SENTENZA N. 339
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente
Prof. Gabriele PESCATORE
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Piemonte riapprovata il 12 ottobre 1993 dal Consiglio regionale (Norme sul prestito e l'esportazione di beni culturali conservati in Piemonte), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 30 ottobre 1993, depositato in cancelleria il 9 novembre 1993 ed iscritto al n. 72 del registro ricorsi 1993.
Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte;
udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1994 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;
uditi l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il ricorrente e l'avvocato Valerio Onida per la Regione.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso notificato il 30 ottobre 1993 il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale in via principale nei confronti della legge regionale del Piemonte, approvata dal Consiglio regionale in seconda lettura a maggioranza assoluta il 12 ottobre 1993, che detta "norme sul prestito e l'esportazione di beni culturali conservati in Piemonte", denunciandone il contrasto con gli artt. 9, 10, 25, 41, 42, 97 e 117 della Costituzione.
Il ricorrente ritiene che la legge nel suo complesso si risolverebbe in una vera e propria avocazione da parte della Regione Piemonte di funzioni legislative ed amministrative che competono allo Stato, in quanto:
a) stabilisce un assetto di competenze regionali al di fuori del necessario quadro di riferimento di legislazione statale, prescindendo dalla legge 1° giugno 1939, n. 1089 ed in mancanza della legge prevista dal d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 per la individuazione delle funzioni regionali in materia di beni culturali;
b) definisce il suo campo di applicazione in base a criteri soggettivi e formali, quali l'appartenenza giuridica dei beni, che non riflettono un carattere locale dell'interesse;
c) interviene su aspetti, come l'esportazione, in cui la tutela è inscindibilmente legata alla nazionalità dell'interesse.
L'art. 1, nel riassumere le finalità della legge, afferma che la Regione disciplina nell'ambito delle proprie competenze, in attuazione degli artt. 9 e 117 della Costituzione, il prestito e l'esportazione dei beni culturali conservati in Piemonte. Ad avviso del ricorrente questa disposizione, in assenza dell'intermediazione di una legislazione statale di principio, sarebbe espressione di una funzione legislativa della regione a statuto ordinario con caratteri di potestà legislativa esclusiva, in contrasto con l'art. 117 della Costituzione.
Gli artt. 1, 2, 3 e 4 disciplinano il "prestito", figura nota soltanto per i libri delle biblioteche, ma non per le cose di interesse storico e artistico; ne deriva un'ambiguità di fondo della legge regionale, che afferma di "normare" il prestito, ma non lo definisce e neppure lo regola.
Con riguardo all'esportazione dei beni librari, il ricorrente osserva che la relativa funzione è stata delegata, e non trasferita, alle regioni dall'art. 9 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 3. Pertanto, l'art.2 (e gli artt. 1, 4, 5 e 6 nella parte in cui si riferiscono ai libri) travalicherebbero i limiti posti alla potestà legislativa regionale nelle materie delegate, fissati dall'art. 117, ultimo comma, della Costituzione e dall'art. 7 del d.P.R.n. 616 del 1977.
Gli artt. 3, 4 e 5 prevedono che l'esportazione dei beni storico- artistici conservati in Piemonte sia subordinata ad una autorizzazione, licenza o nulla-osta dell'Amministrazione regionale.
Richiamando la sentenza n. 277 del 1993 di questa Corte, il ricorrente osserva che l'attribuzione della qualifica di interesse locale alla raccolta di un museo non può essere automaticamente trasferita ai singoli beni. In attesa della preannunciata normativa di trasferimento o di delega, nella quale dovrebbero essere definite le diverse competenze e il loro congiunto operare per la tutela e l'incremento di valori culturali, la situazione normativa è caratterizzata dall'attribuzione allo Stato dei poteri inerenti alla protezione del patrimonio storico e artistico della Nazione. Da queste premesse il ricorrente trae la conseguenza che l'attributo della nazionalità dell'interesse culturale assume la sua massima e decisiva rilevanza proprio in relazione all'esportazione dei beni culturali, il cui controllo dovrebbe fondarsi sul valore nazionale del bene culturale, sia in attuazione dell'art. 9 della Costituzione, sia in osservanza degli obblighi che derivano dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità europea.
