, oltre che in relazione alla fase di formazione della legge di delegazione, anche successivamente alla stessa, con riferimento alla fase di formazione della legge delegata (come è avvenuto nel caso in esame per quanto concerne il parere della Regione).

La censura formulata nei confronti dell'art. 63, secondo comma, della legge n. 142 del 1990 va, di conseguenza, riconosciuta infondata.

4. Per quanto concerne i profili di incostituzionalità denunciati nei confronti del decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 251, per violazione del- l'art. 76 della Costituzione (eccesso di delega), con riferimento agli artt. 16 e 63, secondo e terzo comma, della legge n. 142 del 1990, si può, in particolare, rilevare:

a) alla luce degli atti del procedimento prodotti dal Ministero dell'interno risulta che il parere formulato dalla Regione Lombardia ai sensi del secondo comma dell'art. 63 della legge n. 142 non è - diversamente da quanto pare evincersi dall'ordinanza del giudice a quo - quello adottato dalla Giunta regionale con la delibera in data 28 gennaio 1992 (che concerne, invece, il parere sullo schema di decreto legislativo di cui al quarto comma dello stesso art. 63), bensì quello approvato con la delibera del Consiglio regionale in data 21 dicembre 1990.

Vero è che anche questo parere è stato adottato oltre il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 142 del 1990, indicato nell'art. 63, secondo comma, della stessa legge (termine che veniva a scadere il 13 dicembre 1990), ma tale evenienza non appare idonea a determinare l'illegittimità contestata, dal momento che il termine di cui è causa, per la stessa natura del procedimento in esame, va ragionevolmente qualificato come sollecitatorio e non perentorio.

b) La censura formulata in relazione all'asserita incompetenza della Giunta regionale all'adozione del parere di cui all'art. 63, secondo comma, della legge n. 142 del 1990 appare superata alla luce della precisazione appena richiamata, essendo stato il parere in questione approvato non dalla Giunta, ma dal Consiglio regionale.

c) Non assume rilievo sul piano della legittimità costituzionale il profilo denunciato nell'ordinanza con riferimento al tempo trascorso dalle iniziative comunali ed al fatto che tali iniziative non corrisponderebbero più alle attuali condizioni demografiche, sociali, politiche ed economiche dei vari Comuni.

Il secondo comma dell'art. 63 della legge n. 142 del 1990 ha formulato, per l'istituzione delle nuove Province, una disciplina speciale riferita alle aree territoriali nelle quali, alla data del 31 dicembre 1989, era già stata avviata la formale iniziativa da parte dei Comuni, senza peraltro in dicare un dies a quo relativo all'adozione di tali iniziative. L'iniziativa comunale, alla luce di tale norma, è destinata, pertanto, a conservare piena efficacia nel tempo, una volta che non sia intervenuta, successivamente alla delibera di approvazione dell'iniziativa, una diversa o contraria volontà espressa dallo stesso Comune Nè, d'altro canto, si può contestare che le delibere comunali concernenti l'istituzione della nuova Provincia di Lodi non abbiano tenuto conto dei "criteri ed indirizzi" enunciati nell'art. 16, secondo comma, della legge n. 142, dal momento che gli stessi non risultavano ancora vigenti alla data di adozione delle delibere comunali (anteriori al 31 dicembre 1989).

Infine, non può assumere rilievo neppure il fatto che la Provincia di Lodi, nella sua configurazione finale, abbia incluso soltanto 61 Comuni rispetto ai 66 che all'inizio avevano avanzato domanda ai sensi dell'art. 133, primo comma, della Costituzione. Nel procedimento in esame le singole iniziative comunali, per quanto coordinate allo stesso fine, mantengono, infatti, una reciproca autonomia, mentre spetta soltanto al potere legislativo valutare, nella fase conclusiva dello stesso procedimento, l'idoneità e l'adeguatezza dell'ambito territoriale destinato a costituire la base del la nuova Provincia.

d) Non può essere, infine, condivisa la censura riferita al fatto che la Provincia di Lodi sarebbe stata istituita senza una previa delimitazione territoriale dell'area metropolitana di Milano e senza una valutazione della compatibilità della nuova Provincia con tale area.

A parte ogni rilievo in ordine all'operatività del limite in esame anche con riferimento all'ipotesi delle nuove Province specificamente elencate nel secondo comma dell'art. 63, resta il fatto che, nelle specie, erano già stati adottati da parte della Regione atti idonei a tracciare una prima delimitazione dell'ambito territoriale dell'area metropolitana di Milano, quanto meno ai fini del rapporto con l'ambito territoriale della Provincia di Lodi.

Con delibera del 5 giugno 1991, la Giunta regionale della Lombardia aveva, infatti, approvato alcune determinazioni in ordine all'istituzione dell'area metropolitana milanese, recependo uno studio elaborato in proposito da un istituto di ricerca ed adottando una proposta di delimitazione articolata in due ipotesi, nessuna della quali veniva a interessare l'ambito territoriale previsto per la nuova Provincia di Lodi. Tant'è che il Consiglio regionale, in sede di approvazione del parere di cui al quarto comma dell'art. 63 della legge 142 (delibera 20 dicembre 1991, n.425), poteva rilevare che "l'istituzione della nuova Provincia di Lodi e l'istituzione della città metropolitana sono, in concreto, assolutamente indipendenti l'una dall'altra", avendo la Giunta regionale "in vista della delimitazione dell'area metropolitana di Milano, adottato un procedimento che esclude il territorio dell'istituenda Provincia di Lodi dall'area metropolitana".

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.63, secondo comma, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), in relazione agli artt. 76 e 133 della Costituzione, e del decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 251 (Istituzione della Provincia di Lodi), in relazione all'art. 76 della Costituzione e con riferimento agli artt. 16 e 63, secondo e terzo comma, della legge 8 giugno 1990, n. 142; questioni sollevate dal giudice conciliatore di Codogno con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/07/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 Luglio 1994.