Oltre a questi rilievi generali, il ricorrente osserva che gli artt. 3 e 4 della legge denunciata non conterrebbero alcuna disciplina sostanziale dell'autorizzazione regionale, lasciando la più assoluta incertezza circa i criteri legali di rilascio o diniego dell'autorizzazione.
Gli artt. 4, 5, 6 e 7 della legge regionale, riferendosi ad aspetti consequenziali a quelli contenuti negli artt. 1, 2 e 3, ne dovrebbero condividere la sorte, per la lesione dei principi della Costituzione. Un vizio autonomo è dedotto per l'art.6, che applica alle violazioni della legge regionale le sanzioni previste dagli artt. 65 e 66 della legge n.1089 del 1939, quindi anche quelle penali, determinando un'indebita interferenza nella materia penale, riservata esclusivamente alla legge statale.
2.- Si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale, concludendo per la non fondatezza delle questioni.
In una memoria depositata in prossimità dell'udienza la Regione osserva che la materia del controllo sull'esportazione temporanea o definitiva, e più in generale sul trasferimento temporaneo dei beni appartenenti a musei e biblioteche di enti locali o di interesse locale, è caratterizzata da incertezze, legate alla perdurante inerzia del legislatore statale nell'emanare la legge sulla tutela dei beni culturali prevista dall'art. 48 del d.P.R. n. 616 del 1977, che rischiano di tradursi di fatto in vuoto o insufficienza di controllo.
La legge regionale denunciata avrebbe inteso disciplinare i procedimenti per l'esercizio delle funzioni spettanti in materia alla Regione, senza sottrarre competenze allo Stato, muovendosi entro il vigente assetto di attribuzioni, nel quale le competenze proprie e delegate della Regione si riferiscono non solo ai beni librari, ma a tutti i beni culturali di interesse locale. In proposito la Regione richiama la sentenza della Corte n. 278 del 1991, in materia di licenza o nulla osta per l'esportazione. La legge regionale non pretende di sostituire la disciplina sostanziale delle leggi statali, ma si limita a disciplinare i procedimenti per l'esercizio delle competenze proprie, colmando un vuoto che rischia altrimenti di tradursi in un difetto di protezione dei beni culturali, giacchè è incerto il modo in cui si esercitano i controlli sulle esportazioni temporanee di opere conservate in musei di enti locali.
Per quanto attiene alla figura del prestito, essa si riferirebbe ai casi in cui un'opera conservata in un museo viene temporaneamente trasferita in un luogo diverso al fine di consentirne la migliore fruizione pubblica, ad esempio mediante l'esposizione in mostre. Così configurato, il prestito costituirebbe una fattispecie agevolmente riconducibile alla conservazione e manutenzione delle cose raccolte nei musei, in quanto controllare il trasferimento delle cose stesse consente di evitare possibili pregiudizi, come pure al funzionamento dei musei, che non sono solo una raccolta statica di beni, ma organismi culturali il cui funzionamento richiede anche lo svolgimento delle attività, compreso il prestito delle proprie opere, necessarie ed opportune per realizzare la migliore fruizione dei beni culturali.
Per la materia dell'esportazione la disciplina dettata dalla legge censurata non esorbiterebbe, quanto all'oggetto, dalle attribuzioni regionali. Anche per i beni storico- artistici, infatti, la competenza regionale si porrebbe come strumentale e connessa a quella concernente il funzionamento dei musei e la conservazione e manutenzione dei beni in essi custoditi.
La Regione sostiene che il patrimonio storico ed artistico della Nazione, tutelato dalla norma costituzionale, non è limitato ai beni di interesse nazionale, contrapposti a quelli di interesse locale.
Anche i beni culturali di interesse locale sono parte di questo patrimonio e debbono ricevere quella specifica protezione che si realizza con il controllo sull'esportazione.
La Regione esclude, inoltre, che l'art. 6 della legge contrasti con l'art. 25 della Costituzione, in quanto si limiterebbe a precisare che resta ferma l'applicabilità delle sanzioni penali previste dall'art.66 della legge n. 1089 del 1939, anche se le funzioni amministrative nella materia vengono esercitate dalla Regione.
Considerato in diritto
1.- La questione di legittimità costituzionale, promossa in via principale dal Presidente del Consiglio dei ministri, concerne la legge regionale Piemonte, approvata in seconda lettura dal Consiglio regionale il 12 ottobre 1993, che detta "norme sul prestito e l'esportazione di beni culturali conservati in Piemonte".
Il ricorrente assume che la legge nel suo complesso sia costituzionalmente illegittima in quanto:
a) stabilisce un assetto di competenze regionali al di fuori del necessario quadro di riferimento della legislazione statale, configurando una funzione legislativa della regione a statuto ordinario con caratteri di potestà legislativa esclusiva, in contrasto con l'art.117 della Costituzione;
b) definisce il suo campo di applicazione in base al criterio soggettivo e formale dell'appartenenza del bene, che non riflette il carattere locale dell'interesse, che, riconosciuto ad un museo, non può essere trasferito ai singoli beni, i quali possono rivestire un interesse nazionale;
c) interviene sul controllo all'esportazione, che si fonda sul valore nazionale del bene culturale.
In particolare l'art. 1 della legge denunciata, stabilendo che la regione "norma il prestito e l'esportazione di beni culturali conservati in Piemonte", collocherebbe la legge regionale al livello direttamente attuativo degli artt. 9 e 117 della Costituzione, senza intermediazione della legislazione statale di principio e senza alcun riferimento alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, di tutela delle cose d'interesse artistico e storico.
Il ricorrente sottolinea che gli artt. 2, 3 e 4 della legge regionale regolano: il prestito, istituto che non si attaglierebbe ai beni culturali diversi dai libri delle biblioteche;
l'esportazione dei beni librari, con norme che violerebbero i limiti relativi ad una funzione che è stata delegata e non trasferita alle regioni dall'art. 9 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n.3; l'autorizzazione all'esportazione di beni storico- artistici conservati in Piemonte, senza tener conto che taluni di essi possono rivestire un interesse nazionale.
Le altre disposizioni della stessa legge sarebbero, ad avviso del ricorrente, conseguenziali rispetto a quelle ora indicate oppure, come l'art. 6 che assoggetta le violazioni della legge regionale alle sanzioni penali previste dagli artt. 65 e 66 della legge n. 1089 del 1939, inter ferirebbero nella materia penale, riservata alla Stato.
2.- La Corte ha ripetutamente precisato che la materia "musei e biblioteche di enti locali", attribuita dagli artt. 117 e 118 della Costituzione alla potestà legislativa concorrente ed alla competenza amministrativa delle regioni, ha assunto, nelle successive leggi di trasferimento delle funzioni (in particolare il titolo II del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 3 ed il capo dedicato ai beni culturali del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), una dimensione che si estende oltre l'ambito soggettivo dell'appartenenza del museo o della biblioteca, per collegare la competenza regionale al profilo oggettivo del carattere locale dell'interesse che tali istituzioni rivestono.
Il criterio di ripartizione delle competenze conservate allo Stato rispetto a quelle assegnate alle regioni non è quindi costituito dall'appartenenza del museo o dei beni, ma dal livello di interesse, nazionale o locale, che risulta coinvolto (sentenze n. 921 del 1988, n. 278 del 1991, 277 del 1993).
Per quanto riguarda la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, il trasferimento di competenze e le funzioni amministrative delle regioni avrebbero dovuto essere stabilite con una apposita legge, prevista dall'art.48 del d.P.R. n. 616 del 1977.
Sicchè in questa materia vi è l'aspettativa di una investitura non ancora attuata, ben al di là della data indicata dal legislatore delegato del 1977. Ed "in attesa della preannunciata normativa di trasferimento o di delega, nella quale dovrebbero essere definite le diverse competenze ed il loro congiunto operare per la tutela e l'incremento di valori culturali, la situazione normativa è caratterizzata dall'attribuzione allo Stato dei poteri inerenti al patrimonio storico ed artistico della Nazione" (sentenza n. 921 del 1988).
Ciò non esclude che, estendendosi l'area dei beni protetti sino a comprendere quelli che sono significativa manifestazione di valori culturali legati alla comunità locale, senza tuttavia attingere il livello dell'interesse nazionale, possa essere prefigurato l'esercizio di una immediata competenza regionale per la loro protezione e valorizzazione.
La normativa regionale in quest'ambito non può prescindere dalla chiara ed univoca delimitazione del suo oggetto, in ragione del livello di interesse culturale, esclusivamente locale, coinvolto, rimanendo espressamente entro un limite che non tocchi, senza uno specifico trasferimento o delega di funzioni, le competenze statali relative alle cose storico-artistiche di interesse nazionale.
3.- La legge della Regione Piemonte sottoposta a scrutinio di legittimità costituzionale non distingue in alcun modo, nel suo impianto generale, il livello dell'interesse che esprimono i beni culturali cui la disciplina normativa si riferisce.
Nel primo articolo della legge denunciata la competenza regionale è affermata per il prestito e l'esportazione di beni culturali "conservati in Piemonte". Viene così attribuito rilievo al luogo di collocazione delle cose, senza che in alcun modo risulti che la disciplina dettata dalla legge regionale riguarda beni culturali di interesse locale e non nazionale. Neppure le disposizioni successive consentono di ricavare utili elementi di delimitazione della affermata competenza regionale in rapporto al livello di interesse di cui i singoli beni culturali sono espressione. Nel delineare l'oggetto dei provvedimenti di autorizzazione all'esportazione o al prestito, queste disposizioni indicano l'ambito della competenza regionale ricorrendo al criterio dell'appartenenza del bene alla Regione, alle Province, ai Comuni e agli altri enti pubblici non statali.
Questa Corte ha già rilevato che, anche quando si rimanga nell'ambito di musei appartenenti ad enti locali, non di rado si è in presenza di beni di tale rilevanza artistica e storica, da attingere ad un interesse nazionale. Ha quindi ritenuto che l'appartenenza del museo e le attribuzioni in ordine ad esso non rappresentano un decisivo criterio di discrimine in ordine alla competenza relativa all'autorizzazione per il restauro delle singole cose (sentenza n. 277 del 1993). Allo stesso modo i criteri soggettivo dell'appartenenza e territoriale della localizzazione del bene non possono costituire decisivo elemento di distinzione delle competenze statali e regionali, anche per quanto concerne l'esportazione o il prestito. La prima può riguardare cose di interesse storico artistico appartenenti ad enti locali e custodite nella regione, ma che esprimono valori culturali di interesse nazionale. La medesima considerazione vale anche per il prestito, che implica lo spostamento della cosa dal luogo di custodia e richiede, in alcuni casi, valutazioni, prescrizioni tecniche e metodi di trasporto e conservazione, diretti a salvaguardare la stessa fisica consistenza di un bene che può rappresentare un valore culturale nazionale.
Non è consentito alla legge regionale disciplinare procedure e provvedimenti di autorizzazione all'esportazione o al prestito che possano riguardare beni culturali di interesse nazionale.
Anche prefigurando una competenza regionale in ordine a questi provvedimenti relativi a beni culturali di interesse esclusivamente locale, non può inoltre essere omessa la previsione di un collegamento con gli organi dello Stato competenti nella medesima materia e di una comunicazione delle procedure in corso, perchè tali organi siano posti in grado di apprezzare se l'esportazione o il prestito, per il valore culturale dei beni, tocchi l'interesse nazionale.
É evidente tuttavia la necessità, più volte segnalata dalla Corte e che va ribadita, di superare i margini di indeterminatezza che risultano nella definizione e nel coordinamento delle diverse competenze, emanando la legge sulla tutela dei beni culturali preannunciata sin dal 1977.
La legge regionale denunciata non opera alcuna distinzione tra i livelli di interesse, nazionale o locale, dei beni culturali considerati e dunque nel suo complesso è in contrasto con l'art. 117 della Costituzione.
Ogni altra questione rimane così assorbita.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale della legge regionale del Piemonte, approvata in seconda lettura a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale il 12 ottobre 1993, recante "norme sul prestito e l'esportazione di beni culturali conservati in Piemonte".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1994.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 22 Luglio 1994.